Avevo pensato di scrivere una lettera a Davide, oggi, giorno santo della sua risurrezione insieme alla Risurrezione del Figlio dell’Uomo, il Figlio di Dio. Ma poi ho preferito comunicare solo qualche parola su di lui a quelli che per caso s’incontrassero con queste mie povere parole nel Giorno in cui la Parola di Dio, crocifissa in Gesù, in Lui risorge per donare a tutta l’umanità lo splendore del Regno di Dio. Davide non è solamente un povero. Tutti quelli che l’hanno conosciuto sanno che lui è stato per molti nella nostra città un "segno" del Povero, per molti l’unico segno del Grande Povero, che ha cercato l’umanità amata e perduta, appassionatamente, fino alla Passione e alla Croce. Davide ha attraversato tutte le povertà, e tutte sono diventate il fardello che egli ha portato sino al termine della sua vita misteriosa. Dove il mistero non è qualche cosa che non si capisce, ma, al contrario, è qualcosa che si rivela e si comunica come segreto più profondo di ogni persona e della sua vita. Davide è stato veramente un "povero cristo". Quest’espressione che potrebbe suonare quasi irriverente mi si ripresenta molte volte nella testa e nel cuore davanti a molti che mi mostrano nel loro corpo e nella loro storia le "stigmate" del Signore Gesù. A quel punto la povertà non è più neanche da combattere, perchè si è sposata con chi la porta, proprio come è impossibile separare il Cristo di Dio dal suo precipitare nella povertà, in un’obbedienza che lo aspetta all’abisso della morte del malfattore. Chiedo sempre a nostro Padre che mi custodisca almeno un frammento della sapienza di quel "ladrone pentito" che coglie l’abisso che separa la pena del colpevole da quella dell’Innocente. Ma è pur necessario dire che quella distanza Lui stesso, Gesù, l’ha annullata perchè nessun colpevole gli sfugga. Al punto che a me pare difficile accettare la tradizionale divaricazione tra la sorte del malfattore pentito da quella del suo compagno impenitente e arrabbiato.Di per sè, la Scrittura non afferma questa separazione. In persone come il nostro Davide tutto questo è addirittura trasceso in una specie di "innocenza" che trasforma tutta la sua fatica nel dolce peso della Croce di Gesù. Se n’è andato mentre cercavamo le Palme con le quali festeggiare il Signore nel suo arrivo in città. Non riuscivamo a farci aprire la sua porta di casa, quel mattino. Era caduto per terra e non riusciva a rialzarsi. Ma quando l’ho aiutato a sollevarsi ha subito ripreso la regia della sua vita, una regia che nessuno poteva cambiare. Ribadì che non poteva rinunciare a stare nella sua casa per farsi aiutare da qualcuno. Una casa simbolo, una casa mai avuta prima, e ora ottenuta per un’assegnazione che ne faceva il luogo della sua pasqua. Al pomerigggio, all’ora della Croce, è morto tra le braccia del suo amico più caro. E’ complicato morire senza avere parenti. Se ne devono occupare i "servizi" con le loro liturgie e i loro tempi. Solo nel primo pomeriggio del Giovedì Santo, quando non si può celebrare Messa, l’abbiamo salutato nella nostra chiesa, con molta gente, accorsa non per salutare un amico povero, ma il Povero che aveva celebrato ogni povertà e che ora s’incontrava con il Grande Povero che rivela la povertà come il luogo della commozione di Dio e quindi come l’appuntamento fissato da Dio per ogni povertà dell’uomo. Ho intravisto Gesù, un po’ nascosto nell’assemblea molto varia di quel pomeriggio. Alla sera l’ho rivisto vicino a quelli cui lavavo i piedi nella Liturgia della Cena. Oggi penso a Davide nella promessa del Signore: "Oggi sarai con me, in Paradiso". Buona Pasqua. Giovanni.