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30 Novembre 2003

I DOMENICA DI AVVENTO (ANNO C)

 

 

Luca 21,25-28.34-36

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «25 Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, 26 mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.

27 Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con potenza e gloria grande.

28 Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.

34 State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso; 35 come un laccio esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra.

36 Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».

 

1) Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle: questi segni accompagnano anche la passione di Gesù, segni di speranza, perché preannunciano il ritorno glorioso di Cristo.

2) Gli uomini moriranno per la paura e l'attesa di ciò che deve accadere: l'uomo vive prigioniero della paura della morte, ma il discepolo di Gesù si sente dire Non abbiate paura voi! So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. È risorto (Mt 28,5-6).

3) Vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e gloria grande: è la profezia di Dn 7,13-14 Ecco apparire sulle nubi del cielo uno, simile a un figlio di uomo, giunse fino al vegliardo e fu presentato a Lui (in latino c'è il verbo dell'offerta) e gli diede potere, gloria e regno. E' la storia nuova che inizia.

4) Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo perché la vostra liberazione è vicina: è un atteggiamento forte e sereno quello che il Signore richiede ai suoi discepoli, che contrasta con la paura degli uomini. Liberazione (nella Vulgata redenzione) è un termine che troviamo anche in Lc 1,6 (Benedetto il Signore Dio d'Israele perché ha visitato e redento il suo popolo), 2,38 (Anna parlava del Bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme) e 24,21 (Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele).

5) I versetti dal 29 al 33, saltati dal lezionario, riportano la parabola del fico, che contiene verbi preziosi come guardare e vedere; essi descrivono il compito di discernere dai segni dei tempi la vicinanza del Regno di Dio.

6) State ben attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita: tutto è finalizzato alla vigilanza e alla preghiera, perché quel giorno non vi piombi addosso improvviso, come un laccio.

7) Vegliate e pregate ogni momento: Gesù indica una vita quieta e operosa, senza ansia, nella preghiera, perché abbiate la forza (la TOB traduce siate giudicati degni) di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire (stare fermi, resistere) davanti al Figlio dell'uomo.

 

 

Geremia 33,14-16

14 Ecco verranno giorni - oracolo del Signore - nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa di Israele e alla casa di Giuda.

15 In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio di giustizia; egli eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra.

16 In quei giorni Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà tranquilla. Così sarà chiamata: “Signore- nostra- giustizia”.

 

1) Questi versetti fanno parte del "libro della consolazione" (capitoli 30-33), nel quale Geremia annuncia un futuro di speranza per Israele (cfr. 32,37: li farò tornare in questo luogo… essi saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio). Il cap. 33 (come il 32) è ambientato, durante l’assedio a Gerusalemme, nell’atrio della prigione, dove a Geremia, tenuto prigioniero, il Signore rivolge parole di salvezza (33,6-7: ecco io farò rimarginare la loro piaga, li curerò, li risanerò… e li ristabilirò come al principio).

2) Ecco verranno giorni… nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto: questo oracolo riprende quasi letteralmente alcuni versetti del cap.23 (vv.5-6); entrambi i testi sono preceduti da una promessa di bene per il gregge disperso, che verrà “interamente” salvato (cfr. 33,13: passeranno ancora le pecore sotto la mano di chi le conta, dice il Signore).

3) Realizzerò le promesse di bene che ho fatto (Vulg. susciterò la parola buona che ho detto). “Parola” nella Scrittura vuol dire “fatto”, ed è segno del Messia promesso che dovrà venire.

4) In quei giorni Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà (Ebr. e Vulg. abiterà) tranquilla: è molto bello il passaggio dal v.15 al v.16; la venuta del germoglio è l’inizio di una storia nuova, la salvezza e la pace d’Israele.

5) Così sarà chiamata: Signore nostra giustizia: il nome nuovo con cui sarà chiamata Gerusalemme richiama ciò che il germoglio è venuto a donare (v.15: egli eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra) e dice che la speranza di giustificazione è tutta riposta nel Signore (cfr. Is 62,2 ti si chiamerà con un nome nuovo, che la bocca del Signore indicherà).

 

 

1 Tessalonicesi 3,12-4,2

312 Fratelli, il Signore poi vi faccia crescere e abbondare nell’amore vicendevole e verso tutti, come anche noi lo siamo verso di voi, 13 per rendere saldi e irreprensibili i vostri cuori nella santità, davanti a Dio Padre nostro, al momento della venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi.

41 Per il resto, fratelli, vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù: avete appreso da noi come comportarvi in modo da piacere a Dio, e così già vi comportate; cercate di agire sempre così per distinguervi ancora di più. 2 Voi conoscete infatti quali norme vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù.

 

1) Il Signore poi ci faccia crescere e sovrabbondare nell’amore vicendevole e verso tutti: il dono della carità è la grazia più grande che si può ricevere da Dio (cfr. Mt 22,38: questo è il più grande e il primo dei comandamenti), è il comandamento nuovo che caratterizza i discepoli di Gesù (cfr. Gv 13,34-35: Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amato, così anche voi amatevi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli). Questo amore non si limita ai discepoli, ma si rivolge ad ogni uomo, anche ai nemici.

2) Come anche noi lo siamo verso di voi: i Tessalonicesi vengono a conoscere l’amore di Dio attraverso l’amore di Paolo per loro, ad imitazione del Signore (cfr. 1Ts 2,8: Avremmo desiderato di donarvi non solo il Vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari).

3) Per rendere saldi e irreprensibili i vostri cuori nella santità davanti a Dio: l’irreprensibilità dei cuori non poggia su una virtù posseduta in proprio, ma su una santità che è dono di Dio (cfr. Lc 18,13-14: il pubblicano…si batteva il petto dicendo: O Dio abbi pietà di me peccatore. Io vi dico, questi tornò a casa giustificato). La santità è dono di Dio ai suoi figli, in quanto rigenerati non da un seme corruttibile, ma immortale, cioè dalla Parola di Dio viva ed eterna (1Pt 1,23); perciò essi possono imitare Dio, principio del loro agire (noi amiamo perché Egli ci ha amato per primo 1Gv 4,19).

4) al momento della venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi: la carità vicendevole e verso tutti prepara alla venuta del Signore, accompagnato dai Suoi santi che regnano con Lui (Voi che mi avete seguito nella nuova creazione, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, sederete su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele Mt 19,28).

5) Vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù: avete appreso da noi…: l’insegnamento dell’apostolo è quanto egli stesso ha ricevuto dal Signore; egli poi trasmette il suo esempio di discepolo del Signore crocifisso (Fatevi miei imitatori, fratelli, perché molti si comportano da nemici della croce di Cristo Fil 3,17).

6)come comportarvi in modo da piacere a Dio: il piacere a Dio sta nel comportarsi con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l’unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace Ef 4,1-3).

7) Per distinguervi ancora di più (lett. abbondare di più): abbondare indica la pienezza di Cristo (cfr. Ef 1,18: Il Dio del Signore nostro Gesù Cristo… vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione… per una più profonda conoscenza di Lui… per farvi comprendere… quale è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti).

8) Quali norme vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù (lett. attraverso il Signore Gesù): le istruzioni di Paolo derivano dagli insegnamenti e dagli esempi del Signore, perché i discepoli possano camminare in essi (cfr. Ef 5,2: Camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per voi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore).

 

 

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

 

Alla sapienza cristiana è affidato un compito di tale difficoltà, che la Madre Chiesa ha pensato di offrire al popolo ben due celebrazioni domenicali quasi contigue sul tema della fine dei tempi, della fine del mondo. Anche se tradizionalmente il cristiano appare nella storia come un po' immusonito e rattristato, di per sé gli è affidato il compito immane di celebrare la positività della storia e l'allegrezza del tempo. E la sfida non ha limiti; per questo, gli annunci positivi sugli esiti finali della vicenda umana non sono dati in climi kennediani o roncalliani, come usava ai miei tempi di quarant'anni fa, ma in mezzo ad apocalissi irakene e a tragedie ecologiche: proprio come adesso, appunto. Le promesse di Dio, infatti, sono "promesse di bene", e Dio, come si sa, non si smentisce.

È quello che ci dice oggi il profeta Geremia, che peraltro annuncia il gran fiorire in bellezza della vicenda di Israele, proprio mentre le cose vanno malissimo; e sulla stessa lunghezza d'onda Gesù nel Vangelo di Luca ci dice che la nostra liberazione è vicina data la drammaticità dei segni e la paura mortale che invade il cuore della gente. Ogni fine è per un nuovo luminoso inizio, proprio come la morte è ormai il grembo fecondo della vita. Una certa "austerità" del costume cristiano è tutt'al contrario che lutto e pessimismo, ma è avvertenza di liberazione da forme di ubriacatura - dal potere ai soldi, dall'alcool agli spinelli - che celebrano mestamente la disperazione della vita.

Chi è pieno di speranze, invece, non ci dorme sopra, ma vive "attento", per cogliere tutti i segni che svelino e offrano il nuovo volto della storia. In questo senso, non c'è azione più forte e più utile che pregare con la Parola di Dio, che è seme di vita e di fede incorruttibile; nella Parola è contenuto il grande segreto della vittoria sul male e sulla morte, e per questo Essa è inesauribile fonte di misericordia e di pace. Pregare vuol dire quindi "giocare di anticipo", per portarsi dentro a questa nostra vecchia storia tutta la luce e il profumo della storia nuova. La "luce maggiore" di questa storia nuova, il suo sole, è, come scrive Paolo ai tessalonicesi, "l'amore vicendevole e verso tutti".