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1 Febbraio 2004

IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

 

 

Luca 4,21-30

21 In quel tempo, Gesù prese a dire nella sinagoga: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi».

22 Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è il figlio di Giuseppe?». 23 Ma egli rispose: «Di certo voi mi citerete il proverbio: Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fàllo anche qui, nella tua patria!». 24 Poi aggiunse: «Nessun profeta è bene accetto in patria. 25 Vi dico anche: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; 26 ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone. 27 C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro».

28 All’udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; 29 si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio. 30 Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.

 

1) Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi: questo versetto concludeva il vangelo di domenica scorsa, quando Gesù, nella sinagoga di Nazaret, sotto lo sguardo attento di tutti i presenti, aveva letto il brano del profeta Isaia. Era stato un momento bellissimo: la Parola si era adempiuta nelle loro orecchie ed anche nei loro occhi, perché Gesù era finalmente lì con loro.

2) Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati per le parole di grazia che uscivano dalla sua bocca: c'è già tutto il dono di Dio; lo stupore diventa meraviglia, come accade ad Elisabetta quando riceve il saluto di Maria; ricorda anche le parole delle guardie in Gv 7,46: Mai un uomo ha parlato come parla quest'uomo!

3) Non è costui il figlio di Giuseppe?: l'identità di Gesù è un problema per i suoi concittadini, in quanto svela l'inaspettata piccolezza del Figlio di Dio.

4) Di certo mi citerete il proverbio: Medico cura te stesso: Gesù sa che per l'uomo è difficile ammettere di essere malato. Gesù non cura attraverso prodigi, non è un mago, ma è un figlio ubbidiente, che compie la volontà e le opere del Padre.

5) Nessun profeta è ben accetto nella sua patria: la cattiva accoglienza degli abitanti di Nazaret, patria di Gesù, prefigura il rifiuto di Gesù da parte del suo popolo e allo stesso tempo apre la prospettiva della sua accoglienza da parte dei pagani.

6) Vi dico anche...: nella Vulgata è In verità vi dico. E' la prima volta che Gesù usa quest'inizio solenne e lo fa per riportare i due episodi di Elia ed Eliseo; in entrambi i casi i beneficiati sono persone straniere e con questo Gesù vuol far capire che è venuto per tutti.

7) All'udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno: le parole di Gesù, in particolare la citazione dei due episodi di Elia ed Eliseo, scandalizzano i suoi concittadini, che dall'ammirazione passano rapidamente allo sdegno e al proposito di gettarlo giù dal precipizio; si prefigura così la sua Passione.

8) Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò: Gesù, se non viene accolto, se ne va silenziosamente. Il verbo greco usato per andare sembra indicare un movimento di Gesù, che non si arresterà, fino a Gerusalemme.

 

 

Geremia 1,4-5.17-19

Nei giorni del re Giosìa, 4 Mi fu rivolta la parola del Signore:

5 «Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, | prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; | ti ho stabilito profeta delle nazioni.

17 Tu, dunque, cingiti i fianchi, | alzati e dì loro tutto ciò che ti ordinerò; | non spaventarti alla loro vista, | altrimenti ti farò temere davanti a loro.

18 Ed ecco oggi io faccio di te | come una fortezza, | come un muro di bronzo | contro tutto il paese, | contro i re di Giuda e i suoi capi, | contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. | 19 Ti muoveranno guerra ma non ti vinceranno, | perché io sono con te per salvarti».

 

1) Questo testo apre il libro del profeta Geremia: dopo un'introduzione (vv.1-3 non compresi nel testo liturgico), che colloca l’evento della Parola nella storia degli uomini, Geremia racconta la propria vocazione.

2) Nei giorni del re Giosia, mi fu rivolta la parola del Signore (lett. e fu la parola del Signore verso di me dicendo): al contrario di quanto avviene per altri grandi profeti (Isaia ed Ezechiele), per Geremia la vocazione non corrisponde ad una visione, ma all'ascolto di una parola da parte di Dio. La traduzione letterale sopra citata mette in evidenza proprio questo "incontro" tra Dio e l’uomo attraverso la parola. Cfr. Dt 4,12: Il Signore vi parlò dal fuoco; voi udivate il suono delle parole, ma non vedevate alcuna figura; vi era soltanto una voce.

3) Prima di formarti nel grembo materno ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce ti avevo consacrato: al principio non vi sono le decisioni o i meriti dell’uomo, ma la scelta di Dio, che conosce e consacra. Cfr. Dt 7,6: Tu sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio… Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli - siete infatti il più piccolo di tutti i popoli -, ma perché il Signore vi ama.

4) Ti ho stabilito (lett. ti ho dato) profeta delle nazioni: il profeta è consegnato, dato alle genti, perché porti loro la Parola (v. 17: dì loro tutto ciò che ti ordinerò). Egli deve andare da quelli ai quali essa è destinata, cercandoli nel luogo in cui essi vivono.

5) Io sono con te per salvarti: questa espressione è ripetuta nei LXX anche alla fine del v. 17 e al v.8 (non compreso nel testo liturgico) e significa l'assicurazione da parte del Signore a Geremia di rimanere sempre con lui (v.8: non temerli, perché io sono con te per proteggerti). E’ una promessa che frequentemente il Signore fa a coloro che sceglie e manda: a Mosè (Es 4,12 Ora và! Io sarò con la tua bocca e ti insegnerò quello che dovrai dire), a Giosuè (Gs 1,9 Non ti ho comandato: Sii forte e coraggioso? Non temere dunque e non spaventarti, perché è con te il Signore tuo Dio, dovunque tu vada), ai discepoli di Gesù (Mt 28,20 Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo).

 

1 Corinzi 12,31 - 13,13

Fratelli, [31 aspirate ai carismi più grandi! E io vi mostrerò una via migliore di tutte

1 Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.

2 E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla.

3 E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova.]

4 La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, 5 non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, 6 non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. 7 Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.

8 La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. 9 La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. 10 Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà.

11 Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l’ho abbandonato. 12 Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto.

13 Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!

 

1) Aspirate ai carismi più grandi (lett. agognate): l’apostolo comanda di cercare con tutte le forze il dono del Signore per trovare, nel Suo dono, il Signore stesso. Cfr. Mt 20,20: Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedeo per chiedergli qualcosa… Dì che questi miei figli siedano uno alla tua destra ed uno alla tua sinistra nel tuo regno.

2) Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità…La carità (in greco agape, in latino caritas) è l’amore di Dio riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rom. 5,5); questo amore si è manifestato pienamente nel sacrificio di Cristo: mentre eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi (Rom 5,6) ed alimenta l’amore fraterno: Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amato (Gv 13,34). Carità è l’annunzio del Vangelo del Signore: Alcuni predicano Cristo… Questi lo fanno per amore (Fil 1,15), amore che giudica ogni altra parola: se anche noi stessi o un angelo del cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anatema (Gal 1,8).

3) Se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri… ma non avessi la carità… : il dono della profezia è uno più importanti: Aspirate ai doni dello Spirito, soprattutto la profezia (1Cor 14,1). Tuttavia la profezia, per quanto utile per l’edificazione di tutti, può non giovare a chi la pronunzia: Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome?… Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuto (Mt 8,22).

4)e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne… e distribuissi tutte le mie sostanze... e dessi il mio corpo per essere bruciato (o, secondo altri manoscritti, per trovare gloria), ma non avessi la carità... : in modo quasi provocatorio Paolo qui cita tutti atteggiamenti e precetti evangelici (Mt 17,20. Lc 12,33. 22,29); neppure essi giovano a chi li opera, se non provengono dall’amore (cfr. Mt 12,30: Chi non raccoglie con me disperde).

5) La carità è paziente… non tiene conto del male ricevuto (lett. non calcola il male), … tutto sopporta: la carità viene qui descritta come una persona, la persona di Gesù. Cfr. Lc 23,34: Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno.

6) La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno… La nostra conoscenza è imperfetta (lett. parziale) e imperfetta la nostra profezia. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà: il termine “perfetto” in greco è espresso con un vocabolo che significa il raggiungimento di un fine ed in senso temporale ciò che arriva sino alla fine, che è duraturo; è usato quando Gesù sulla croce afferma che "tutto è compiuto" (Gv 19,30). E’ dunque la Pasqua del Signore l’evento che stabilisce la gerarchia fra i carismi.

7) Quando ero bambino ragionavo da bambino… Ma divenuto uomo ciò che era da bambino l’ho abbandonato: vi è una pedagogia divina per la quale si ha una progressiva crescita nella carità; cfr. 1Cor 3,1 Non ho potuto parlare a voi come a uomini spirituali, ma… come a neonati in Cristo.

8) Queste le tre cose che rimangono: fede, speranza e carità; ma di tutte più grande è la carità: qui il confronto fra la carità e le altre virtù teologali non è espresso in termini temporali (tutte permangono), ma è affermata la superiorità della carità. Essa dipende dalla sua connessione con l’essere stesso di Dio: siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5,46-47), in Cristo Gesù non è la circoncisione che conta…, ma la fede che opera per mezzo della carità (Gal 5,6).

 

 

 

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

 

È di straordinaria importanza l'inserzione dell'"Inno all'Amore" di 1Co 13 tra i testi biblici di questa domenica. In realtà essa può sembrare piuttosto estrinseca in un primo momento; anche perché come sapete la seconda lettura segue normalmente un suo corso di quasi-continuità, senza preoccuparsi di un collegamento con il testo evangelico e con la prima lettura. In realtà, proprio a motivo della perfetta unità di tutta la Scrittura, capita sovente di ricevere un aiuto straordinario e imprevisto proprio da quella Parola che si rende presente senza intenzioni particolari. Ed è veramente il caso di oggi, come vi dicevo.

Ci viene data infatti in questo modo una "definizione" straordinaria della Parola di Dio, soprattutto nell'orizzonte tematico di questa Domenica, che, riprendendo in rigorosa continuità il tema della domenica scorsa, al punto che il primo versetto del brano evangelico di oggi è l'ultimo versetto del testo evangelico di una settimana fa, oggi ci parla non tanto e non solo della Parola, quanto piuttosto del suo "dramma", della sua storia difficile e splendida nell'avventura dell'umanità, in ogni cuore e in tutta la creazione.

Dunque l'Inno all'Amore ci ricorda che il Vangelo è l'Amore stesso di Dio per l'umanità. L'Amore è il soggetto della Parola, cioè è l'Amore di Dio che in Cristo, Verbo del Padre, si piega sulla vicenda umana, e l'Amore è l'oggetto del Vangelo che è la memoria e la perfetta attualità dell'Amore di Dio tra gli uomini, espresso e donato in ogni parola e in ogni opera di Dio. Ma, proprio per questo, la Parola di Dio s'incontra e si scontra con la nostra fatica a riceverla e ad accoglierla: è Parola di Dio e non di uomo; e davanti a questa Parola, come davanti a Dio, non si può che morire, proprio come affermano le memorie delle antiche teofanìe di Dio; e ancora: questa stessa Parola non può che essere "uccisa" dagli uomini, non può che "morire" dentro la loro storia, come ci dice la Pasqua del nostro Signore. E noi stessi, infatti, non potremo che "morire" in essa per risuscitare con questa stessa Parola che è il Cristo morto e risorto in mezzo a noi e nei nostri cuori. La Parola di Dio non può essere in nessun modo "utilizzata", neppure per la più nobile impresa, perché essa non solo è "nella" storia, ma anche "la crea".

Di questo dramma della Parola sottolineiamo due aspetti presenti nelle Scritture di oggi. Il primo è lo "scandalo" della piccolezza, quello che va dalla paura di Geremia al rifiuto di Cafarnao nei confronti di questo compaesano stranamente potente e inevitabilmente strano. Come può Dio raccogliersi non solo nella "piccolezza" della Parola, ma addirittura nella "piccolezza" di un uomo, e per giunta nella modestia del "figlio di Giuseppe"? Come è possibile accettare che proprio "qui" sia presente tutta la potenza e tutta la sapienza di Dio? Il secondo "dramma" della Parola è la sua "grandezza", la sua "universale libertà", l'impossibilità di contenerla in una cultura, in una tradizione, in una religione, in maniera che sia infine possibile in qualche modo possederla e gestirla. Secondo alcuni, ne va’ della sua stessa esistenza; perché, se questa Parola è veramente per tutti e senza condizione di alcun tipo, e la destinazione che il Cristo le assegna verso i peccatori e gli stranieri ne è la dimostrazione concreta ed efficace, come potrà "difendersi" senza un "sistema" di riconoscimento, di confronto e di appartenenza?

Ma è ancora la Parola come Amore di Dio a mostrare la sua peculiarità rispetto a tutte le parole e le opere degli uomini. Il miracolo perenne della Parola è che essa non si identifica con nessuna cultura , ma entra in ogni cultura, come in ogni cuore e in ogni tempo, giudica e modifica ogni cuore e ogni pensiero, e risplende "da" ogni cuore e "da" ogni pensiero da essa visitato e salvato.