11 Consapevoli dunque del timore del Signore, noi cerchiamo di convincere gli uomini; per quanto invece riguarda Dio, gli siamo ben noti. E spero di esserlo anche davanti alle vostre coscienze. 12 Non ricominciamo a raccomandarci a voi, ma è solo per darvi occasione di vanto a nostro riguardo, perché abbiate di che rispondere a coloro il cui vanto è esteriore e non nel cuore. 13 Se infatti siamo stati fuori di senno, era per Dio; se siamo assennati, è per voi.
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Mi sono piaciute le parole di Paolo:’per quanto invece riguarda Dio, gli siamo ben noti’ e ‘spero di esserlo anche davanti alle vostre coscienze’. Ho trovato in questa trasparenza del cuore il frutto, nel rapporto con gli uomini, di un cammino nella verità, nella franchezza. Nello sguardo di Dio invece l’attenzione premurosa e costante ai suoi figli peccatori.
Riguardo invece ad essere fuori di senno ho trovato i discepoli in Mc 3, 21 che lo dicevano di Gesù perché era in una casa stracolma di folla.
Mi sembra che il Signore proponga oggi una mediazione tra l’essere fuori di senno per Lui, e razionalmente un po’ matti, e un movimento più normale, per stare al passo con gli uomini.
Personalmente mi è venuto in mente Padre Marella in alcune sue foto…splendido.
Avverto sempre più confermato quello che sembrava di intuire già in precedenza, e cioè di come Paolo sia fondamentalmente guidato dalla sua personale vicenda interiore e dalla sua storia di salvezza. Nei versetti che oggi celebriamo egli mette in più chiaro rapporto la sua vicenda spirituale e il suo ministero, appunto per confermare che ogni esigenza o vicissitudine di questo non nega, ma anzi continuamente scaturisce dal dato fondamentale del suo rapporto con Dio.
Per questo, al ver.11, egli ricorda che il “timore di Dio”, e cioè la sua vita totalmente vissuta al cospetto del suo Signore è l’asse fondamentale di ogni scelta o atteggiamento da parte sua. Nei confronti delle persone egli deve svolgere un’opera di convincimento, ma per quello che riguarda il suo rapporto con Dio, tutto è già pienamente affermato e definito, nel senso che la sua persona è completamente consegnata a Dio: “..gli siamo ben noti”. E a questo punto Paolo si appella alla speranza di avere con i Corinti un rapporto privilegiato a motivo della storia vissuta insieme. Addirittura un rapporto vicino a quello tra lui e il Signore:”E spero di esserlo (cioè, di essere ben noto) anche davanti alle vostre coscienze”. Qui l’Apostolo non vuol certo affermare l’identità tra il rapporto con Dio e quello tra lui e i Corinti, ma spera che essi intendano che il legame che lega a loro la sua persona è un vincolo spirituale, e cioè connesso con la sua e loro comunione con il Signore.
Con questo pensiero Paolo non cerca ulteriori garanzie e segni di accoglienza, ma, secondo il ver.12, vuole dare ai Corinti un motivo più profondo di certezza e di serena pace di fronte ad oppositori che invece non possono rivendicare una reale esperienza interiore, un reale rapporto con Dio, ma solo un ‘argomentazione di facciata:”esteriore e non nel cuore”. Dunque il rapporto con Dio, e conseguentemente il fondamento spirituale della comunione tra l’Apostolo e i suoi fratelli di Corinto, è l’elemento di vera forza anche per sostenere da parte loro l’opposizione di questi avversari della predicazione paolina.
Così, al ver.13, Paolo rivendica l’assoluta armonia tra il carattere straordinario e soprarazionale del suo rapporto con Dio, e l’ordinata semplicità del suo legame con i Corinti.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Consapevoli del timore del Signore..Diversi testi dell’AT ci insegnano che il timore del Signore permette di non avere paura degli uomini, e è il principio della sapienza. Questa sapienza, a differenza di quelle umane, non innalza sugli altri, ma richiede di essere condivisa. E’ in questo senso che va letto ciò che segue: cerchiamo di convincere gli uomini. Il ministero di Paolo ha quindi come fondamento il timore del Signore, insieme a quanto detto al v. 14 “poichè l’amore del Cristo ci spinge al pensiero che uno è morto per tutti…”
Il vanto. Ogni vanto che si fonda sulle nostre capacità è escluso. Anche per le eventuali opere buone non ci si può vantare. A lui solo va la lode. La prima Corinti sintetizza: chi si vanta si vanti nel Signore. Però sembra che anche il vanto per il fratello conviene, tanto quanto è contemplazione dell’opera del Signore in lui e a nostro vantaggio, attraverso la sua debolezza. E il vantarsi nel cuore, che qui ha valenza positiva, che cosa può essere? Il sentimento profondo di gratitudine che scaturisce dal sapersi nell’amore di Dio e dei fratelli? Una espressione dell’amore per i fratelli?
Fuori di senno per Dio…assennati per voi. Nella prima lettera si era vista l’attitudine dei Corinti a dividersi in fazioni, a cui Paolo aveva risposto richiamando la centralità per tutti del Cristo e del suo mistero pasquale. Questo essere fuori di senno per Dio lo si potrebbe ricollegare a questo, cioè al suo rifiuto di conformarsi al settarismo, affermando con forza l’alternativa del conformarsi alla stoltezza della croce.
Come già accennato da Mapanda, Paolo qui sta indicando i due “motori” fondamentali della sua azione di apostolo: il timore del Signore e, al v.14, l’amore del Cristo che lo “spinge”. Quanto al timore, certo non ha nulla a ache fare con la paura: abbiamo un Dio di cui non possiamo e non dobbiamo avere paura. Si tratta, invece, di delicata attenzione e consapevolezza per quello che di grande ci sta accadendo, nel rapporto con Lui: la sua prossimità, la comunione , la condivisione con Cristo… Il tutto formulato oggi in quella bella espressione, che è già stata indicata e commentata negli interventi precedenti: “a Dio … siamo ben noti”! Chissà se oggi riusciamo a vivere meglio la realtà di queste parole!
v. 11: ” per quanto riguarda Dio, gli siamo ben noti” mi fa riecheggiare nel cuore il salmo 139″Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu sai quando seggo e quando mi alzo.
Penetri da lontano i miei pensieri,
mi scruti quando cammino e quando riposo.
Ti sono note tutte le mie vie;” Signore, ti sono note tutte le mie vie, i miei entusiasmi, i miei amori, i miei scoraggiamenti, le mie infedeltà, i miei peccati, soprattutto ti sono note le mie contraddizioni. Nessuno mi conosce come te, Signore. E la tua conoscenza non mi spaventa, mi fa stare tranquilla, perché non mi giudica. Io sono nota a te, Signore, più che a me stessa; “nemmeno le tenebre per te sono oscure,
e la notte è chiara come il giorno;
per te le tenebre sono come luce.” Signore, il tuo sguardo d’amore è capace di trasformare le mie tenebre in luce. Anche se io mi giudico, tu non mi giudichi…