1 Carissimi, non prestate fede ad ogni spirito, ma mettete alla prova gli spiriti, per saggiare se provengono veramente da Dio, perché molti falsi profeti sono venuti nel mondo. 2 In questo potete riconoscere lo Spirito di Dio: ogni spirito che riconosce Gesù Cristo venuto nella carne, è da Dio; 3 ogni spirito che non riconosce Gesù, non è da Dio. Questo è lo spirito dell’anticristo che, come avete udito, viene, anzi è già nel mondo. 4 Voi siete da Dio, figlioli, e avete vinto costoro, perché colui che è in voi è più grande di colui che è nel mondo. 5 Essi sono del mondo, perciò insegnano cose del mondo e il mondo li ascolta. 6 Noi siamo da Dio: chi conosce Dio ascolta noi; chi non è da Dio non ci ascolta. Da questo noi distinguiamo lo spirito della verità e lo spirito dell’errore.
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Anche se certamente non so trarne tutte le conseguenze, mi sembra di grande rilievo questa “responsabilizzazione ” di ogni credente da parte di un “capo”. Siamo abituati a che siano appunto i “capi” a discernere e a sentenziare. Il fatto che sia chiesto a ciascuno e a tutti di mettere “alla prova gli spiriti” sembra indicare una grande maturità della fede e forse anche la consapevolezza che il pericolo di devianza è sottile e diffuso e deve essere colto anche nel frammento degli eventi. Il pericolo dei falsi profeti e dell’anticristo è evidentemente alto.
Ma che cosa preoccupa Giovanni? L’eresia nella quale non si “riconosce Gesù Cristo venuto nella carne”. L’uomo Gesù è veramente Dio! Anche noi, oggi, credo che dobbiamo fare molta attenzione alla centralità di questo dato della fede cristiana. Il rischio di scandalizzarsi dell’ “umanità di Dio” – appunto “il Cristo venuto nella carne”! – è altissimo, perchè è una tentazione “religiosa”: non si sopporta che Dio si umigli e si raccolga nella povera umanità del falegname di Nazaret! La tentazione è di congedarlo e di separarlo dalla nostra povertà. Il pericolo è quello di riedificare la separazione tra sacro e pro-fano (davanti e fuori dal sacro) mentre questo è il cuore della nostra fede, e cioè che Dio si è interamente immerso e ha interamente invaso l’umano. La stessa dizione comune “Gesù-Cristo” è “scandalosa” perchè unisce due termini che l’istinto religioso separa rigorosamente. Faccio l’esempio di una conseguenza di questo problema: il Sacramento della Riconciliazione – la “Confessione” – rischia di accostarsi ad una specie di “purificazione rituale” piuttosto che essere l’abbraccio misericordioso del “Prodigo” da parte del Padre della parabola.
Tutto questo ha il suo apice proprio nella Pasqua di Gesù che è il cuore della nostra fede: l’umiliazione fino alla morte del Figlio di Dio. Siamo inevitabilmente esposti alla tentazione del Fariseo che ospita Gesù nella sua casa e degrada Gesù quando questi accoglie con affettuosa mitezza la donna di strada che gli bagna i piedi con le lacrime e li asciuga con i suoi capelli. Il rischio di pensare alla comunità ecclesiale come ad un gruppo privilegiato di “Giusti” ci fa capire il significato profondo della Parabola che mette a confronto la virtù del fariseo con l’invocazione del pubblicano peccatore.
L’interessante è che questa “spiritualizzazione” venga giudicata al ver.5 come “cose del mondo”. Per questo reinsorge la tentazione di “voltare l’altare”, perchè non si sopporta che Dio sia venuto tra noi per convocarci alla Mensa dell’Agnello Innocente sacrificato per la nostra salvezza; per cui pensiamo di tornare ad un altare che guarda verso un Dio lontano.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Secondo la Bibbia di Ger., il tema dei due spiriti, “lo spirito della verità e lo spirito dell’errore” (v.6) era molto sviluppato nella letteratura degli esseni e a Qumran, ed ebbe seguito nel cristianesimo primitivo. Lo spirito della verità viene da Dio. Di quale verità si parla? La verità su com’è Lui: un Padre che ama tutti gratuitamente, guardando i bisogni, non i meriti; un Dio che si è fatto piccolo, si è umiliato “nella carne”, come spiega don Giovanni… E riguardo all’uomo? E’ la verità di chiamati alla condizione divina, elevati al rango di figli… e tali veramente siamo.
E’ importante l’accenno al pericolo che viene da una voce estranea (quella che le pecore di Dio non ascoltano, v. Giov 10), quella che nega che il Figlio di Dio sia venuto nella carne. Ma noi sappiamo che proprio quella “carne” di uomo che Gesù ha preso, carne come la nostra, è il modo che Dio ha scelto per salvarci e ammetterci presso di sè: “ora egli vi ha riconciliati per mezzo della morte del suo corpo di carne, per presentarvi santi, immacolati e irreprensibili al suo cospetto” (Col 1:22). Perciò, negare la carne di Dio è negare il dono della salvezza che abbiamo ricevuto da Dio in Gesù incarnato. Forse con queste parole che mettono in guardia i cristiani, “carissimi” e “figlioli”, Giovanni ha di mira la setta dei docetisti che negavano la bontà di tutto ciò che del Cristo era visibile e materiale. Allora l’invito sotteso alle parole di oggi è quello che già nei giorni scorsi trovavamo nella nostra lettera: attenersi alla predicazione apostolica, e al magistero interiore dello Spirito. E’ molto bello l’uso del verbo “confessare”: “confessare che Gesù è venuto nella carne”. E’ bella la possibilità di contemplare questo mistero che è il centro di tutta la nostra fede. E ci sono spiriti, ispirazioni e parole (prima tra tutte la stessa parola di Dio) che ci ‘permettono di scoprire ogni giorno questo mistero dell’incarnazione, che ilo Messia, il Figlio di Dio, è venuto nella carne in mezzo a noi. E’ bello poterlo riscoprire per mezzo dello Spirito (che è anche in chi ci sta vicino), che ci parla di queste cose, e noi possiamo ascoltare e credere. in modo simile a quello che abbiamo ascoltato oggi essere stata la esperienza dei pastori, che ricevuto dall’angelo l’annuncio buono della avvenuta incarnazione di Dio in Gesù, a Betlemme, possono andare e riscontrare nella povertà di quella semplice dimora, la verità dell’annuncio ricevuto, e l’avvenimento che ci dona salvezza in quel bambino che vedono nato da Maria. Anche l’espressione “essere da Dio” usata all’inizio a proposito degli spiriti da “provare”, e nell’ultimo vers. a proposito di “noi” è molto bella.
Questa origine divina (che è prima di tutto e in modo eminente di Gesù, che è il Figlio di Dio) è anche per noi. E così quella fraternità (di cui anche ieri leggevamo), che si sviluppa nell’amore fraterno, ha questo bel collegamento: siamo tutti figli di Dio, e ci parliamo a vicenda perché siamo figli di Dio, e ci annunciamo a vicenda il mistero della incarnazione di Dio. Ci sono nel nostro brano molte parole che ricorrono anche nel vangelo di Giovanni (quelle di oggi, specie nel cap. 8): “conoscere”, “ascoltare”, “essere da Dio”. In quel cap. di Giov, Gesù dice quelle cose su se stesso: “Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio: per questo voi non le ascoltate, perché non siete da Dio” (Gv 8:46-47), ma in queste parole di oggi della 1 lettera Giovanni dice quelle stesse cose dei fedeli, dei cristiani. E’ segno che ci è stato dato di entrare e di partecipare nello stesso mistero. E per questo, quando Giovanni dice: “Li avete vinti”, intende la stessa vittoria di Gesù, con cui Lui ha vinto il mondo: “Voi li avete vinti”. E anche se in queste parole di oggi non appare esplicita la parola “amore” in qualche modo il suo senso è presente: la vittoria è l’amore, è dare la vita per amore, come ha fatto Gesù. Per “discernere” se uno spirito è da Dio oppure no, ci vengono in aiuto la nostra mente e il nostro cuore, l’intelligenza e la coscienza, entrambe illuminate dalla parola di Dio. E così pensando e ricordando la Parola, custodendo e scegliendo ciò che è buono, nella luce dello Spirito, Dio ci offre ogni giorno occasione di riconoscere e credere ciò che è buono e contemporaneamente pentirci e abbandonare ciò che non è conforme al suo amore e al suo mistero dell’incarnazione. v. 6 “Noi siamo da Dio. Chi conosce Dio ascolta noi”: come si fa a conoscere Dio? Lo dice subito dopo: “chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio”. Ciò che ci fa conoscere Dio è l’amore con cui Dio ci ha amati per primo. Ascoltare la predicazione degli apostoli, accogliere con fede il Vangelo, e in esso ricevere e gustare l’amore di Dio, ce lo fa conoscere intimamente e con sicurezza, e ci apre la via anche alla possibilità di “distinguere” quali spiriti sono da Dio e quali invece sono dell’avversario di Cristo.