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2 Maggio 2004

DOMENICA IV DI PASQUA (ANNO C)

 

Giovanni 10,27-30

27 In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. 28 Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano. 29 Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio. 30 Io e il Padre siamo una cosa sola».

 

1) Gesù, nei versetti precedenti di questo capitolo di Giovanni, si è presentato come il pastore buono che, a differenza dei cattivi pastori di cui parlano i profeti (Ez 34, Zc 11), raduna le pecore perdute rivolgendosi anche a quelle fuori dall’ovile e offre la vita per loro.

2) Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono: la conoscenza che intercorre tra le pecore e il pastore è la stessa che intercorre tra il Padre e il Figlio (vv. 14-15: Io sono il buon pastore , conosce le mie pecore e le pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre). La voce del pastore esprime la Parola del Padre; è la stessa che trae Lazzaro dalla morte alla vita (Gv 11,43).

3) Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano: il legame che si stabilisce tra il pastore e le pecore le rende partecipi della vita eterna che Gesù, mandato dal Padre, è venuto a donare loro, non le esenta dalle tribolazioni (ci sono i mercenari, i lupi… ), ma le custodisce nell'amore del Padre. Gesù offre la sua vita perché sa che le pecore appartengono al Padre, da Lui gli sono state affidate e nessuna andrà perduta.

4) Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio: il Signore si fa piccolo, rimettendosi alla volontà del Padre e ponendo le pecore e lui stesso nella sua mano che appare ancor più dilatata e potente.

5) Io e il Padre siamo una cosa sola: la relazione di perfetta comunione che lega il Padre e il Figlio include anche coloro che il Padre affida al Figlio. (Cfr. Gv 17,22-23: la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola, io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me).

 

 

Atti 13,14.43-52

14 In quei giorni, Paolo e Barnaba, attraversando Perge, arrivarono ad Antiochia di Pisidia ed entrati nella sinagoga nel giorno di sabato, si sedettero.

43 Molti Giudei e proseliti credenti in Dio seguirono Paolo e Barnaba ed essi, intrattenendosi con loro, li esortavano a perseverare nella grazia di Dio.

44 Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola di Dio. 45 Quando videro quella moltitudine, i Giudei furono pieni di gelosia e contraddicevano le affermazioni di Paolo, bestemmiando. 46 Allora Paolo e Barnaba con franchezza dichiararono: «Era necessario che fosse annunziata a voi per primi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco noi ci rivolgiamo ai pagani. 47 Così infatti ci ha ordinato il Signore:

“Io ti ho posto come luce per le genti,

perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra”».

48 Nell’udir ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola di Dio e abbracciarono la fede tutti quelli che erano destinati alla vita eterna.

49 La parola di Dio si diffondeva per tutta la regione. 50 Ma i Giudei sobillarono le donne pie di alto rango e i notabili della città e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Barnaba e li scacciarono dal loro territorio. 51 Allora essi, scossa contro di loro la polvere dei piedi, andarono a Icònio, 52 mentre i discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo.

 

1) Paolo, con Barnaba (4,36), sta compiendo il suo primo viaggio tra le Genti in un territorio che corrisponde oggi al sud della Turchia. I due hanno in un primo tempo con loro anche Giovanni, detto Marco (12,25), che poi si separa da loro (13,13).

2) Entrati nella sinagoga nel giorno di sabato… : Paolo e Barnaba non rinnegano le istituzioni del popolo ebraico e così rassicurano i loro fratelli ebrei sulla loro fedeltà alle tradizioni dei padri; anche Gesù fa lo stesso raccomandando al lebbroso guarito di far tutto secondo la legge di Mosè, a testimonianza per loro (Mc 1,44).

3) Quando videro quella moltitudine, i Giudei furono pieni di gelosia: è la reazione che Paolo descrive nella lettera ai Romani come parte di un provvidenziale disegno di Dio (11,13: come apostolo dei Gentili, io faccio onore al mio ministero, nella speranza di suscitare la gelosia di quelli del mio sangue e di salvarne alcuni).

4) Era necessario che fosse annunziata a voi per primi la Parola di Dio: Paolo ricorda il privilegio dell'elezione d'Israele; non è un'elezione che esclude gli altri popoli, ma un disegno che prevede la funzione di Israele come "primizia" di una salvezza destinata a tutti.

5) Io ti ho posto come luce per le Genti, perché tu porti (lett. tu sia) la salvezza sino all'estremità della terra: con questa citazione di uno dei canti del Servo di Isaia gli apostoli attribuiscono in via iniziale a Israele, in pienezza al Cristo e infine a loro stessi la missione di portare la luce e la salvezza a tutti gli uomini, senza più alcuna esclusione.

 

 

Apocalisse 7,9.14-17

9 Dopo ciò, apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani.

14 E uno degli anziani disse: «Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello.

15 Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo santuario; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro.

16 Non avranno più fame, | né avranno più sete, | né li colpirà il sole, | né arsura di sorta, | 17 perché l’Agnello che sta in mezzo al trono | sarà il loro pastore | e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio tergerà ogni lacrima dai loro occhi».

 

1) Nei versetti che precedono il testo liturgico, Giovanni ha una visione riguardante il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila, segnati da ogni tribù dei figli di Israele (v 4); la cifra totale simboleggia la pienezza del popolo di Dio.

2) Dopo ciò apparve una moltitudine immensa che nessuno poteva contare: è l’adempimento delle promesse fatte da Dio ad Abramo sulla sua discendenza (Guarda il cielo e conta le stelle, se riesci a contarle… tale sarà la tua discendenza Gen 15,5).

3) Di ogni nazione, razza, popolo e lingua: è il nuovo popolo, formato da uomini provenienti da ogni parte della terra, frutto abbondante della Pasqua del Signore e del suo vangelo (Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura Mc 16,15).

4) Tutti stavano in piedi davanti al trono e all’Agnello, avvolti in vesti candide e portavano palme nelle mani: è un’assemblea liturgica; le vesti candide richiamano quella del giovane seduto sulla destra… vestito di una veste bianca, che le donne vedono nel sepolcro (Mc 16,5) e anche la veste data a quelli che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che avevano resa all’Agnello (Ap 6,11).

5) Essi sono coloro che sono passati (lett. che vengono) attraverso la grande tribolazione: Gesù l’aveva preannunciata (Vi sarà una tribolazione grande, quale mai avvenne dall’inizio del mondo fino ad ora, né mai più ci sarà Mt 24,21) ed è quella della passione di Gesù, alla quale ogni credente è chiamato a prendere parte (Lo Spirito Santo mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni At 20,23; è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio At 14,22). Di sé l’evangelista dice: Io Giovanni, vostro fratello e vostro compagno nella tribolazione, nel regno e nella costanza in Gesù (Ap 1,9).

6) Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio: è il verbo dell’adorazione resa a Dio solo. Per questo Israele è stato portato fuori dall’Egitto (At 7,7: potranno uscire e mi adoreranno su questo monte); per questo i sacerdoti entrano nella prima tenda per celebrarvi il culto, ma questo servizio, che è una copia e un’ombra delle realtà celesti (Eb 8,5), è ormai celebrato in pienezza e sempre (giorno e notte) dai redenti.

7) L’agnello che sta in mezzo al trono sarà il loro pastore: il Cristo risorto e glorioso, che sulla terra ha chiamato gli uomini “sue pecorelle” e che Giovanni Battista aveva indicato come l’“Agnello di Dio che toglie i peccati dal mondo”, è adesso tanto l’Agnello quanto il Pastore.

 

 

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

 

Il tema privilegiato di questa domenica è il tema dell'elezione. Tema delicatissimo, caratterizza la fede e la sapienza ebraico-cristiana, e sovente la contrappone sia alle altre ipotesi di interpretazione religiosa della vita, sia anche alle sapienze laiche nate da radici cristiane, ma che proprio su questo punto capitale divergono e respingono la tesi dell'elezione. Per noi, appunto, si tratta di un tema irrinunciabile. Dall'elezione di Israele alla predilezione assoluta del Padre nei confronti di Gesù Cristo, questa è la nota forte della nostra fede.

Normalmente il tema dell'elezione viene esaminato da una prospettiva sbagliata, che è quella di una certa "preoccupazione" verso gli eventuali non-eletti. Di loro che ne è?

Il modo giusto è quello invece di ascoltare con attenzione le parole di Gesù nel testo evangelico di oggi, dove si apre uno squarcio sul dialogo tra Dio e il suo Cristo nell'immagine del pastore e delle pecore, dove veniamo a sapere di essere il gregge di Dio, coloro che il Padre "ha dato" al Figlio, le pecore che "non andranno mai perdute", perché, dice Gesù, "nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio". Questa vertiginosa notizia, che mette in questione tra l'altro molti modi di interpretare e di indirizzare la vita della gente, è l'esplicitazione dell'elezione, il nostro "venire a sapere" che l'amore di Dio in Cristo ci ha salvati e chiamati; il Cristo è il Pastore buono della nostra vita e ci conduce da questo mondo al Padre. Non abbiamo fatto niente per meritare e conquistare questa situazione; essa è rigorosamente puro dono di Dio, inspiegabile atto della sua misericordia.

Il problema non è quello degli eventuali esclusi; infatti ognuno che semplicemente legga e consideri le parole del Signore, "viene a sapere" la sua straordinaria vicenda, pensata da Dio per lui fin dalla fondazione del mondo! Uno può non crederci, o rifiutarla; ma di fatto è così! In Cristo l'intero genere umano, come pure l'intero cosmo, è stato riscattato dal male e dalla morte ed è stato orientato verso la salvezza e la pace di Dio. Il problema si pone quando, rifiutando questa assoluta gratuità dell'elezione, si trasforma in possesso esclusivo la propria situazione, rifiutando che essa sia partecipata ad altri: è il caso di quegli ebrei gelosi citati dal testo degli Atti. Ma questo è purtroppo solo il paradigma di infinite "esclusioni" che si affermano persino all'interno della comunità cristiana.

Contro questo dramma risplende la bellezza di quella "moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e tribù", dove gli eletti del Signore lo glorificano in una lode senza fine, e "l'Agnello sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita". La Chiesa è la primizia di questa moltitudine, più grande di ogni calcolo che di essa si possa fare. Il mistero che da Gesù in poi è dentro ad ogni uomo e ad ogni donna della terra è l'elezione divina che fa di ogni creatura umana un figlio eletto nella predilezione dell'unico Figlio di Dio. Fuori da qui, è inevitabile che si ricostruiscano anche all'interno delle democrazie più pretestuosamente aperte, come nell'orizzonte delle culture programmaticamente più tolleranti, gerarchie, ortodossie, superiorità culturali, ed elites spirituali... e quindi divisioni, esclusioni, aggressioni...

Nella prospettiva del Padre di Gesù Cristo, nel cui sangue tutta l'umanità è stata immersa, non ci sono più né meriti, né privilegi. E se vi venisse in mente di obiettare che allora qui si naufraga in un indistinto dove male e bene sono annegati in un'unica marmellata, provate a verificare due esigenze. La prima è che l'annuncio del Vangelo possa abbattere la violenza nella quale oggi ci dibattiamo a tutti i livelli e in tutte le terre e in tutti i cuori: ma l'impresa è colossale e spesso noi cristiani per primi ne siamo poco convinti! L'altra esigenza è che ci si accorga che, al di là di tutte le retoriche, la non chiarezza in ordine al tema dell'elezione cristiana come adempimento della profezia ebraica, continua a provocare la morte dell'innocente, la violenza di morte esercitata sui più piccoli e sui più poveri; proprio quello che l'Agnello innocente è venuto a togliere ponendo se stesso come vittima di salvezza e di pace. Secondo il testo dell'Apocalisse che oggi celebriamo, è solo questo Agnello che può proporsi come Pastore per tutte le genti e per tutti i cuori.

 

 

 

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