Giovanni Nicolini
Dalla rubrica IL TESORO NEL CAMPO su “Jesus” di Maggio 2013.
“I partiti al bivio di Papa Francesco” è il titolo di un bell’articolo di Barbara Spinelli che, per parlare della politica italiana, commenta in modo inconsueto la vicenda ecclesiale degli ultimi mesi. Ne cito alcuni passaggi. “Nunc dimittis servum tuum: comincia così il cantico di Simeone, l’ebreo giusto, appena vede Gesù presentato al tempio. La prima parola che dice, rivolgendosi a Dio, è dimissione. Anche le consuetudini si sfanno, l’attesa messianica finisce perché il messia è lì, lo sta tenendo fra le braccia… Un unico filo lega le dimissioni di Benedetto XVI il 10 febbraio e la nomina, il 13 marzo, di Papa Francesco: un mese, tutto all’insegna della “disoccupazione di spazi”. Perché la tesi di Barbara è che Francesco non abbia occupato il <trono rimasto vuoto>… Il ricominciamento è possibile a condizione di mettere in questione se stessi, radicalmente. Memore della semplicità oltre che della povertà di San Francesco, il Papa parla ai cristiani con parole inattese, non di padre pontificante ma di servo: <pregate voi per me>. Non si sa quali effetti sortirà questo mese di ostentato trono vuoto”. Lasciamo la sempre e affascinante attenzione della Spinelli alle vicende della storia, per riflettere su questa ipotesi del “trono rimasto vuoto”, giustificato dal fatto che “il Messia è lì, lo sta tenendo fra le braccia”. Ciò che adesso è essenziale ed urgente è renderlo presente, comunicarlo, testimoniarlo. Dunque, non solo un nuovo Papa, ma un volto nuovo del magistero papale? Non sarebbe novità assoluta: la mia generazione ha percepito questa novità già con Papa Giovanni. Ma la manifestazione dello Spirito è sempre nuova. Come lo è l’abbraccio di Papa Francesco a un bambino affetto da paralisi celebrale. Il papà di quel bambino si chiama Paul Gondreau, è un docente di teologia statunitense, e ha commentato l’evento con un articolo molto bello. Scrive che “l’abbraccio è arrivato quando il Papa, in mezzo a 250 mila persone, ha visto mio figlio. Questo momento di tenerezza ha commosso non solo la mia famiglia – eravamo tutti in lacrime – non solo quelli che erano vicini – molti dei quali piangevano con noi – … ma il mondo intero”. E conclude dicendo del Papa: “Il suo abbraccio pasquale a mio figlio si erge come una testimonianza del tipo di “povertà” che egli vuole adottare, la povertà che ha sottolineato nella frase iniziale del suo messaggio Urbi et Orbi: <Vorrei che l’annuncio della risurrezione di Cristo raggiungesse ogni casa in ogni famiglia, specialmente là dove la sofferenza è più grande>”. Dall’abbraccio al bambino malato l’annuncio evangelico del Vescovo di Roma si è dilatato in questi giorni fino alla convocazione degli otto cardinali di tutto il mondo perché lo aiutino nella sua missione di pastore della Chiesa universale. Un filo prezioso collega la carezza di Francesco ad un bambino e il suo desiderio di essere aiutato da alcuni suoi fratelli. Anche il Papa ha bisogno di una carezza. La Chiesa povera che Egli ha evocato ed annunciato da subito non è solo una Chiesa che vuole bene ai poveri, ma una Chiesa “di poveri”, raccolta intorno a Colui che “da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà”(2Corinzi 8,9): il nostro caro Signore Gesù! Come Gesù nell’ora difficile dell’orto chiede ai suoi che gli siano vicini, così il nostro caro Papa Francesco chiede di non essere lasciato solo nella sua grande missione. Possa così celebrare in pienezza di gioia e di pace la Parola di Gesù : “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero”(Matteo 11,29).