10 Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli con fragore passeranno, gli elementi consumati dal calore si dissolveranno e la terra con quanto c’è in essa sarà distrutta. 11 Poiché dunque tutte queste cose devono dissolversi così, quali non dovete essere voi, nella santità della condotta e nella pietà, 12 attendendo e affrettando la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli si dissolveranno e gli elementi incendiati si fonderanno! 13 E poi, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia. 14 Perciò, carissimi, nell’attesa di questi eventi, cercate d’essere senza macchia e irreprensibili davanti a Dio, in pace. 15 La magnanimità del Signore nostro giudicatela come salvezza, come anche il nostro carissimo fratello Paolo vi ha scritto, secondo la sapienza che gli è stata data; 16 così egli fa in tutte le lettere, in cui tratta di queste cose. In esse ci sono alcune cose difficili da comprendere e gli ignoranti e gli instabili le travisano, al pari delle altre Scritture, per loro propria rovina. 17 Voi dunque, carissimi, essendo stati preavvisati, state in guardia per non venir meno nella vostra fermezza, travolti anche voi dall’errore degli empi; 18 ma crescete nella grazia e nella conoscenza del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo. A lui la gloria, ora e nel giorno dell’eternità. Amen!
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Davanti alla prospettiva che i cieli e la terra passeranno e saranno dissolti “con fragore”, la lettera invita i fedeli a stare in guardia e a custodirsi nella fermezza nel Signore (v. 17): di fronte al fragore e alla venuta improvvisa del giorno del Signore (v.10) i cristiani possono essere saldi cercando sempre, e custodendo, la pace (v.14). Ricordare con attenzione e cura le lettere di Paolo (v.15), gli altri scritti apostolici e le altre Scritture, i profeti e i Vangeli (v.16) è il modo indicato qui per “cercare di essere senza macchia e irreprensibili davanti a Dio” (v.14) nell’attesa degli eventi finali, e per “crescere nella grazia e nella conoscenza del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo” (v.18) che è l’impegno di tutta la nostra vita, come scaturisce dal puro dono di Dio, dono che è proprio di grazia e conoscenza (v. 1:2-3). Aderendo a Gesù e al suo Vangelo, al suo sangue prezioso che ci ha redento, come sangue di agnello “senza difetti e senza macchia” (1 Pet 1:19) possiamo essere in pace, attendendo tali eventi finali, “senza macchia e irreprensibili” (v.14: stessi due aggettivi) davanti a Dio. Diverso è l’animo empio (v.17), che è degli “ignoranti e instabili” (v.16). Tale condizione è giudicata dal nostro testo. “Ignoranti” ricorda 2:1 “Ci saranno molti falsi maestri che introdurranno eresie perniciose….”, non hanno nè portano la vera istruzione, e causano che anche altri non abbiano istruzione. Si sono staccati dal vero Maestro, e così non hanno istruzione.,”instabili”, è la condizione opposta a quella “fermezza e stabilità” nella quale i fratelli “carissimi” sono invitati a stare (v.17). Sono instabili perchè si sono staccati dal Sostegno della loro vita. Tali “empi” del v. 17 sono coloro che vivono senza legge, senza regola, cioè vivono “in proprio”, cercando i propri interessi e seguendo le proprie passioni. Si è maestri di se stessi, non di una istruzione vera, si vive senza una regola.,Questa è come una religione senza amore. Si è tolto il centro della vita cristiana. Sena legge, senza regola = senza amore, cioè senza la regola fondamentale del Cristianesimo.,Possiamo ricordare 1 Tess 3:13: “Il Signore vi faccia crescere ad abbondare nell’amore vicendevole e verso tutti … per rendere saldi e irreprensibili i vostri cuori nella santità, davanti a Dio Padre nostro, al momento della venuta del Signore nostro Gesù…” Se Simon Pietro stesso ha proprio scritto questa lettera, per confermare e incoraggiare i suoi carissimi fratelli, allora è grazioso l’accostamento con le parole che Gesù gli ha rivolto prima della Sua passione: “Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli” (Lc 22:31).
E’ importante cogliere nelle Parole che oggi il Signore ci regala nella conclusione della Seconda Lettera di Pietro, il senso e la portata di questo “giorno del Signore”(ver.10). E’ una denominazione che ci è nota per qualificare la Domenica, e anche questo ci può essere prezioso. Ogni Domenica infatti ci viene ridonato il senso della nostra vita e il significato di tutta la realtà nella quale viviamo, come la memoria della Pasqua di Gesù, che è non solo il cuore della storia, ma anche il segreto percorso di ogni storia, la destinazione di tutto e di tutti verso una speranza più forte di ogni male e della stessa morte.
Ricordiamo quindi che “la fine” di tutto è anche “il fine” di tutto! Senza questo fine , tutto è privo di significato e resta in ogni modo prigioniero della barriera del male e della morte. La Parola del Signore ci annuncia e ci regala, ma anche ci consegna come nostra primaria responsabilità storica, la notizia che tutto è finalizzato a questa “Pasqua” di morte e risurrezione. Proviamo a cogliere qualche elemento di essa.
Innanzi tutto “verrà come un ladro”. Non sarà il compimento di una evoluzione o di un progresso razionalmente identificabile, che altrimenti direbbe che tutto avviene per l’opera dell’uomo, ma sarà evento tutto nuovo, puro dono dall’alto, non inseribile nei fenomeni umanamente controllabili. Ma qual’è la portata del dono della fede? Che tutto questo ci è stato rivelato e in certo modo dato, al punto che per noi ogni realtà è “segno” di quella fine e di quel fine. Dal lavoro alla malattia, dallo spezzare il pane al far festa…tutto è visitato dalla Parola di Dio, tutto acquista il suo significato nuovo, tutto deve essere da noi vissuto secondo questa finalità.
Per questo, siamo chiamati a vivere “attendendo e affrettando la venuta del Signore”: già ora, su questa vecchia terra, siamo chiamati a vivere, a testimoniare e ad annunciare “nuovi cieli e una terra nuova”!(ver.13), nei quali abita la giustizia, dove questa “giustizia” è la giustizia stessa di Dio, è lo stesso Dio giusto! Vivere il Vangelo e vivere secondo il Vangelo è “anticipare” la fine della storia. Mi sembra che “nell’attesa di questi eventi”(ver.14), siamo chiamati a viverli. La vita nuova secondo il Figlio di Dio si è affacciata alla storia umana, perchè Gesù è il Figlio di Dio e il Figlio dell’Uomo. Questo è il compito specifico del cristiano nel mondo. Non capisco come mai si possa chiedere a chi cristiano non è di vivere la vita cristiana. Se questo avviene, rallegriamoci, ma se questo non c’è, il nostro compito non è quello di rimproverare tale assenza , ma di renderla presente in noi, nella speranza che il dono sia fatto anche a chi ancora non l’ha ricevuto. Pretendere il Vangelo dagli altri come adesione a una visione razionale della vita è degrado del Vangelo che è dono all’umanità di una razionalità nuova, che solo la grazia può consentire.
Per questo è bellissimo il riferimento a Paolo, là dove Pietro afferma che la magnanimità-misericordia di Dio, di cui ci ha parlato al ver.9, deve essere intesa come “salvezza”, cioè come orizzonte nel quale Dio può e vuole salvare! Che poi Paolo dica cose difficili è osservazione divertente da parte di un Pietro che non ci sembra molto “facile”. Ma, ovviamente, ognuno è più portato a capirsi che a capire.
L’ultima esortazione di Pietro, ai vers.17-18, è una sintesi molto efficace di tutto l’argomento. Noi siamo dei “preavvisati”! Gente che ha il dono di poter giocare d’anticipo! E’ bene tener botta! Il che sempre facile non è. Per fortuna siamo immersi nel dono e e nel cammino della grazia e della conoscenza del Signore.
E io torno a ringraziare voi per come mi accompagnate e mi illuminate in questa strada.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Mi è piaciuta la coppia di verbi del v. 12 (in greco anche al v.14) “attendendo e affrettando”. Attendere il giorno del Signore, l’incontro definitivo con lui, il rinnovamento di tutto l’universo, la fine di tutti i conflitti e della morte.
Affrettare, essere solleciti, avere cura, impegnarsi, mettere ogni sforzo nella nostra piccola vita quotidiana, santa e ricca di pietà, senza macchia, per essere trovati nella pace, tutti protesi e desiderosi verso quel incontro! Come Maria verso Elisabetta, come i pastori verso la grotta di Betlemme, come Zaccheo verso il Signore in visita!
Stando così le cose (come i bei commenti hanno specificato e approfondito), è proprio opportuna l’esclamazione del versetto 11: “Quali non dovete essere voi, nella santità della condotta e nella pietà…!!”. Speriamo di non deludere questa aspettativa. – Anche gli insegnamenti e le esortazioni della seconda lettera di Pietro si concludono in una, seppur piccolissima, dossologia, quasi uno sbocco necessario nella preghiera di lode e di ringraziamento: A LUI (al SIGNORE NOSTRO E SALVATORE GESU’CRISTO) LA GLORIA, ORA E IN ETERNO. AMEN!