Come cristiano e come prete, come vive l’ultima tragedia capitata a Bologna con il suicidio di Maurizio Cevenini? Lei lo conosceva?….

Lo conoscevo. Preferisco dire: Lo conosco. E gli voglio bene. Lui sempre il primo a vederti e a salutarti. Lui che introduceva ogni cosa che volesse dirti con i segni fraterni della sua amicizia. Questa ovvietà dell’essere amici e fratelli mi sembra la nota distintiva della sua persona. Adesso so che la sua vita di grande facitore di pace riposa nell’esultanza senza fine della beatitudine annunciata da Gesù di Nazaret: Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Io però sono nel dolore. E anche nel rimorso. Sempre, quando se ne va qualcuno che ho conosciuto e frequentato, resto con il dolore per i segni, le parole e i gesti d’amore che gli ho fatto mancare. Perché io sapevo della sua tristezza. Della sua crescente fatica a vivere. E adesso sono pieno di ricordi di questa e quell’altra e molte altre occasioni, nelle quali avrei potuto – e dovuto! – acconsentire alla gentilezza del suo saluto e alla sua apertura di discorso dando più spazio, più attenzione, più affetto, a lui e all’ombra triste che si portava dentro e che spesso affiorava fuori. Mi intimoriscono sempre le esequie ufficiali e pubbliche. Non corrispondenti in questo caso all’indole di un uomo tanto conosciuto e amato quanto delicato e riguardoso. Quasi silenzioso. Ma ringrazio il Signore che, per quel briciolo di fede che conservo, mi consente di sapere e di vedere Maurizio nella pace e nella gioia senza fine dei figli di Dio. Anch’io forse l’ho lasciato solo. Non voglio sottrarmi alla responsabilità tremenda di non avergli più fortemente mostrato il mio affetto. Così lui ha pensato di andarsene tutto solo. Adesso gli chiedo di aiutare tutti noi a scoprire che sono sempre molte le persone che ci vogliono bene.

D. Giovanni.

Domenica 13 Maggio 2012