1,1 Paolo, apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio, e il fratello Timòteo, alla chiesa di Dio che è in Corinto e a tutti i santi dell’intera Acaia: 2 grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo.
3 Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, 4 il quale ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio. 5 Infatti, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione. 6 Quando siamo tribolati, è per la vostra consolazione e salvezza; quando siamo confortati, è per la vostra consolazione, la quale si dimostra nel sopportare con forza le medesime sofferenze che anche noi sopportiamo. 7 La nostra speranza nei vostri riguardi è ben salda, convinti che come siete partecipi delle sofferenze così lo siete anche della consolazione.
8 Non vogliamo infatti che ignoriate, fratelli, come la tribolazione che ci è capitata in Asia ci ha colpiti oltre misura, al di là delle nostre forze, sì da dubitare anche della vita. 9 Abbiamo addirittura ricevuto su di noi la sentenza di morte per imparare a non riporre fiducia in noi stessi, ma nel Dio che risuscita i morti. 10 Da quella morte però egli ci ha liberato e ci libererà, per la speranza che abbiamo riposto in lui, che ci libererà ancora, 11 grazie alla vostra cooperazione nella preghiera per noi, affinché per il favore divino ottenutoci da molte persone, siano rese grazie per noi da parte di molti.
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Consentitemi un’osservazione di carattere generale, che penso potrà essere ben avvertita da tutti quelli che, appena usciti dal Vangelo secondo Luca, si trovano oggi in questo esordio della 2Corinti, soprattutto se hanno potuto dare un rapido sguardo a tutta la Lettera. Si ha conferma dell’inevitabile, splendida “drammaticità” della vita cristiana, drammaticità tutta particolare anche rispetto alla comune e condivisa esperienza umana. Questo è dovuto proprio al dono del Vangelo del Signore, o meglio del Signore del Vangelo, e quindi all’assoluta particolarità dell’esistenza cristiana quando diventa consapevole dell’incessante inevitabile presenza-assenza del Signore nel cammino della nostra vita. Già il cap.24 di Luca, l’annuncio e la memoria della risurrezione di Cristo, vedevamo come provocasse tensioni e attese proprie di chi, a motivo della conoscenza-esperienza di Gesù nel concreto tessuto della sua esistenza, ne è costantemente visitato e in certo modo provocato.
Il tema centrale, la parola chiave del nostro testo di oggi, è la “consolazione”, quella che Dio dona alla vicenda cristiana, visitata inevitabilmente dalla tribolazione. Oso chiamare tutto questo la “bufera della Pasqua”, la partecipazione del credente alla Pasqua del suo Signore. Ma proviamo ad osservare qualche passaggio del nostro brano. Al ver.3 Dio viene chiamato Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso, e, appunto, “Dio di ogni consolazione”. La consolazione viene da Dio, è dono suo. Tale dono interviene “in ogni nostra tribolazione”(ver.4). Viene così delineato lo stretto legame tra tribolazione e consolazione. La tribolazione non è un evento occasionale, ma è presenza stabile nell’esperienza del cristiano. Non è qualsiasi tipo di prova e sofferenza, ma è la prova che si presenta all’esperienza di chi avendo ricevuto il dono della fede cristiana, proprio per tale condizione viene visitato dalla tribolazione. Il ver.4 trae subito una conseguenza meravigliosa: chi viene consolato nella sua tribolazione è in grado di consolare chiunque si trovi nella stessa sua condizione.
Il ver.5 mi sembra molto importante perchè dà un nome più profondo e specifico alla tribolazione. Ci parla infatti di “sofferenze”, e di “sofferenze di Cristo in noi”: si tratta della nostra partecipazione alla Passione (questa è la parola che l’italiano rende con il termine “sofferenza”) del Signore! Proprio all’interno di questa partecipazione veniamo a conoscere e a sperimentare la consolazione “per mezzo di Cristo”; e aggiunge che tale consolazione è sovrabbondante. La nostra piccola vita di cristiani mediocri e peccatori, immersa nella grande Pasqua del Signore Gesù, Pasqua di passione e di gloria! E qui mi pare emerga il volto più profondo della consolazione, che non è una condizione che si è lasciata alle spalle la prova della tribolazione, ma che “nella tribolazione” conosce e accoglie la consolazione! Siamo ben lontani da ogni forma di miracolismo, e siamo al cuore della profonda esperienza della Pasqua del Signore in noi.
Tutto questo non resta chiuso nella vicenda di ciascuno. I vers.6-7 annunciano la feconda comunicazione-comunione che i cristiani vivono tra loro in assoluta reciprocità nella vicenda delle loro tribolazioni, che diventano luogo e fonte di consolazione anche per i fratelli. Paolo ci dice la sua speranza d’essere fonte di consolazione come a sua volta riceve consolazione dai suoi fratelli e figli.
I vers.8-11 descrivono una concreta vicenda di tribolazione che l’Apostolo ha vissuto in Asia. Tribolazione che è arrivata sino alle soglie della morte. Ma la drammaticità della prova è stata ammonizione a non “confidare in se stessi”, ma”nel Dio che risuscita i morti”!! La consolazione è dunque esperienza pasquale di risurrezione! “Da quella morte Egli ci ha liberato e ci libererà”!! Paolo riconosce che in tale sua vicenda pasquale di tribolazione consolazione, e quindi di morte-risurrezione, hanno avuto partecipazione attiva i fratelli di Corinto con la loro preghiera. E questo si dilaterà in una preghiera di ringraziamento da parte di molti altri.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Nei primi versetti ho percepito un prolungamento del Vangelo nella storia e nella vita degli uomini.
Al v.5 :‘come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione.’. Mi è sembrato che Paolo intenda per la vita dei cristiani una ‘roba simile’ alla vita di Gesù.Se non nel peccato nelle virtù. Almeno come tensione ideale.
Mi è piaciuto al v.8 l’espressione ‘al di là delle nostre forze’. Come a sottolineare il sostegno del Signore nella nostra vita, perché possiamo ‘imparare a non riporre fiducia in noi stessi, ma nel Dio che risuscita i morti.’. Il dono continuo di un cammino assistito.
Personalmente piuttosto impressionante il salto dalla vita di Gesù, a quella di Paolo e dei primi cristiani ed alla nostra!
Ragazzi… che inizio! troppi versetti, troppe parole, troppo difficile, come faremo?
Mi ha colpito molto il legame fortissimo che c’è tra Paolo e i Corinti attraverso Gesù… nella partecipazione alle sofferenze e alle consolazioni. Quello che vivono gli uni ha conseguenze decisive per gli altri, anche se a grande distanza temporale e spaziale: “Quando siamo tribolati, è per la vostra consolazione e salvezza; quando siamo confortati, è per la vostra consolazione”.
Altri dettagli che mi sono piaciuti non riesco molto a sintetizzarli! La parola agli altri illustri commentatori.
E’ bello leggere l’inizio di 2 corinti dopo i capitoli della passione e resurrezione di Gesù nel Vangelo di Luca. Quello stesso mistero che abbiamo contemplato in Gesù, ora lo contempliamo estendersi alla vita di Paolo e dei cristiani di Corinto. Questo mistero di passione e resurrezione è al tempo stesso mistero di comunione, come espresso al v.7; comunione con il Signore e tra di noi.
Paolo è apostolo per volontà di Dio, non per sua volontà. Questo è ciò che conta, come sempre anche chiediamo nel Padre nostro “Sia fatta la tua volontà”
L’inizio del testo ci ricorda di come è importante il saluto.
Dio è chiamato “Padre misericordioso”. Normalmente la misericordia, la compassione di Dio la consideriamo in relazione al perdonarci; qui è in relazione al consolarci. Questa consolazione noi la gustiamo ogni giorno per il dono della sua parola nella nostra vita, e anche per l’aiuto reciproco che ci diamo in questa stessa parola.E’ una consolazione che ha la sua fonte nella resurrezione (v.9) e si alimenta nella preghiera reciproca che porta all’azione di grazie (v.11)
Al v. 4 è chiaro che l’origine di ogni consolazione è sempre Dio, sia che consoli direttamenten che attraverso i fratelli.
Il v. 10 mette in evidenza l’incessante bisogno di salvezza, di liberazione. Egli ci ha liberato e ancora ci libererà. Questo è il fondamento della nostra speranza: la volontà salda e irrevocabile di Dio di liberarci, in virtù del suo Figlio che sulla croce invece di una facile strada di salvezza (salva te stesso), ha accettato di subire i patimenti e di entrare nella stessa nostra morte, per liberare noi tutti da così grande morte.
Il vangelo di Luca si è chiuso con la benedizione… e qui la ritroviamo subito, sulle labbra di Paolo, rivolta a Dio: “Sia benedetto Dio, Padre …”. Subito dopo, però, un altro termine prende la scena: la consolazione, il consolare. Il Padre misericordioso è “il Dio di ogni consolazione”: sembra quasi una definizione di Dio, qualcosa che appartiene alla sua essenza. In Isaia (51,12) leggiamo: “Io sono il tuo consolatore”. – Un’indagine nei testi biblici fa capire che la consolazione non coincide con il “conforto”; in particolare, colpisce il fatto che la consolazione di Dio opera un capovolgimento totale della situazione; per es., Lazzaro è consolato perché sono finiti i suoi patimenti e ora si trova nella pienezza della vita, “nel seno di Abramo”. Pertanto, quando anche noi abbiamo la possibilità di “consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione”, non possiamo limitarci a parole di conforto, ma operare effettivamente perché siano rimosse le cause della sofferenza: spesso sono ingiustizia, violenza, sfruttamento… a provocare quelle tribolazioni.
La parola greca che corrisponde all’italiano “consolazione” ci richiama allo Spirito Paraclito, il Consolatore. La consolazione, parola chiave di questo brano, è opera della presenza in noi dello Spirito. Lo Spirito che rende viva in noi la memoria di Gesù, che rende Gesù nostro contemporaneo. Mi è molto piaciuto il verso 4. Dio “ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio.” Proprio il contrario di quello che potrebbe far pensare la parola consolazione, il rapporto con Dio come qualcosa di consolatorio, una consolazione in cui rifugiarsi, in modo individualistico. No. Se siamo consolati, è perchè anche noi possiamo consolare. E quanto più consoleremo i nostri fratelli, tanto più saremo consolati. Mi viene in mente quella bella preghiera di Madre Teresa.
“Signore, quando avrò fame,
dammi qualcuno che ha bisogno di mangiare;
Signore, quando avrò sete,
dammi qualcuno che ha bisogno di acqua;
Signore, quando avrò freddo,
dammi qualcuno che ha bisogno di calore.
Signore, quando soffrirò,
dammi qualcuno che ha bisogno di consolazione;
Signore, quando la mia croce sembrerà pesante,
fammi condividere la croce di un altro;
Signore, quando mi sentirò povera,
mettimi al fianco di qualcuno più bisognoso.
Signore, quando vorrò che gli altri mi comprendano,
dammi qualcuno che ha bisogno della mia comprensione.”