22 Dovrai prelevare la decima da tutto il frutto della tua semente, che il campo produce ogni anno. 23 Mangerai davanti al Signore, tuo Dio, nel luogo dove avrà scelto di stabilire il suo nome, la decima del tuo frumento, del tuo mosto, del tuo olio e i primi parti del tuo bestiame grosso e minuto, perché tu impari a temere sempre il Signore, tuo Dio. 24 Ma se il cammino è troppo lungo per te e tu non puoi trasportare quelle decime, perché è troppo lontano da te il luogo dove il Signore, tuo Dio, avrà scelto di stabilire il suo nome – perché il Signore, tuo Dio, ti avrà benedetto –, 25 allora le convertirai in denaro e, tenendolo in mano, andrai al luogo che il Signore, tuo Dio, avrà scelto 26 e lo impiegherai per comprarti quanto tu desideri: bestiame grosso o minuto, vino, bevande inebrianti o qualunque cosa di tuo gusto e mangerai davanti al Signore, tuo Dio, e gioirai tu e la tua famiglia. 27 Il levita che abita le tue città, non lo abbandonerai, perché non ha parte né eredità con te.
28 Alla fine di ogni triennio metterai da parte tutte le decime del tuo provento in quell’anno e le deporrai entro le tue porte. 29 Il levita, che non ha parte né eredità con te, il forestiero, l’orfano e la vedova che abiteranno le tue città, mangeranno e si sazieranno, perché il Signore, tuo Dio, ti benedica in ogni lavoro a cui avrai messo mano.
Molti elementi di gioia ci regala oggi la parola di Dio. Innanzi tutto osserviamo come ancora una volta quello che viene offerto al Signore si sostanzia in un gioioso banchetto famigliare consumato davanti a Lui. Il luogo dove questo deve avvenire è ben definito come “il luogo dove (Dio) avrà scelto di stabilire il suo nome”(ver.23), e si tratta del Tempio di Gerusalemme. Lo scopo di questa offerta annuale della decima è una “pedagogìa”: “affinchè tu impari a temere sempre il Signore tuo Dio”. Incontriamo qui ancora una volta la preoccupazione a che ci si possa dimenticare che tutto è dono di Dio, quando, entrati nella Terra, ci si trovi in una condizione di benessere e di abbondanza. La decima è per celebrare il dono del Signore.
I vers.24-26 considerano l’ipotesi che il trasporto della decima possa diventare gravoso. E questo avverrà “perchè il Signore tuo Dio ti avrà benedetto”(ver.24): ancora dunque questa sovrabbondanza del dono divino! Allora si potrà trasformare la decima in denaro e poi comperare quello che si deve offrire una volta giunti al luogo dell’incontro con Dio. Il ver.26 ci dona una nota di spontaneità e libertà: si comprerà “tutto quello che la tua anima desidererà…tutto ciò che la tua anima desidera”. E sarà gioia per l’offerente, per la sua famiglia, e anche per il levita; ricordiamo che è la persona che, a motivo del suo ufficio nelle cose di Dio, “non ha parte nè eredità con te”: “un povero santo”. Mi ricorda un po’ l’espressione dialettale “un povero cristo”, anche se questa indica anche una miseria che non è attribuibile al levita.
Tutti i poveri entrano invece nella decima triennale di cui ci parlano i vers.28-29. Questa decima non sarà portata e consumata nel luogo dove Dio ha scelto di stabilire il suo nome, ma là dove l’offerente abita: “nelle tue città” dice la versione greca. “Entro le tue porte” è il testo ebraico. Sembra che la ragione di questo sia l’impossibilità di tutti i poveri eccetto il levita di recarsi a Gerusalemme in occasione della decima annuale. Per questo sembra di capire che ogni tre anni la decima sarà celebrata e consumata nel luogo dove vive la famiglia, e così potranno parteciparvi anche “lo straniero e l’orfano ed la vedova che saranno entro le tue porte”: così. alla lettera, il ver.29. Mi sembra meraviglioso che quello che viene offerto al Signore per imparare ad aver sempre il suo timore, diventi anche la comunione con i più piccoli e i più poveri! Chissà se si potesse pensare a qualcosa di simile anche ai nostri giorni. O se si potesse evidenziare quello che già la nostra Liturgia vuole esprimere.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Rispetto alla decima data da Abramo a Melchisedek, e a quella data da Giacobbe a Betel qui troviamo una precisazione importante: il precetto è dato “perchè tu impari a temere il Signore”. Entrati nella terra, c’è la necessità di ricordarsi del Signore, e che tutto si è ricevuto da Lui, e il dare la decima è “temere il Signore” restituendo a Lui la gratitudine per il dono avuto, ricordando proprio che tutto è dono suo. Ogni tre anni poi è esigita una particolare attenzione ai poveri. L’offerta che andrebbe al Signore è invece per loro. O forse dandola a loro, la si dà al Signore Dio stesso. Ricordiamo infatti la parola di Gesù: Chi avrà dato anche solo un bicchiere d’acqua a uno di questi piccoli miei discepoli, non perderà la sua ricompensa (Mt 10:42); e “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatta a me” (Mt 25:40). La indicazione sulla decima fa capire che è una offerta dovuta, obbligatoria. Poi però la si mangia, con tutti i familiari, e con loro (e sembra di poter aggiungere, “anche con il forestiero, l’orfano e la vedova” nei giorni delle grandi feste, vedi cap. 16) si gioisce. Tutto quello che è dato è perchè si possa gioire. E’ un bene che ci viene offerto perchè ci ricordiamo di Dio, e ne gioiamo insieme a chi è più derelitto e bisognoso nella comunità e nella società. E’ la gioia che il Vangelo invita a cogliere, invitando chi non ha da poter ricambiare. Leggi Lc14:12-14. Affinchè tu impari a temere il Signore TUTTI I GIORNI. Vuole dirci che questi ordini sulla decima servono perchè il popolo possa pian piano adeguare tutta la sua vita (“tutti i giorni”) al timore del Signore, e cioè a questo modo di fare e di vivere: alla generosità e alla condivisione. Questa è una grande istruzione: imparare a temere Dio perchè è misericordioso, e imparare da Lui la misericordia e la compassione.