1 Il re Davide disse a tutta l’assemblea: «Salomone, mio figlio, il solo che Dio ha scelto, è giovane e inesperto, mentre l’impresa è grandiosa, perché l’edificio non è per un uomo ma per il Signore Dio. 2 Con tutta la mia forza ho fatto preparativi per il tempio del mio Dio; ho preparato oro su oro, argento su argento, bronzo su bronzo, ferro su ferro, legname su legname, ònici, brillanti, topazi, pietre di vario valore e pietre preziose e marmo bianco in quantità. 3 Inoltre, per il mio amore per il tempio del mio Dio, quanto possiedo in oro e in argento lo dono per il tempio del mio Dio, oltre a quanto ho preparato per il santuario: 4 tremila talenti d’oro, d’oro di Ofir, e settemila talenti d’argento raffinato per rivestire le pareti interne, 5 l’oro per gli oggetti in oro, l’argento per quelli in argento e per tutti i lavori eseguiti dagli artefici. E chi vuole ancora riempire oggi la sua mano per fare offerte al Signore?». 6 Fecero allora offerte i capi di casato, i capi delle tribù d’Israele, i comandanti di migliaia e di centinaia e i sovrintendenti agli affari del re. 7 Essi diedero per l’opera del tempio di Dio cinquemila talenti d’oro, diecimila dàrici, diecimila talenti d’argento, diciottomila talenti di bronzo e centomila talenti di ferro. 8 Quanti si ritrovarono in possesso di pietre preziose le diedero nelle mani di Iechièl il Ghersonita, perché fossero depositate nel tesoro del tempio del Signore. 9 Il popolo gioì per queste loro offerte, perché erano fatte al Signore con cuore sincero; anche il re Davide gioì vivamente.
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La categoria del ”sovrumano” è importante nell’antropologia ebraico-cristiana, ma lo è in modo opposto a quello che caratterizza la mondanità, che concepisce il “sovrumano” come la dote speciale di individui speciali. Invece, come si vede bene nel nostro testo, è sovrumana l’opera e la storia alla quale si è chiamati, e di fronte alla quale siamo tutti come è Salomone, “giovane e inesperto”. Si tratta quindi di un “compito”, ma bisogna dire dell’ “impresa” stessa della nostra vita, della nostra storia, molto più grande di noi. Ed è interessante pensare a quello che, in concreto, Salomone doveva realizzare, e cioè la costruzione del tempio. Anche noi, in certo senso, dobbiamo edificare in noi stessi e nella nostra storia, una casa per il Signore nella nostra persona e nella nostra storia personale e comune.
Data l’immensità dell’impresa e data la sproporzione con la nostra persona e le nostre forze, questo avverrà e sarà possibile solo per un’immensa raccolta di risorse. Tali risorse Salomone non può che riceverle che dalla carità larghissima di chi gli è vicino, a partire da suo padre, ma coinvolgendo poi l’intero popolo che gli è intorno. E’ un’immagine molto efficace di quell’immenso patrimonio di bene che ognuno di noi riceve – o dovrebbe ricevere! – per l’edificazione di questa abitazione del Signore che è la sua persona, e che è la sua stessa vita. Al contrario della retorica dell’eroico “self-made men”, ognuno di noi il bene lo riceve da chi lo ama, a partire dal Padre, come lo è per Salomone per quello che riceve da Davide, e poi da tanti altri che suo padre invita alla stessa larga generosità. Tale è la misteriosa e meravigliosa immagine della vita di ciascuno di noi! Una vita meravigliosa, resa possibile dall’immenso amore dal quale siamo stati circondati e nutriti.
Ed è bellissimo constatare che chi ci vuole bene e ci dona il suo amore, lo fa come per “fare offerte al Signore”(ver.5). Infatti, nell’unico comandamento dell’amore, chi ci vuole bene e ci fa del bene, amando noi come il suo prossimo, ama Dio! Infatti tale costruzione, dice ancora Davide, “non è per un uomo, ma per il Signore Dio”(ver.1). E il nostro testo esalta la carità di tutti intrecciandola con la gioia. Il dare non ha niente di malinconico e di stretto, ma è sincero e lieto, come ci dice il ver.9. Dunque, una descrizione splendida della nostra vita fraterna, e dell’amore reciproco che la caratterizza. Se qualcuno pensasse che questa “lettura” del testo rischia di essere pretenziosa e irreale, può ricordare che tutta questa meraviglia non viene da nessuno da noi, ma solo dall’amore di Dio che è stato riversato in noi da Gesù, il Figlio amato.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Quanto amore, in Davide, per il tempio del suo Dio! Lo stesso amore che noi dovremmo avere per ognuno di noi, per ogni persona, divenuta ormai santa abitazione di Dio. A questo punto, che dire? Rileggere il bellissimo commento di don Giovanni e farne tesoro.