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17 Ottobre 2004

XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

 

 

Luca 18,1-8

1 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi: 2 «C’era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. 3 In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. 4 Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, 5 poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi». 6 E il Signore soggiunse: «Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. 7 E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare? 8 Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

 

1) Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi: la preghiera, come è concepita dal popolo di Israele, è un continuo colloquio con Dio che ascolta ed esaudisce (cfr. Sal 3, 5: al Signore innalzo la mia voce e mi risponde dal suo monte santo), è animata da un saldo sentimento di fiducia (cfr. Sal 17, 7: Nel mio affanno invocai il Signore, nell’angoscia gridai al mio Dio: dal suo tempio ascoltò la mia voce, al suo orecchio pervenne il mio grido). Questo colloquio con Dio può arrivare perfino ad una vera e propria disputa con Lui, come nel caso dell’intercessione di Abramo per Sodoma e Gomorra o della preghiera di Mosè dopo l’episodio del vitello d’oro .

La preghiera incessante (cfr. Rm 12,12: Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera…) consegna tutta la vita , tutto il tempo, alla speranza e alla letizia per l’immancabile ritorno del Signore e per la consapevolezza della sua presenza viva e operante in ognuno, già da ora, in ogni momento (cfr. Sal 138, 5: Alle spalle e di fronte mi circondi e poni su di me la tua mano).

2) C’era in una città un giudice che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario: in Lc 11 in occasione dell’insegnamento ai discepoli sulla preghiera del Padre nostro e sull’efficacia della preghiera Gesù dice esplicitamente che anche chi è cattivo sa dare cose buone a chi gliele chiede con insistenza, e dunque tanto più il Padre, che conosce ciò di cui abbiamo bisogno ancor prima che lo domandiamo.

3) Vi dico che farà loro giustizia prontamente: il Signore agisce in fretta. L’invito è ad  avere fiducia, a chiedere con passione, a non stancarsi di parlare con il Padre, a non interrompere mai questo dialogo e a domandare a Dio gli occhi della fede per cogliere l’avvenire del suo regno sulla terra ogni giorno.

4) Ma il Figlio dell’uomo quando verrà troverà la fede sulla terra?: Senza la fede in Gesù è difficile accorgersi della sua venuta. Chi continuamente parla e vive con Lui non dovrà temere al suo ritorno. Sarà finalmente il compimento e la pienezza di una storia d’amore cominciata molto prima di noi (cfr. 1Cor.13,12: Ora conosco in parte, allora conoscerò perfettamente come anch’io sono conosciuto).

 

 

Esodo 17,8-13

8 In quei giorni, Amalek venne a combattere contro Israele a Refidim. 9 Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalek. Domani io starò ritto sulla cima del colle con in mano il bastone di Dio». 10 Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalek, mentre Mosè, Aronne, e Cur salirono sulla cima del colle. 11 Quando Mosè alzava le mani, Israele era il più forte, ma quando le lasciava cadere, era più forte Amalek. 12 Poiché Mosè sentiva pesare le mani dalla stanchezza, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. 13 Giosuè sconfisse Amalek e il suo popolo.

 

1) Amalek venne: Amalek è termine collettivo. Sta ad indicare tribù nomadi che dimoravano nel deserto del Negheb (a nord del Sinai) e ne controllavano le piste carovaniere. A partire da questo primo scontro, la relazione con Israele fu sempre di aperta e reciproca inimicizia. (cfr. Dt 25,17s: Ricordati di ciò che ti ha fatto Amalek…come ti assalì… e aggredì…mentre tu eri stanco e sfinito…).

2) Scegli alcuni uomini: (lett. nella versione dei Settanta: uomini forti). Questo episodio segue immediatamente il miracolo della manna e dell’acqua scaturita dalla roccia. Origene osserva che prima di questi due episodi non si raccontano combattimenti del popolo, ed anzi in Es 14,14 era stato detto: Il Signore combatterà per voi. È il pane celeste dunque, cioè la Parola di Dio, e l’acqua viva della Sua sapienza che ci preparano a sostenere il combattimento spirituale, la buona battaglia della vita cristiana.

3) Con in mano il bastone di Dio: è la verga di Dio, con la quale Mosè ha operato prodigi in Egitto, ha diviso le acque del mare, ha fatto scaturire acqua dalla roccia. La verga è il segno della presenza di Dio. Tutto il senso del testo è attribuire il combattimento e la vittoria non a Giosuè - la guida militare - e nemmeno a Mosè - l’intercessore - ma a Dio stesso (cfr. la chiusa del testo al v 16: Una mano si è levata sul trono del Signore: vi sarà guerra del Signore contro Amalek di generazione in generazione. Nella versione dei Settanta: con mano nascosta combatte il Signore con Amalek di generazione in generazione).

4) Salirono sulla cima del colle. Quando Mosè alzava…: il salire indica nel linguaggio biblico l’andare incontro a Dio, l’alzare le mani è il gesto della preghiera e del sacrificio: Come incenso salga a te la mia preghiera, le mie mani alzate come sacrificio della sera (Sal 140,2).

5) Quando Mosè alzava le mani, Israele era il più forte…: a motivo della stretta relazione che il testo stabilisce tra la vittoria militare e il gesto di supplica, lo scontro assume il carattere di una guerra santa. Da altri passi della Scrittura possiamo però bene intendere chi è per noi il nemico da sconfiggere (cfr. Ef 6,17: La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti).e in che modo dobbiamo combattere (cfr. 1Tm 2,8:  Voglio dunque che gli uomini preghino, dovunque si trovino, alzando al cielo mani pure e senza contese).

6) Aronne e Cur…sostenevano le sue mani…le sue mani rimasero ferme fino al tramonto: Molte volte è la carità fraterna che soccorre la nostra debolezza e ci permette di perseverare nella preghiera e restare fermi, fedeli dinanzi al nostro Signore.

 

 

2 Timoteo 3,14-4,2

314 Carissimo, rimani saldo in quello che hai imparato e di cui sei convinto, sapendo da chi l’hai appreso 15 e che fin dall’infanzia conosci le sacre Scritture: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene per mezzo della fede in Cristo Gesù. 16 Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona. 41 Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: 2 annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina.

 

1) rimani saldo: lett. rimani: Paolo esorta a rimanere, cioè a perseverare nella fede, dandone spiegazione nei versetti seguenti.

2) in quello che hai imparato e di cui sei convinto: in greco “hai imparato” è il verbo che dà origine alla parola “discepolo”(cioè colui che impara) ed è ripetuto anche alla fine di questo v. nell’espressione da chi l’hai appreso a sottolineare l’importanza di avere buoni maestri di cui essere discepoli.

3) fin dall’infanzia conosci le sacre Scritture: è bello dare questo regalo anche ai nostri bambini!

4) possono istruirti per la salvezza: lett. hanno la potenza di farti sapiente per la salvezza: questa sottolineatura esprime la potenza della Parola della Scrittura che non solo istruisce ma rende sapienti secondo Dio.

5) i vv. 16-17 sono un compendio mirabile sullo scopo della Parola di Dio (insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia…perché l’uomo di Dio sia ben completo e preparato per ogni opera buona) e insieme a Rm15, 4-5 danno una spiegazione fondamentale sull’importanza delle sacre Scritture: tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione, perché in virtù della perseveranza e della consolazione che ci vengono dalle scritture teniamo viva la nostra speranza. E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti ad esempio di Cristo Gesù.

6) perché l’uomo di Dio sia completo (lett. ben adattato) perfettamente tale quale è bene che sia: questa parola si ritrova in Luca 6, 40 per dire che questa tensione di adattamento e preparazione è per conformarsi al maestro: il discepolo non è da più del maestro; ma ognuno ben preparato sarà come il suo maestro.

7) Nei vv.1-2 sono strettamente uniti la necessità dell’annuncio, il giudizio e la salvezza: cfr. At 10, 42–43: (Gesù) ci ha ordinato di annunciare al popolo e di attestare che Egli è il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio. Tutti i profeti gli rendono questa testimonianza: chiunque crede in Lui ottiene la remissione dei peccati per mezzo del suo nome”: anche nel suo saluto agli anziani di Efeso in At 20, 27 Paolo sottolinea di non essersi sottratto al compito di annunziarvi tutta la volontà di Dio per la salvezza di tutti.

 

 

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

 

Fare della debolezza la nostra vera forza. Fare della preghiera la nostra potenza presso Dio. Fare della Sacra Scrittura il nostro orizzonte sapienziale. Fare dell'annuncio evangelico la nostra quotidiana comunicazione con le donne e gli uomini che incontriamo. Questi sono in sintesi i grandi "capitoli" di questa domenica, affidata alla silenziosa intercessione di Mosè, alla fede sapiente e feconda di Paolo e di Timoteo, e al grido sponsale della vedova del Vangelo.

Vigiliamo a che Dio non diventi un dèmone muto e assente. A Lui piace essere coinvolto nella nostra storia, e per noi questo coinvolgimento è decisivo: abbandonàti alla nostra solitaria fragilità, siamo perduti. In Lui e con Lui tutto risorge. Ogni mattino ognuno si ritrova davanti il suo Amalek minaccioso, imbattibile dalle nostre deboli forze; ma Cristo ha portato a pienezza le braccia profetiche di Mosè consegnando le sue braccia al legno della Croce, e per la sua eterna intercessione crocifissa, Amalek, magari conciandoci per le feste, se ne deve infine andare sconfitto.

Ogni tanto qualcuno mi dice: "sono inchiodato alla mia situazione". Bene, così deve essere, perché la battaglia quotidiana dei nostri fratelli e dei nostri figli ci inchioda alla Croce di Gesù, affinché, tramite la nostra voce e la passione del nostro cuore, Lui, l'unico vero e potente intercessore, non si stanchi di importunare nostro Padre.

Pregare senza stancarsi: detta così sembra assurdo, del tutto impossibile; e anche quell'insistere con il Vangelo in ogni occasione opportuna e non opportuna appare fuori gioco, forse davvero sbagliato. Ma se ti capita di cadere nella paura d'esserti perduto, o ami visceralmente i tuoi con la loro vita fragile e tanto esposta, allora davvero preghi sempre, non ti schiodi. Arrivi persino a pensare che non puoi far altro, né di più. E siccome di preciso non sai neanche che cosa domandare, semplicemente gridi che sia fatta giustizia, che vuol dire la salvezza che si ottiene per mezzo della fede in Cristo Gesù, l'innocente inchiodato.

Ed è per questa via che si scopre quanto sia vero quel che dice la parabola, e cioè che la risposta buona di Dio non si fa aspettare, viene in fretta; anzi è addirittura già venuta, perché quando gridi a Dio e sei inchiodato sulla Croce di Gesù, e sei pieno della persona amata, non c'è più altro che deve accadere; e ti vien voglia addirittura di morire perché quell'abbraccio a tre - o a trecento o a tre miliardi - non finisca mai.