Temerari, arroganti, non temono d’insultare gli esseri gloriosi decaduti, 11 mentre gli angeli, a loro superiori per forza e potenza, non portano contro di essi alcun giudizio offensivo davanti al Signore. 12 Ma costoro, come animali irragionevoli nati per natura a essere presi e distrutti, mentre bestemmiano quel che ignorano, saranno distrutti nella loro corruzione, 13 subendo il castigo come salario dell’iniquità. Essi stimano felicità il piacere d’un giorno; sono tutta sporcizia e vergogna; si dilettano dei loro inganni mentre fan festa con voi; 14 han gli occhi pieni di disonesti desideri e sono insaziabili di peccato, adescano le anime instabili, hanno il cuore rotto alla cupidigia, figli di maledizione! 15 Abbandonata la retta via, si sono smarriti seguendo la via di Balaàm di Bosòr, che amò un salario di iniquità, 16 ma fu ripreso per la sua malvagità: un muto giumento, parlando con voce umana, impedì la demenza del profeta. 17 Costoro sono come fonti senz’acqua e come nuvole sospinte dal vento: a loro è riserbata l’oscurità delle tenebre. 18 Con discorsi gonfiati e vani adescano mediante le licenziose passioni della carne coloro che si erano appena allontanati da quelli che vivono nell’errore. 19 Promettono loro libertà, ma essi stessi sono schiavi della corruzione. Perché uno è schiavo di ciò che l’ha vinto. 20 Se infatti, dopo aver fuggito le corruzioni del mondo per mezzo della conoscenza del Signore e salvatore Gesù Cristo, ne rimangono di nuovo invischiati e vinti, la loro ultima condizione è divenuta peggiore della prima. 21 Meglio sarebbe stato per loro non aver conosciuto la via della giustizia, piuttosto che, dopo averla conosciuta, voltar le spalle al santo precetto che era stato loro dato. 22 Si è verificato per essi il proverbio: Il cane è tornato al suo vomito e la scrofa lavata è tornata ad avvoltolarsi nel brago.
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Oggi ci viene detto che è la Parola di Dio a rivelarci dati profondi che altrimenti non conosceremmo. Nel nostro brano infatti si parla di persone, verrebbe da dire “di successo”, e ne viene svelata la loro realtà corrotta e vana. L’esempio di Balaam e della sua asina ci dice che essi seguono la sua via, la sua “demenza”, che è quella che ha portato il profeta ad avere onori e soldi. A causa dell’asino ostinato, il profeta è costretto a perdere la ricompensa che il re gli aveva promesso. E’ la Scrittura che chiama tutto ciò “demenza” (perchè avrebbe dovuto maledire il popolo che Dio ha benedetto!). Il testo parla anche di una “sconfitta”: sono stati vinti. Uno è schiavo di ciò che lo ha vinto. E’ ancora una rivelazione della Scrittura: sembra esternamente che siano vincitori e conquistatori di anime e di passioni, ma ciò non è vero: in realtà sono schiavi delle passioni e del peccato. Questi tali sono paragonati in più modi ad animali, irragionevoli (v. 12), sono vani, vuoti (v.17). C’è un forte contrasto con la condizione dei fedeli cristiani, descritta nel cap. 1: per dono e grazia di Dio sono infatti fatti partecipi della natura divina (1:4). E’ una messa in guardia contro la vuotezza, vanità degli insegnamenti falsi; e una conferma forte che il dono di Dio – comunicato nelle Scritture profetiche e nell’insegnamento apostolico – è grande e bello e completo: è la partecipazione alla natura divina, per la fede e nella carità (1:5-7), nella conoscenza, che cresce e attende con fiducia la sua piena rivelazione, del nostro Dio e Signore Gesù Cristo (1:4.8; 2:20).
Colpiscono le espressioni forti e originali che usa spesso l’autore: ieri parlava di coloro che “disprezzano la signorìa”, oggi di coloro che “insultano le glorie”, termine che indica – secondo i commentatori – gli angeli (buoni o cattivi, le opinioni divergono).- Nei versetti seguenti si legge una descrizione perfettamente calzante ai notri giorni e – credo – alla nostra personale vicenda umana: “stimare felicità il piacere di un giorno…” (v. 13); gli occhi che esprimono il desiderio di possesso, “il cuore rotto alla cupidigia” (v. 14); ambire e proporre una libertà assoluta (v. 19), mentre in realtà si è schiavi di vari idoli (il profitto, il sesso, la volontà di auto- affermazione…). Perfino la natura è più saggia di noi, come nella vicenda di Balaam: “un muto giumento… impedì la demenza del profeta” 8v. 16). – Ma noi intendiamo fuggire questi “miasmi” per abbracciare la conoscenza del Signore e salvatore Gesù Cristo (v. 20), quella sapienza della croce di cui ci ha parlato in questi giorni don Giovanni.
Continuiamo a non avere una descrizione specifica e precisa sulla prevaricazione di questi empi. Senza negare che le loro devianze possano portare gravi conseguenze sul comportamento anche nello spazio della sessualià, mi sembra che oggi possiamo evidenziare quello che sta al cuore di questo dramma, secondo le parole che ascoltiamo al ver.20:”Se infatti, dopo aver fuggito le corruzioni del mondo per mezzo della conoscenza del Signore e Salvatore Gesù Cristo, ne rimangono di nuovo invischiati e vinti, la loro ultima condizione è divenuta peggiore della prima”. Dunque si tratta di persone che avendo ricevuto il dono della fede di Gesù, poi lo rinnegano con false dottrine gravemente devianti. I vers.10-14 dipingono in termini molto duri tale atteggiamento, sottolineando, come potete controllare anche nel parallelo di Giuda 10, la violenza con la quale si scagliano contro gli angeli ribelli, in contrasto con gli angeli fedeli che si muovono sempre nella moderazione dell’umiltà (vers.10-11). E così fanno sempre:”bestemmiano quel che ignorano”(ver.12).
Il ver.12 li qualifica come “animali irragionevoli”. Possiamo forse cogliere qui un certo collegamento con un animale ben diverso, muto, come loro non sono, e sapiente, come loro non sono, che è il “muto giumento” del ver.15. Questo, “..parlando con voce umana, impedì la demenza del profeta”! A chi avesse tempo, consiglio di considerare i tre capitoli di Numeri 22-24, tanto affascinanti e potenti! Anche per questa lettura molto seducente, osiamo accennare ad un rapporto tra questo silenzioso, sapiente e mite animale, e il Cristo della Passione, silenzioso e supremamente eloquente.
I vers.17-22 confermano e accentuano la descrizione del male compiuto da questi violenti. Sono “fonti senz’acqua e nuvole sospinte dal vento”(ver.17), nel senso che in loro tutto è sterile e vano, destinato irrimediabilmente alla fine. Ma il loro male è pericolosamente contagioso, e imprigiona altri nella loro stessa schiavitù del peccato, in una condizione peggiore di quella in cui si trovavano prima di aver conosciuto il Signore Gesù. Meglio sarebbe stato “non aver conosciuto la via della giustizia, piuttosto che, dopo averla conosciuta, voltar le spalle al santo precetto che era stato loro dato”(ver.21). Credo che tutti voi siate con me consapevoli di quanto questo avvertimento severo accompagni noi che per pura misericordia divina siamo stati riempiti di tanto bene! Il proverbio del cane e della scrofa, con queste o con altre parole è severa sentinella di tutti coloro che hanno ricevuto il Vangelo di Gesù, qui chiamato “la via della giustizia…il santo precetto”(ver.21).
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.