13 Perciò, cingendo i fianchi della vostra mente e restando sobri, ponete tutta la vostra speranza in quella grazia che vi sarà data quando Gesù Cristo si manifesterà. 14 Come figli obbedienti, non conformatevi ai desideri di un tempo, quando eravate nell’ignoranza, 15 ma, come il Santo che vi ha chiamati, diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta. 16 Poiché sta scritto: Sarete santi, perché io sono santo.
1 Pietro 1,13-16

Il ver.13 ci conduce alla meraviglia della notte pasquale di Esodo 12 quando i nostri padri hanno mangiato la Pasqua con i fianchi cinti, cioè con le vesti raccolte ai fianchi per poter camminare – o correre – più spediti nella via della liberazione che Dio apriva loro in quella notte santa. E’ di grande importanza cogliere il cammino della fede come un grande viaggio. La fede è un viaggio. E’ l’esperienza di un grande viaggio. Così va pensata la fede, più che come una dottrina, o un grande sistema di “verità”. Si rischia di immobilizzarla, di porla fuori dalla storia delle persone e del Popolo del Signore. Pietro precisa che si tratta dei “fianchi della vostra mente”, dove “mente” non è solo la facoltà intellettuale, ma è la dinamica dell’intera persona. Tutto l’essere di ciascuno e di tutti insieme viene convocato nell’evento della fede. L’esigenza di essere “sobri” è legata al fatto che nulla e nessuno può imporsi come alternativa di seduzione, o di desiderio o di dedicazione. Ma questo, essendo il cammino della fede, è necessariamente il cammino della speranza, cioè una tensione incessante verso la grazia, cioè verso il dono di Gesù, il dono che è Gesù. Qui forse non è molto opportuna la versione italiana che proietta questa grazia “al futuro”: “vi sarà data…si manifesterà”. Si tratta in verità di un “presente” che incessantemente cammina, segue, si trasforma. La fede è camminare dietro a Gesù. Non una verità statica, ma un dono che incessantemente cresce. Il viaggio della fede non ha mai fine in questa vita, perché questa fede è l’ “esodo” che compiamo essendo stati liberati dall’ “Egitto” del male e della morte, in cammino verso la “Terra” che è la casa del Padre.
L’obbedienza della fede – “come figli obbedienti” – esige che non ci si lasci riafferrare dai “desideri di un tempo, quando eravate nell’ignoranza”(ver.14), ma che seguendo “il Santo che vi ha chiamati”, e cioè Gesù che ci ha chiamati alla salvezza con la sua Parola che è Spirito e vita nuova, noi camminiamo dietro alla sua santità, nella sua santità, per “diventare santi anche voi in tutta la vostra condotta”(ver.15). Il termine reso con “condotta” dice un “movimento”: la condotta è la “dinamica” del nostro cammino nella fede.
Un’ultima domanda, difficile: che cosa vuol dire “santo”? Suggerisco di tenere molto alto il significato, e quindi di non pretendere di “identificarlo”. “Santo” è sempre “al di là” di ogni definizione, realizzazione, condizione. Mi fa pensare all’incessante, eterna dinamica del mistero dell’Amore. L’Amore è tale se e perché incessantemente cresce.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“I fianchi cinti” fanno pensare, oltre che al viaggio, come dice don Giovanni, anche al servizio: dovrebbe essere l’atteggiamento tipico e costante del discepolo di Gesù, che si cinge per servire. In questo ci viene comunicata “quella grazia” e si compie la nostra obbedienza. – L’essere e diventare santi mi riporta alle parole del Signore: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro”; dunque, non santi o perfetti come Dio (non potremmo mai esserlo), ma come il Padre nel suo carattere misericordioso e amante degli uomini.