Il giorno seguente partì con loro e alcuni fratelli di Giaffa lo accompagnarono. 24 Il giorno dopo arrivò a Cesarèa. Cornelio stava ad aspettarli con i parenti e gli amici intimi che aveva invitato. 25 Mentre Pietro stava per entrare, Cornelio gli andò incontro e si gettò ai suoi piedi per rendergli omaggio. 26 Ma Pietro lo rialzò, dicendo: «Àlzati: anche io sono un uomo!». 27 Poi, continuando a conversare con lui, entrò, trovò riunite molte persone 28 e disse loro: «Voi sapete che a un Giudeo non è lecito aver contatti o recarsi da stranieri; ma Dio mi ha mostrato che non si deve chiamare profano o impuro nessun uomo. 29 Per questo, quando mi avete mandato a chiamare, sono venuto senza esitare. Vi chiedo dunque per quale ragione mi avete mandato a chiamare». 30 Cornelio allora rispose: «Quattro giorni or sono, verso quest’ora, stavo facendo la preghiera delle tre del pomeriggio nella mia casa, quando mi si presentò un uomo in splendida veste 31 e mi disse: “Cornelio, la tua preghiera è stata esaudita e Dio si è ricordato delle tue elemosine. 32 Manda dunque qualcuno a Giaffa e fa’ venire Simone, detto Pietro; egli è ospite nella casa di Simone, il conciatore di pelli, vicino al mare”. 33 Subito ho mandato a chiamarti e tu hai fatto una cosa buona a venire. Ora dunque tutti noi siamo qui riuniti, al cospetto di Dio, per ascoltare tutto ciò che dal Signore ti è stato ordinato».
Seleziona Pagina
Un grande incontro. Di significato universale. Un muro che si abbatte. Una lunga preparazione e una lunga attesa che ora si compiono. Dice Origene che nelle cose del mondo sono i piccoli a recarsi dai grandi, ma nelle cose di Dio sono i grandi che si recano dai piccoli. Si riferisce all’Annunciazione. Ed è verissimo anche per la nostra vicenda, quella che oggi il Signore ci regala. L’incontro nasce da due umili obbedienze di fede.
L’incontro e il dialogo dei vers.23-26 ne sono il necessario preliminare. In quel “Alzati, anch’io sono un uomo” si condensa, nella dichiarazione umile di Pietro, tutto il mistero di Dio che si fa carne per porre la sua tenda in mezzo a noi. Com’è decisivo che i discepoli di tutti i tempi e di tutti i luoghi custodiscano con rigore questa affermazione. E’ Dio che scende a noi, e non noi che “saliamo” a Lui. La vicenda personale di Cornelio introduce Pietro nella sua grande famiglia (ver.27).
Nei vers.28-29 mi colpisce innanzi tutto il fatto che al ver.28, tra la prima affermazione – “a un Giudeo non è lecito avere contatti o recarsi da stranieri” – e la seconda – “non si deve chiamare profano o impuro nessun uomo”, non c’è il “ma” della versione italiana! Il testo “pretende” di porre in fila le due affermazioni! Ma che cosa è accaduto? E’ avvenuto Gesù! Perdonate la “semplificazione”(!): Il Verbo non si è fatto “giudeo”, ma si è fatto “carne”, cioè appartenente alla stirpe umana, fino alla sua condizione più spoglia e povera (così il senso del termine “carne”). Ma mi piace sottolineare che è la secolare fedeltà del giudeo che obbedisce ai comandamenti divini ciò che prepara e accoglie questa consegna del Dio di Israele all’intera umanità!
L’obbedienza di fede da parte di Pietro è stata semplice e radicale. Da una parte egli si è mosso “senza esitare” quando l’hanno chiamato. Dall’altra, egli stesso ha bisogno di essere illuminato sui motivi profondi di questo incontro.
Tocca ora a Cornelio dare la “buona notizia” della visita divina che anch’egli ha ricevuto. La sua preghiera. La preghiera esaudita e il valore della sua carità: “Dio si è ricordato delle tue elemosine”(ver.31). E l’indicazione di far venire Pietro a casa sua. Mi piace molto quel “e tu hai fatto una cosa buona a venire”. L’obbedienza di Pietro è stata un’obbedienza a Dio. La piccola assemblea mista di giudei e pagani è finalmente raccolta nella casa di Cornelio: “..per ascoltare tutto ciò che dal Signore ti è stato ordinato”(ver.33).
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Anche secondo me il punto centrale del testo di oggi è l’incontro tra Pietro – e il mondo ebraico che lui rappresenta – e Cornelio, la sua famiglia e suoi amici intimi e tutto il mondo pagano che lui rappresenta.
Nei primi versetti si ripete per ben sei volte la parolina greca “συν” (sia come preposizione, sia come prefisso di verbi o parole) che vuol dire “con” “insieme”:
partì con loro
lo accompagnarono
i parenti
aveva invitato
andò incontro
conversare con lui
trovò riunite
Erano due mondi che, soprattutto da un punto di vista religioso, non si sfioravano, non dialogavano, non si potevano incontrare. Potremmo trovare esempi simili anche ai giorni nostri!
Dio vuole fortemente questo incontro tanto da mandare angeli, visioni, estasi in abbondanza! Hanno desiderio di incontrarsi (ricordate la fame di Pietro?), si preparano… si riuniscono in attesa di Pietro.
E’ bellissima l’ultima frase di Cornelio: “Ora dunque tutti noi siamo qui riuniti, al cospetto di Dio, per ascoltare tutto ciò che dal Signore ti è stato ordinato”.
Si sente addirittura al “cospetto di Dio”!
Se il discorso di ieri riguardava la distinzione tra animali puri e impuri, oggi si parla esplicitamente di differenze tra gli uomini: Dio mi ha mostrato che nessun uomo deve essere considerato immondo o impuro, dice Pietro (v. 28)! Pensate che l’uccisione di un pagano non era considerata una colpa, poiché si sarebbe trattato di un “malicidio” e non di un omicidio! – Il testo odierno ripete che Pietro è ospite di Simone, conciatore di pelli: sono dunque gli “impuri” a costituire la comunità di credenti che ha accolto Pietro; è questa la comunità viva, abitata dallo Spirito, mentre la comunità di Enea era semiparalizzata, e la comunità di Tabità era praticamente morta (capitolo 9). Si aggiunge un particolare: la casa del conciatore si trova “lungo il mare”: un altro invito ad alzare lo sguardo e ad andare al di là dei confini, a quell’universo di uomini di cui il mare è un simbolo.