1 Paolo e Silvano e Timòteo alla Chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo: a voi, grazia e pace. 2 Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere 3 e tenendo continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro. 4 Sappiamo bene, fratelli amati da Dio, che siete stati scelti da lui. 5 Il nostro Vangelo, infatti, non si diffuse fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo e con profonda convinzione: ben sapete come ci siamo comportati in mezzo a voi per il vostro bene.
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PRIMA PARTE
Le introduzioni e le note delle nostre bibbie ci dicono che questa è la lettera più antica scritta da Paolo e quindi è il documento più antico tra gli Scritti del Nuovo Testamento. Paolo scrive insieme ai suoi due compagni-figli-fratelli Silvano e Timoteo. Mi sembra molto bello che in tal modo si sottolinei che se da una parte ognuno dei tre ha portato a Tessalonica il dono di Dio secondo la propria personalità e responsabilità spirituale, la loro opera è del tutto armonica. Al primo versetto si ricordano i due grandi doni che segnano, accompagnano e proteggono la vita cristiana: la grazia e la pace. Sono due parole che rischiano di offrire un orizzonte fin troppo vasto di significati. Noi cogliamo nella “grazia” soprattutto l’intera esperienza cristiana sia personale che comune come “Dono”, e dono così ricco e pieno da far pensare che anche quello che può essere da parte nostra l’accoglienza, la custodia e la gelosa dedizione al dono divino, anche questo è Dono! La Pace è veramente la pace nella sua pienezza! Ed è quindi innanzi tutto l’esperienza della misericordia divina che in Gesù e nel suo sacricio d’amore ci ha riconciliati con Dio e tra di noi. La pace e l’amore sono quindi strettamente collegati. Siamo ben lontani dal significato tradizionale della pace come assenza di guerra o addirittura come tregua tra una guerra e l’altra.
Paolo ama molto porre all’inizio delle sue lettere il “ringraziamento”. Tale ringraziamento è intimamente connesso alla memoria. Questo legame stretto tra rendimento di grazie e memoria è per noi al cuore della suprema liturgia della Chiesa: l’Eucaristia! Mi affascina pensare che ancora una volta la Messa sia il grande paradigma della vita cristiana, e che quindi contenga in Sè il segreto di ogni storia di salvezza e di pace. E’ propio vero che la Messa è tutto!
SECONDA PARTE
I vers.2-3 sviluppano il tema della memoria mostrandocene tutta la ricchezza. La memoria è prima di tutto ricordo grato “di tutti voi”: quindi è ricordo diretto, semplice e immediato delle persone, nella semplice realtà della loro vita e delle loro personalità. Il ver.3 ci porta alla memoria del volto concreto delle persone, come trama e fioritura dei tre doni fondamentali della fede, della carità e della speranza. Sono splendidi i termini che accompagnano quelle tre parole: L’opera della fede; la fatica della carità; la pazienza-perseveranza della speranza. Mi sembrano termini di valore assoluto proprio per precisare il volto cristiano di fede, carità e speranza. Per la fede, l’incontro e non la contrapposizione tra la fede e le sue opere. La fede necessariamente è feconda delle sue stesse opere, che non sono opere “nostre” in contrapposizione alla fede, ma sono della fede la fecondità e il frutto! La fatica della carità, un termine così severo, così umile, è per ricordare che ogni evento di amore è celebrazione e attualità della Croce di Gesù. Il volto sottomesso e forte della speranza allontana ogni sospetto di sentimenti evasivi della realtà, e al contrario descrive la speranza come la volontà-capacità di “stare-sotto”, di sostenere con paziente perseveranza la fatica dell’esistenza proprio per la forza di una speranza più grande che è la Pasqua stessa di Gesù.
I vers.4-5 aggiungono agli argomenti già citati un dato squisitamente spirituale. L’espressione resa in italiano con “siete stati scelti da Lui” è più semplicemente e direttamente “la vostra chiamata”. Dunque Paolo opera un discernimento spirituale sulla vicenda dei Tessalonicesi e del loro accesso alla fede, e afferma essersi trattato di un evento divino, e non un’opera umana. Tale mi sembra il senso del ver.5 dove Paolo coglie l’accoglienza del Vangelo come evento divino, “nella potenza e nello Spirito Santo e in profonda convinzione”. Non un convincimento umano, ma veramente l’azione divina che dona la fede. E qui il discorso si ferma, come sospeso, citando Paolo il suo e di Silvano e Timoteo comportamente in mezzo a loro.
Dio ti benedica E tu benedicimi. Tuo. Giovanni
Il saluto con cui si apre la lettera che oggi cominciamo a leggere lega strettamente la pace alla grazia. Più una comunità/persona è nella grazia, più cresce nella pace. La grazia è il dono gratuito di Dio, la grazia è l’origine della nostra vita cristiana, dove tutto è dono di Dio. Se uno dunque non crede alla gratuità di tutto, non è in pace, né con sé, né con gli altri.
v. 2 “rendere grazie sempre” è perseverare nella eucaristia e nella liturgia delle ore.
Il v. 3 dice la bellezza della vita cristiana, che generata dalla grazia sboccia in una grande e lieta e perseverante operosità: “Siamo continuamente memori davanti a Dio e Padre nostro del vostro impegno nella fede, della vostra operosità nella carità e della vostra costante speranza nel Signore nostro Gesù Cristo”.
Il v. 4 dice su cosa si fonda questa operosa e lieta vita cristiana: “ben sappiamo, fratelli amati da Dio, che siete stati eletti da lui”: sulla certa consapevolezza – dell’apostolo e dei suoi tessalonicesi – di essere “amati da Dio” e suoi “eletti”. Questi due termini fino a poco prima riservati al popolo eletto di Israele, ora sono – per Gesù – attribuiti anche ai pagani: è il dono del Vangelo che è giunto fino a loro (e a noi).
Ricordare la “chiamata” e la “elezione” di Dio è importante e causa di ringraziamento: “Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili. Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono” (1Cor 1:26-28).
La fede, carità e speranza vissute in Gesù poi sono il modo per render sempre più sicura la nostra vocazione e la nostra elezione (1 Pet 1:10)
La preghiera di Paolo è la preghiera di un padre che ringrazia Dio per i propri figli, che hanno ricevuto il dono del Vangelo con gioia e nella forza dello Spirito Santo. E da lontano gioisce per loro e con loro per la fecondità della grazie e del vangelo nella loro vita, che si manifesta per mezzo “del loro impegno nella fede, della loro operosità nella carità e della loro costante speranza nel Signore nostro Gesù Cristo” (v.3).
In pochi versetti è descritta tutta la vita del credente. Sottolineo solo quel modo di essere del cristiano, indicato qui due volte: “essere in Dio Padre e nel Signore Gesù” (v.1); essere “davanti a Dio e Padre nostro”. Ma come è possibile vivere così, in Lui, davanti a Lui? E’spiegato subito dopo: è possibile perché siamo “amati da Dio” e chiamati (v.4). Non dipende dal nostro sforzo; siamo avvolti dall’amore del Padre e del fratello Gesù.