9 Voi ricordate infatti, fratelli, il nostro duro lavoro e la nostra fatica: lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno di voi, vi abbiamo annunciato il vangelo di Dio. 10 Voi siete testimoni, e lo è anche Dio, che il nostro comportamento verso di voi, che credete, è stato santo, giusto e irreprensibile. 11 Sapete pure che, come fa un padre verso i propri figli, abbiamo esortato ciascuno di voi, 12 vi abbiamo incoraggiato e scongiurato di comportarvi in maniera degna di Dio, che vi chiama al suo regno e alla sua gloria.
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Le parole del v. 9 ci dicono la attenzione di Paolo a non essere di peso a nessuno nella sua opera di evangelizzazione, e per questo la sua partecipazione alla fatica del lavoro ordinario nella vita quotidiana. E’ la sapienza della Piccola Regola nel capitolo del lavoro: “è obbedienza, prolungamento della Eucarestia e della Liturgia delle ore, oggetto normale della nostra offerta e del nostro annuncio abituale”.
Ieri Paolo si paragonava a una madre che nutre i suoi figli con dolcezza e premura. Oggi ricorda la sua opera di correzione e incoraggiamento, come fa un padre con i suoi figli. In tutto si fa piccolo per i fratelli, perchè ciascuno di loro e la loro comunione insieme cresca bene e ordinata.
Nella sua opera di evangelizzazione Paolo confida in Dio, non nelle sue forze. Esorta ogni uomo, e si fa simile a loro. Li mette in comunione, come figli di uno stesso Padre.
v. 9 La predicazione del Vangelo non può associarsi all’azione di mettere dei pesi sugli altri, Il Vangelo ci è stato dato non come un peso ulteriore, ma come occasione per riposare dalle fatiche e dai pesi. Il giogo del Signore è leggero: il vangelo che Paolo ha predicato ai tessalonicesi, lo portano con letizia perchè hanno imparato a essere imitatori di Paolo e del Signore stesso, e cioè a portare il suo giogo dolce dell’amore. Hanno imparato che Paolo vorrebbe dare loro “non solo il Vangelo di Dio ma anche la sua stessa vita”, e lo imitano in questo.
Dopo l’immagine della madre che nutre i suoi figli e dà loro la vita, ecco, nel brano di oggi, l’immagine paterna. Immagine che Paolo ama citare innanzi tutto in rapporto al lavoro. Così, egli ricorda ai suoi figli di Tessalonica il suo “duro lavoro e la nostra fatica lavorando giorno e notte”. Come ogni padre di famiglia che lavora per sostenere i suoi figli! Ed è bellissimo che per questo Paolo riprenda, a proposito del “duro lavoro” ricordato al ver.9, lo stesso termine che all’inizio della Lettera era citato in 1Tess.1,3, per parlare della “fatica della vostra carità” : la fatica della carità, che noi vedevamo come memoria della Croce di Gesù, colta ora nell’umile segno del “duro lavoro e della fatica lavorando giorno e notte” per non essere di peso ad alcuno! Già in quest’umile lavoro Paolo annuncia il Vangelo!
Vedete dunque come Gesù immerga la santità di Dio nella semplice umiltà della vita umana. Proprio per questo anche la sua “paternità” viene colta nella sua sostanziale immediatezza, e viene quindi paragonata alla paternità che tutti conoscono: “come fa un padre verso i propri figli”(ver.11). In questo modo l’esercizio di tale paternità è stato “santo, giusto e irreprensibile”. Concludendo: non si tratta di maternità e paternità “speciali”. Mi piace ricordare che anche un papà e una mamma nei quotidiani loro gesti e sentimenti di attenzione d’amore verso i loro figli esercitano una vera paternità e maternità spirituale! D’altra parte, quella paternità-maternità assume ora un rilievo nuovo e straordinario perchè ogni famiglia, ogni affetto famigliare, ogni responsabilità di paternità e maternità, come ogni condizione figliale….tutto diventa orizzonte e celebrazione del mistero di Dio, della sua paternità-maternità, della dimensione universale di tale famigliarità, della enorme responsabilità della comunità ecclesiale a celebrare e rappresentare nella sua vita interna e nelle sue relazioni la famiglia stessa di Dio!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“…lavorando giorno e notte per non essere di peso ad alcuno…”(v.9): che bell’esempio ci dà Paolo! Ma sono parole che – chissà perché – non sono state quasi mai prese sul serio. Ricordo don Nevio Ancarani che denunciava, a proposito del clero, la “mentalità del gratis”, tutto dovuto dagli altri… Però, nella grande famiglia monastica, il lavoro è stato preso sul serio, “Ora et labora”: la preghiera prolungata, diurna e notturna, non impediva il lavoro nell’orto, nella vigna, sui manoscritti della biblioteca…