42 Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. 43 Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. 44 Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; 45 vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno.
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Il regalo di oggi è la descrizione semplice ed efficace della vita della prima comunità cristiana (che peraltro non porta ancora questo nome, che troveremo più avanti).
“L’insegnamento degli apostoli” sembra riferirsi non ad un contenuto dottrinale, ma all’evento stesso del loro insegnamento, seguito con affetto diligente dalla nuova comunità.
La “comunione” si riferisce forse in senso generale, ma anche più specifico e forse pure liturgico, agli atti e alle vicende della vita comune dei credenti in Gesù Messia del Signore, Figlio di Dio e Figlio dell’Uomo.
Lo “spezzare il pane” è probabilmente il “cuore” della vita della comunità. Peraltro, come vedremo, la liturgia della nuova comunità non ha sostituito la preghiera del Tempio, ed è forse un gesto che, pur nella sua evidente importanza, viene celebrato nelle case, e caratterizza la vita dei credenti in Gesù dal punto di vista liturgico, pur in una liturgia appunto essenzialmente domestica.
Di queste “preghiere” non mi sembra facile affermare che si tratta di preghiere diverse da quelle del resto del popolo ebraico, anche se la loro collocazione in questo elenco esigerebbe che avessero qualcosa di proprio. Ma qui si pone un ulteriore interrogativo di difficile risposta, circa i tempi e le circostanze in cui tutto questo avvenne e avveniva.
Colgo l’occasione di queste considerazioni per sottolineare l’ “ebraicità” di questa prima comunità cristiana. I grandi protagonisti, le grandi figure della memoria evangelica sono quasi tutti ebrei. Bisogna essere attenti e delicati, per non dimenticare che Israele è entrato nella fede di Gesù, anche se la sua più gran parte non lo ha riconosciuto come il Messia del Signore. Però in questi antichi nostri padri, il passaggio è avvenuto, e quindi ha definito l’armonia della storia della salvezza che dalla profezia ebraica è giunta alla luce del Cristo.
Non mi piace la versione italiana delle prime parole del ver.43, perché mi sembra banalizzi un elemento privilegiato della vita del credente: il timore di Dio. Difficile pensare che questi primi cristiani fossero intimoriti. Bisogna dunque fare riferimento per queste parole alla grande tradizione biblica, e sapienziale in particolare, circa il “timore di Dio”, che è la consapevolezza profonda e seria della presenza di Dio stesso nella vicenda umana, e dunque della divina preziosità di ogni particolare di questa vita di fede, dove non c’è niente che non si debba cogliere e accogliere fuori dal mistero di Dio e della sua presenza tra noi. E mi piace che lo stesso versetto ci parli di questi “prodigi e segni” operati dagli apostoli in un orizzonte storico e spirituale dove tutto è in ogni mo-do avvolto dalla potenza del Signore.
I vers.44-45 descrivono la concreta carità interna che caratterizza la comunità cristiana. Ci incontreremo anche con le difficoltà di questo piccolo gruppo e con le loro traversie economiche. Ma resta dominante l’importanza esemplare di questa continuità tra la comunione fraterna nella stessa fede e la vigilanza della carità sul volto quotidiano di questa comunione nell’ordinaria tessitura della vita.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Siamo sempre affascinati da questi piccoli brani degli Atti che descrivono i caratteri luminosi della prima comunità cristiana. Alcuni esperti ritengono che i quadri tracciati contengano elementi idealizzati: indicherebbero quella unità, quella comunione perfetta, quella pratica della carità, che sono la meta verso cui camminiamo… I cristiani sono qui chiamati (credo per la prima volta) “i credenti”: a sottolineare l’importanza attribuita fin dall’inizio al rapporto di fede con il Signore Gesù: “coloro che lo accolgono, che si fidano di Lui e della sua parola”. La bellezza della comunità oggi descritta sta soprattutto nella sua unità e unanimità, nella comunione fraterna e nella condivisione dei beni. Un tipo di comunità che abbiamo amato e cercato di imitare…, anche se ben poco siamo riusciti a realizzare (parlo almeno per me).