10 Su questa salvezza indagarono e scrutarono i profeti, che preannunciavano la grazia a voi destinata; 11 essi cercavano di sapere quale momento o quali circostanze indicasse lo Spirito di Cristo che era in loro, quando prediceva le sofferenze destinate a Cristo e le glorie che le avrebbero seguite. 12 A loro fu rivelato che, non per se stessi, ma per voi erano servitori di quelle cose che ora vi sono annunciate per mezzo di coloro che vi hanno portato il Vangelo mediante lo Spirito Santo, mandato dal cielo: cose nelle quali gli angeli desiderano fissare lo sguardo.
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Il ver.10 riprende il termine “salvezza” che un momento desidero anch’io riprendere e sottolineare, perché è parola continuamente ripetuta, di cui rischiamo di perdere lo spessore straordinario. L’istinto religioso, le reminiscenze catechetiche e soprattutto la sapienza mondana tendono a tenerci lontani dalla “salvezza” e a riproporci piuttosto una “conquista” del “posto buono”, o della coscienza “a posto”, come impegno primario della nostra vita. Pietro invece ci ricorda che tutto è “salvezza”, non opera e conquista nostra, ma potenza divina che ci strappa dai nostri mali e ci prende per mano nella vita nuova che Dio ci dona in Gesù e nel suo sacrificio d’amore. Nessuno merita e ottiene il paradiso, ma tutti siamo “salvati”. Scusate la mia forse inutile insistenza, ma questo mi sembra di capitale importanza.
Dunque, “su questa salvezza” i profeti hanno indagato e scrutato: sono molto efficaci questi “verbi forti”, che esprimono vite appassionate e interamente dedicate. Il senso e lo scopo della profezia è Gesù, il Messia, il Cristo del Signore, il Salvatore del mondo. I profeti “cercavano di sapere quale momento e in quali circostanze”(ver.11), cioè quando e come si sarebbero compiuti gli eventi della salvezza del mondo. E la profezia ha il suo apice nella rivelazione delle sofferenze e della gloria del Cristo! Una via “imprevista”, alternativa e “scandalosa” rispetto a quello che istintivamente e “filosoficamente” si pensa di Dio e della sua potenza. Una potenza attuata nella piccolezza e nella sofferenza. Una potenza qualificabile come amore piuttosto che come “potenza”, o meglio forse, come potenza dell’amore di Dio. Una “verità” che la filosofia è incapace di darci e che possiamo ricevere solo dalla storia della salvezza che Dio tesse per noi. Per ciascuno e per tutti.
Tutto questo è assolutamente attuale oggi! O meglio, tutto si è compiuto in Gesù di Nazaret, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, e tutto deve compiersi nella nostra storia, dal dono della Parola al dono dello Spirito, all’accoglienza e alla conversione al Vangelo di Gesù. L’umile diaconia dei profeti ora si compie nell’annuncio di coloro che ci hanno portato il Vangelo mediante lo Spirito Santo mandato dal cielo. La fede non è una dottrina, ma è una storia. Un’esperienza. Non è una teologia, ma una incessante conversione al Signore del Vangelo. Gli interlocutori di Pietro e della sua lettera, come vedremo meglio in seguito, sempre se Dio vorrà, sono appena entrati mediante il Battesimo nella vita cristiana. Mi permetto di dire: “come noi!”. E come ogni generazione cristiana. Il tempo non è quello di “regni cristiani”, né del “sacro romano impero”, ma è sempre il tempo del dono di Dio e della conversione del cuore e della vita di tutti.
Di tutto questo è segno ed esempio bellissimo il “desiderio” degli angeli: sono tutte cose “nelle quali gli angeli desiderano fissare lo sguardo”(ver.12). Questo “fissare lo sguardo” è un verbo che esprime la ricerca che porta a “sporgersi”, e anche a “chinarsi” per guardare e per vedere. Chiediamo al Signore la grande grazia di essere anche noi sempre nell’atteggiamento di questi angeli.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.