1 Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. 2 Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.
3 Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro. 4 Chiunque commette il peccato, commette anche l’iniquità, perché il peccato è l’iniquità. 5 Voi sapete che egli si manifestò per togliere i peccati e che in lui non vi è peccato. 6 Chiunque rimane in lui non pecca; chiunque pecca non l’ha visto né l’ha conosciuto.
7 Figlioli, nessuno v’inganni. Chi pratica la giustizia è giusto come egli è giusto. 8 Chi commette il peccato viene dal diavolo, perché da principio il diavolo è peccatore. Per questo si manifestò il Figlio di Dio: per distruggere le opere del diavolo. 9 Chiunque è stato generato da Dio non commette peccato, perché un germe divino rimane in lui, e non può peccare perché è stato generato da Dio. 10 In questo si distinguono i figli di Dio dai figli del diavolo: chi non pratica la giustizia non è da Dio, e neppure lo è chi non ama il suo fratello.
La perfetta comunione tra il Padre e il Figlio è la sorgente della nostra condizione di figli di Dio. Questo non avviene nè per un dato di “natura”, nè per una nostra capacità, ma per il dono di Dio. Il dono di Dio è l’Amore! Amandoci, Dio ci fa suoi figli. L’essere figli di Dio non è solo un titolo, ma è il segreto profondo della nostra condizione. Dono assolutamente gratuito, a noi rivelato e a noi dato dal Figlio di Dio e dalla sua Pasqua. Come il mondo – significato nei versetti precedenti dall’anticristo – non conosce il Figlio di Dio, così non può conoscere noi. La vita cristiana è interna al mistero di Dio stesso. Non è quindi mondanamente conoscibile. La nostra condizione figliale nei confronti di Dio è già data, ma non è ancora pienamente rivelata. Con questa affermazione il ver.2 mette ancora in relazione la nostra condizione di figli di Dio con la Persona e il mistero del Figlio di Dio. Così coincideranno la manifestazione finale gloriosa del Figlio di Dio e la rivelazione – anche a noi stessi! – della nostra condizione di figli del Padre.Quando Egli si sarà manifestato noi lo vedremo così come Egli è. E allora anche la nostra realtà profonda sarà pienamente rivelata.
Per questo noi siamo collocati dal dono di Dio in questa realtà di figli di Dio, ma ancora sperimentiamo il travaglio di una condizione transitoria. Dal ver.3 il nostro brano ci fa procedere in un cammino dove la luce della nostra vita figliale e la tenebra della nostra collocazione mondana si contrappongono con tonalità molto intense! Il ver.3 apre la descrizione di questo travaglio, penoso e meraviglioso insieme, con il termine della “speranza”. La speranza è la certezza della nostra condizione luminosa di figli di Dio, pur nel travaglio dell’esistenza mondana. In quel “purifica se stesso” stanno la fatica e la bellezza della vita cristiana. In questo resta del tutto presente quel camminare nella luce con la confessione dei nostri peccati, che ascoltavamo in 1,8-10.
Il ver.4mostra il duplice piano della condizione del peccatore: la sorgente dei peccati è l’iniquità. Vuol dire, credo, che l’iniquità è la condizione avversa a Dio che è propria del mondo e che noi sperimentiamo come presente in noi stessi, che pure siamo “figli di Dio”. I peccati sono la manifestazione di questa avversione. La purificazione di cui dice il ver.3 è appunto la necessaria incessante abiura da parte nostra dell’iniquità che troviamo presente in noi. Gesù è venuto per togliere i peccati, ed è senza peccato: Gesù è il nostro liberatore-salvatore!
Ecco allora l’esperienza che il cristiano fa. La sua presenza e il nostro “rimanere in Lui”(ver.6) ci fa partecipi di una condizione dove il peccato non ha posto. E quindi siamo partecipi della sua stessa giustizia, come ascoltiamo dal ver.7. I nostri peccati denunciano invece a noi stessi il nostro legame con il diavolo. La lotta tra il Figlio di Dio e il signore del male e della morte si riproduce in noi, con il contrasto drammatico tra la nostra condizione di figli di Dio e il dominio del male che ancora sperimentiamo. E’ come se si dovesse accettare una specie di “schizofrenìa” perchè siamo inevitabilmente e nell’una e nell’altra condizione. Ed entrambe le condizioni sono più “forti” di noi. E noi, che cosa possiamo e dobbiamo fare in tutto questo? Nel nostro brano c’è un solo verbo che sembra implicarci direttamente, quando al ver.3 dice che “chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso come egli è puro”.Credo che il seguito della Lettera ci porterà ad accostare fortemente questo verbo della purificazione al grande comando dell’amore fraterno.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!”. Ho sentito questa mattina un bel commento: non siamo nati figli di Dio, lo siamo diventati (come si dice nel prologo di Gviovanni)e dobbiamo crescere – come bambini piccoli – in questo essere figli. Il Padre si è “innamorato” degli uomini e ha pensato: E’ poco quello che vi ho dato; voglio innalzarvi alla mia stessa condizione, la condizione divina. – Colui del quale forse abbiamo avuto paura e che abbiamo considerato lontano e severo, in realtà ci ama con amore intimo, ci vuole in una relazione di affettuosa amicizia… E come rispondere a questo dono? Il figlio rassomiglia al Padre: a noi è proposto di rassomigliargli nella misericordia, nella compassione e comprensione… “Siate misericordiosi come il Padre”. O, come dice qui il v. 10, il figlio di Dio si distingue perché pratica la giustizia e ama il fratello.