16 Siano pertanto rese grazie a Dio che infonde la medesima sollecitudine per voi nel cuore di Tito! 17 Egli infatti ha accolto il mio invito e ancor più pieno di zelo è partito spontaneamente per venire da voi. 18 Con lui abbiamo inviato pure il fratello che ha lode in tutte le Chiese a motivo del vangelo; 19 egli è stato designato dalle Chiese come nostro compagno in quest’opera di carità, alla quale ci dedichiamo per la gloria del Signore, e per dimostrare anche l’impulso del nostro cuore. 20 Con ciò intendiamo evitare che qualcuno possa biasimarci per questa abbondanza che viene da noi amministrata. 21 Ci preoccupiamo infatti di comportarci bene non soltanto davanti al Signore, ma anche davanti agli uomini. 22 Con loro abbiamo inviato anche il nostro fratello, di cui abbiamo più volte sperimentato lo zelo in molte circostanze; egli è ora più zelante che mai per la grande fiducia che ha in voi.
23 Quanto a Tito, egli è mio compagno e collaboratore presso di voi; quanto ai nostri fratelli, essi sono delegati delle Chiese e gloria di Cristo. 24 Date dunque a loro la prova del vostro affetto e della legittimità del nostro vanto per voi davanti a tutte le Chiese.
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Lo slancio di carità che Paolo auspicava per i Corinti nei versetti precedenti, lo coglie, nelle parole che oggi ci sono regalate, per quello che riguarda i suoi amici che lo aiutano nell’opera apostolica. La sua ammirazione per i tre personaggi che oggi compaiono nel nostro testo, dei quali ci viene detto solo il nome di Tito, mentre gli altri due restano anonimi, testimonia la sua gioia per i doni di Dio che si rendono presenti e operano nella vita e nel cammino della comunità credente.
Per Tito, come per il terzo personaggio citato al ver.22, si evidenzia quella “sollecitudine” (che diventa ai vers.17 e 22 lo “zelo”) che noi conosciamo nella persona della Vergine di Nazaret che, secondo la memoria evangelica di Luca, appena ricevuto l’annuncio angelico, si muove in fretta verso Elisabetta per renderla partecipe dell’evento e del dono. Mi pare che questo possa illuminare e confermare il clima di gioiosa sollecitudine che caratterizza i tempi apostolici, pur tra molte prove.
Il secondo personaggio, ai vers.18-19, viene qualificato “a motivo del vangelo”; è interessante che questa fama, che ha fatto pensare si possa trattare dell’evangelista Luca, ora si esprima anche nell’opera di carità presieduta da Paolo e da lui partecipata. Quasi a dire che Vangelo e Carità non possono essere disgiunti, e che nella vita cristiana è continuo e mirabile l’intreccio di doni e ministeri diversi. Ai vers.20-21 Paolo precisa che questa collaborazione deve poter rispondere ad eventuali obiezioni nei confronti dell’Apostolo per la mole e la responsabilità di amministrazione di tanto grandi risorse; una prudenza che vuole rassicurare gli uomini circa la trasparenza di un’opera compiuta peraltro nell’integrità davanti a Dio.
Questi uomini si muovono in atteggiamento di grande fiducia nei confronti dei Corinti (ver.22). Ne siano ripagati dall’affetto di un’accoglienza di cui Paolo vuole potersi vantare davanti a tutte le Chiese.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Questo brano ci dà uno spaccato della vita concreta della chiesa, anzi delle chiese, delle varie comunità. La chiesa è plurale. Sono ricordate persone con il loro nome e persone sconosciute, “di cui abbiamo più volte sperimentato lo zelo in molte circostanze;” (v.22). Se ancora oggi, dopo 2000 anni, si annuncia il vangelo, è grazie al lavoro zelante, oscuro, fatto di piccole attenzioni quotidiane, e infinitamente prezioso, di tanti uomini (e tante donne) che hanno dedicato la vita a costruire legami, a fare comunità, a incarnare nel tessuto delle relazioni umane la parola ricevuta, v.21: “Ci preoccupiamo infatti di comportarci bene non soltanto davanti al Signore, ma anche davanti agli uomini.” E’ il bello della vita cristiana, vivere la fede nella concretezza, nella quotidianità, e non viverla da soli. E’ la vita delle nostre comunità di oggi.
Oggi mi sembra si ripetano alcuni concetti simili ‘accolto il mio invito’, ‘partito’, ‘abbiamo inviato’ (tutte e due i fratelli), ‘collaboratore’, ‘delegati delle Chiese’.
Ho avuto l’impressione per queste persone di essere state chiamate in causa. Così come l’uomo, dopo la vita e la Pasqua di Gesù non può non essere chiamato in causa. Come se non si possano voltare le spalle a Dio, perché è Lui che vuole essere partecipe nelle nostre vite e invitarci al banchetto, inviarci, renderci collaboratori, delegati della sua opera di salvezza.
Personalmente penso che il mistero dell’Incontro con il Signore sia una tra le cose più strabilianti della nostra vita. Io ero una notte ubriaco in macchina…Nel caso ci vengano dei dubbi sul fatto che sia una questione di meriti.
Il Signore è grande..anzi the Lord is big visto che andiamo via in inglese!
Ho pensato che i tre personaggi illustrissimi che vengono inviati ai Corinti rappresentano Paolo (l’amico, il padre della fede), il Vangelo (la buona notizia che deve essere annunciata a tutti gli uomini) e addirittura tutte le Chiese. Invece di tremare e nascondersi o avere soggezione i Corinti devono “mostrare la carità e ciò per cui paolo si è gloriato in loro” v.24. Con semplicità e verità possono contribuire alla comunione, allo scambio, alla consolazione reciproca di tutti i credenti in Gesù.
Ieri si è sottolineata la centralità della parola “grazia”.Oggi – ma in realtà già da ieri – ad essa è accostata la parola “sollecitudine”. E’ una sollecitudine che deriva proprio dalla grazia, e si contrappone al pericolo della pigrizia, nei riguardi della quale diversi testi ci mettono in guardia (si può considerare anche la parabola dei talenti “Servo pigro e malvagio”. E’ la stessa sollecitudine che spinge Maria, dopo avere ricevuto il dono di grazia per l’annuncio dell’Angelo, a andare a visitare Elisabetta.
Al v. 16 si dice che è Dio stesso che infonde la sollecitudine nel cuore. Anche essa è prima di tutto dono di Dio. Ma questo dono è chiamato a fiorire e crescere nella nostra vita, attraverso l’esortazione/ incoraggiamento dei fratelli (v. 16) , e attraverso la fiducia che si può riporre in loro (v. 22). Anche la designanzione da parte delle chiese è tutta dentro a questo dar spazio alla sollecitudine; è davvero una grande coralità che si forma intorno al dono di Dio.
Paolo non solo è attento alla colletta in sè e a svolgere bene la sua diaconia davanti a Dio, ma anche verso chi potrebbe trovare motivo, anche ingiustificato, di biasimo (v. 21) E’ interessante come questo promuove una condivisione dalla sua diaconia, in una profonda compartecipazione “ecclesiale”.
Già allora ci volevano commissioni o delegazioni! Questa l’ha costituita proprio Paolo. I due anonimi: varrà anche qui quella regola interpretativa dei vangeli, per cui possiamo identificarci con i personaggi anonimi? – Al v.23 noto due aspetti. Uno, il termine delegati, che – come dicono le note – sarebbe “apostoli”: dunque apostoli non era una attribuzione esclusiva dei 12… In secondo luogo, questi delegati-inviati sono definiti “gloria di Dio”: sono loro stessi una manifestazione della gloria di Dio, cioè del suo amore partecipativo, della sua bontà.