32 E ora vi affido a Dio e alla parola della sua grazia, che ha la potenza di edificare e di concedere l’eredità fra tutti quelli che da lui sono santificati. 33 Non ho desiderato né argento né oro né il vestito di nessuno. 34 Voi sapete che alle necessità mie e di quelli che erano con me hanno provveduto queste mie mani. 35 In tutte le maniere vi ho mostrato che i deboli si devono soccorrere lavorando così, ricordando le parole del Signore Gesù, che disse: “Si è più beati nel dare che nel ricevere!”».
36 Dopo aver detto questo, si inginocchiò con tutti loro e pregò. 37 Tutti scoppiarono in pianto e, gettandosi al collo di Paolo, lo baciavano, 38 addolorati soprattutto perché aveva detto che non avrebbero più rivisto il suo volto. E lo accompagnarono fino alla nave.

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Il ver.32 ci ricorda un dato prezioso della vita secondo la fede e delle relazioni che in essa nascono e crescono. Poter dire, come Paolo, “e ora vi affido a Dio e alla parola della sua grazia” significa aver stabilito con le persone una relazione profonda e insieme libera, una relazione non possessiva e di dipendenza, ma liberante. Nella vita cristiana nessuno è “signore” o “padrone” di nessuno. Nè si cerca di stabilire un rapporto di dipendenza, ma tutto quello che si fa, si dice…ha lo scopo di promuovere e far crescere il rapporto di ciascuno con il Signore. La “parola della sua grazia” mi sembra significhi la potenza e la gratuità assoluta del dono di Dio che scaturisce dal rapporto profondo e crescente con la Parola di Dio. La Parola è un dono che cresce incessantemente. Il rapporto con la Parola di Dio non ha mai fine, perchè come diceva Gregorio Magno, la Parola “cresce con chi la legge”. E’ antica e incessantemente nuova.
La Parola, dice ancora il ver.32, “ha la potenza di edificare”, cioè di stabilire tra chi l’ascolta una comunione spirituale che ha la sua visibilità nella comunità cristiana, ma che non è niente di realizzato e organizzato dall’opera dell’uomo, perchè è dono di Dio. La Parola, ancora concede “l’eredità”, che mi sembra essere l’intero orizzonte di preghiera, di pensiero, di operosità…nel quale il credente vive. E’ l’universo della sua fede.
I vers.33-35 vogliono forse sviluppare queste affermazioni, ricordando agli anziani di Efeso che tutta la presenza e l’opera di Paolo è stata fortemente caratterizzata da una “gratuità” che è conferma semplice e concreta della gratuità stessa del dono di Dio. Egli quindi ha celebrato la “grazia” del Signore non facendo della sua opera occasione alcuna di qualche tornaconto per lui. E il lavoro della sue mani ha messo ancor più in evidenza come, non valendosi del diritto che gli veniva dalla sua spesa per gli efesini, egli ha dato dimostrazione chiara e forte della gratuità stessa della salvezza.
I vers.36-38 dicono in modo prezioso come sia il “congedo” dalla vita! Un pianto, certamente, immerso nella preghiera. Una reazione umanissima tra persone che si vogliono bene. Un congedo non per la morte, ma per l’accesso finale a Dio stesso. Come accompagnare ed essere accompagnati alla nave che parte.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“Si è più beati nel dare che nel ricevere!” (v. 35): come sono preziose queste parole del Signore Gesù, che i vangeli non ci hanno trasmesso, ma che ci riferisce Paolo in questo discorso! C’è qui tutto il segreto di una vita felice: la felicità non sta in quello che gli altri ci possono dare: come possono conoscere i nostri bisogni, le nostre aspettative…? Nel momento in cui ci dedichiamo al bene, al benessere degli altri, il Padre è impegnato a occuparsi di noi e del nostro bene. Possiamo tutti sperimentare la verità di queste parole del Signore. – Emozione e dolore segnano il distacco di Paolo dalla comunità di Efeso: così pure è di ogni distacco, ogni separazione, ultima tra tutte la morte. Ma sappiamo che il cammino e la vita di chi ci lascia continua in una piena realizzazione, in Dio, e che i nostri cari rimangono con noi e accanto a noi…