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28 Marzo 2004

V DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C)

 

Giovanni 8,1-11

In quel tempo, 1 Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. 2 Ma all’alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava.

3 Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, 4 gli dicono: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. 5 Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». 6 Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo.

Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. 7 E siccome insistevano nell’interrogarlo, alzò il capo e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». 8 E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. 9 Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi.

Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. 10 Alzatosi allora Gesù le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». 11 Ed essa rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

 

1) Nei versetti precedenti questo brano evangelico Gesù sale a Gerusalemme in occasione della festa delle Capanne e insegna alle folle. Le sue parole dividono la gente: molti credono in lui, altri invece, fra cui i sommi sacerdoti e i farisei, ne chiedono l’arresto. Nicodemo propone allora ai capi di ascoltare Gesù prima di giudicarlo, secondo quanto prescriveva la Legge.

2) Gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio: il peccato della donna adultera rappresenta per gli scribi e i farisei il pretesto per interpellare Gesù riguardo alla Legge antica e per verificarne l’osservanza.

3) Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa: l’antica Legge prevedeva la condanna a morte per i peccatori di adulterio (cfr. Lv 20,10).

4) “Tu che ne dici?”. Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo: gli scribi e i farisei pensano che Gesù voglia stravolgere la Legge dei padri; pertanto lo mettono alla prova tentando una sorta di confronto fra il suo insegnamento e gli antichi precetti.

5) “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”: con questa risposta Gesù va oltre il problema posto da scribi e farisei sull'osservanza della Legge. Richiamando gli accusatori alla loro condizione di peccatori, Gesù li invita a fare attenzione ai propri peccati anziché a quelli altrui (cfr. Mt 7,1-3: Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati. Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio?).

6) Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno… Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo: Gesù è l’unico che non si allontana dalla peccatrice e che rimane con lei, non per condannarla ma per salvarla.

7) Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più: la sentenza di Gesù afferma la vittoria della vita sulla morte (cfr. Ez 33,11: io non godo della morte dell’empio, ma che l’empio desista dalla sua condotta e viva). Con le sue parole Gesù concede alla donna la possibilità di mettersi in cammino verso la conversione: la invita a dimenticare il passato e a dare inizio ad una nuova vita.

 

 

Isaia 43,16-21

16 Così dice il Signore | che offrì una strada nel mare | e un sentiero in mezzo ad acque possenti | 17 che fece uscire carri e cavalli, | esercito ed eroi insieme; | essi giacciono morti: mai più si rialzeranno; | si spensero come un lucignolo, sono estinti.

«18 Non ricordate più le cose passate, | non pensate più alle cose antiche! | 19 Ecco, faccio una cosa nuova: | proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? | Aprirò anche nel deserto una strada, | immetterò fiumi nella steppa. | 20 Mi glorificheranno le bestie selvatiche, | sciacalli e struzzi, | perché avrò fornito acqua al deserto, | fiumi alla steppa, | per dissetare il mio popolo, il mio eletto. | 21 Il popolo che io ho plasmato per me | celebrerà le mie lodi».

 

1) Questi versetti appartengono alla seconda parte del libro di Isaia, detta “libro della consolazione”, nel quale è annunciato il ritorno del popolo di Israele dal suo esilio a Babilonia.

2) Così dice il Signore che offrì una strada nel mare: nei vv. 16 e 17 il profeta ricorda come il Signore liberò il popolo d’Israele dalla schiavitù in Egitto, facendolo passare indenne attraverso il Mar Rosso, così come è descritto in Es 14, 21-31.

3) Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, faccio una cosa nuova: il Signore invita il popolo a non fare memoria delle cose passate, anche delle azioni potenti da Lui stesso compiute, perché possa accogliere ciò che di nuovo Egli compie per lui. Il Signore interviene incessantemente nel corso della vita di ogni uomo per preparare sentieri sempre nuovi che lo conducano alla salvezza e alla libertà dei figli di Dio.

4) Proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?: il Signore esorta il suo popolo a riconoscere la sua azione, ricordando che egli opera servendosi di cose piccole per attuare il suo disegno di salvezza, tanto che si rischia di non accorgersene. In tutto l’Antico Testamento, a partire dalla creazione, l’opera di salvezza del Signore passa per la storia semplice e piccola dell’uomo: è lì che Egli fa germogliare cose nuove e compie azioni potenti. La stessa liberazione del popolo dalla schiavitù in Egitto, ricordata ai vv. 16-17, è messa nelle mani del condottiero Mosè che accetta dal Signore la sua missione, ricordandogli però sempre la sua povera condizione: Chi sono io per andare dal faraone e per far uscire dall’Egitto gli Israeliti? (Es 3,11); Mio Signore, io non sono un buon parlatore; non lo sono mai stato prima e neppure da quando tu hai cominciato a parlare al tuo servo, ma sono impacciato di bocca e di lingua (Es 4,10).

5) Aprirò anche nel deserto una strada (LXX Farò nel deserto una strada: è lo stesso verbo usato nel racconto della creazione): come il Signore aveva offerto una strada nel mare per condurre il popolo fuori dall’Egitto, così aprirà una strada nel deserto per far ritornare i figli di Israele da Babilonia; egli può aprire strade nei terreni più impervi. Nessuna condizione in cui l’uomo si possa trovare è troppo lontana o insuperabile da impedire al Signore di andargli incontro e mostrargli una via di riconciliazione con Lui. A volte per l’uomo sembra impossibile ritrovare la strada che porta al Signore, ma non è certo così per Lui: Ger 32,27 Ecco, io sono il Signore Dio di ogni essere vivente, qualcosa è forse impossibile per me?

6) Per dissetare il mio popolo, il mio eletto (LXX: per dare da bere alla mia discendenza, l’eletta, il mio popolo): tutte le azioni che il Signore compie, impegnandosi in prima persona (faccio, aprirò, immetterò) sono per la salvezza del popolo ed Egli non manca mai di ricordargli il suo amore: ti ho chiamato per nome; tu mi appartieni (Is 43,1); io do l’Egitto come prezzo per il tuo riscatto… perché tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo, do uomini al tuo posto e nazioni in cambio della tua vita (Is 43,3-4).

7) Mi glorificheranno le bestie selvatiche… il popolo che io ho plasmato per me celebrerà le mie lodi: l’opera di salvezza del Signore richiama la lode di tutto il creato, alla quale essa è destinata, comprese le creature che sono solitamente usate nella Scrittura come simboli di desolazione e maledizione.

 

 

Filippesi 3,8-14

8 Fratelli, tutto io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo 9 e di essere trovato in lui, non con una mia giustizia derivante dalla legge, ma con quella che deriva dalla fede in Cristo, cioè con la giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede.

10 E questo perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli conforme nella morte, 11 con la speranza di giungere alla risurrezione dai morti.

12 Non però che io abbia già conquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione; solo mi sforzo di correre per conquistarlo, perché anch’io sono stato conquistato da Gesù Cristo.

13 Fratelli, io non ritengo ancora di esservi giunto, questo soltanto so: dimentico del passato e proteso verso il futuro, 14 corro verso la mèta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù.

 

1) Tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla (lett. a causa della) sublimità della conoscenza di Cristo Gesù: questo versetto è collegato ai versetti precedenti, riguardanti la giustizia che deriverebbe dalla circoncisione della carne. Paolo ha scoperto che la conoscenza di Cristo vale più di tutto (cfr. Sap 7,8-10: La preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto; non la paragonai neppure a una gemma inestimabile, perché tutto l’oro al suo confronto è un po’ di sabbia… l’amai più della salute e della bellezza, preferii il suo possesso alla stessa luce, perché non tramonta lo splendore che ne promana).

2) Non con una mia giustizia derivante dalla legge, ma con quella che deriva dalla fede in Cristo (o di Cristo), cioè con la giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede (o nella fede): non è una giustizia che l'uomo possa vantare come una sua conquista personale, ma un dono di Dio

3) Perché io possa conoscere Lui… la partecipazione alle sue sofferenze: la parola partecipazione esprime comunione, che è innanzitutto con Dio: Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo (1Gv 1,3).

4) Diventandogli conforme nella morte: è essere resi del medesimo aspetto di Gesù nella sua morte, come dirà anche alla fine del capitolo, usando il verbo della Trasfigurazione (cfr. 3,21: Trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso).

5) Con la speranza di giungere (lett. se mai giungerò) alla resurrezione dai morti: umiltà della speranza.

6) Non che io abbia già conquistato il premio (la parola premio non c’è nel testo originale), o sia ormai arrivato alla perfezione (lett. già sia stato reso perfetto): si tratta di operazioni che si ricevono per grazia; infatti conclude: perché anch'io sono stato conquistato da Gesù Cristo.

7) Dimentico del passato e proteso verso il futuro: cfr. Sal 44,11 ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio, dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre. Paolo, come la sposa del Salmo, lascia tutte le cose che sono dietro.

8) Corro verso la meta: cfr. 2Tim 4,7-8 (ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione).

9) Per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù: S. Girolamo traduce: al premio della chiamata celeste di Dio in Cristo Gesù (cfr. Ebr 3,1 partecipi di una vocazione celeste, fissate bene lo sguardo in Gesù, l’apostolo e sommo sacerdote della fede che noi professiamo). L'ardore di Paolo nella sua corsa verso la meta ricorda la preghiera di Francesco d'Assisi: “Rapisca, ti prego o Signore, l’ardente e dolce forza del tuo amore la mente mia da tutte le cose che sono sotto il cielo, perché io muoia per amore dell’amor tuo, come tu ti sei degnato morire per amore dell’amor mio”.

 

 

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

 

Con grande lucidità, e quindi, come è necessario, con grande umiltà, la liturgia di oggi ci mette davanti alla "cosa nuova", come dice Isaia; una cosa troppo nuova perché possa essere raggiunta da qualche generazione di credenti. Il raffronto tra la prima grande liberazione di Israele dall'Egitto e il ritorno del popolo da Babilonia vuole dire l'impossibilità di confrontare ogni evento di salvezza ricordato e profetizzato dalle Scritture con la sconvolgente direzione che la storia dell'umanità prende con Gesù Cristo; una direzione che anche le chiese di ogni generazione cristiana non riescono ad accogliere pienamente; una direzione che anche ciascuno di noi può intravedere e ammirare, ma che non può pretendere di cogliere se non come "occasione perduta" o "verità irraggiungibile". Ma dunque, di che cosa si tratta? Permettetemi di insistere facendo vicine le parole di S. Paolo: "Non che io sia ormai arrivato...solo mi sforzo di correre per conquistarlo... non ritengo ancora di esservi giunto... corro verso la meta...".

Dunque una meta sempre al di là di noi! Quale? Quella che Gesù esplicita nel suo incontro con la donna adultera. Quello che il Padre della parabola del Prodigo proponeva all'ingiustamente denigrato fratello maggiore che aveva in Giona un antenato e un alleato famoso; quel fratello maggiore al quale il Padre chiedeva - ma lo capiamo bene solo oggi con questa donna peccatrice davanti a Gesù - chiedeva di... diventare Gesù Cristo!!

Proverò a spiegarmi. Guardiamo dunque la "cosa nuova" che Dio ci dona nel suo Figlio Gesù. Certo, l'impossibilità di trovare una persona che possa "eseguire la sentenza" prevista dalla Legge di Dio: nessuno infatti è innocente! Dicendo questo il Signore non introduce una regola nuova, ma rivela lo strato più profondo della Legge di Mosè, quello che S. Paolo chiarisce definitivamente quando scrive ai Romani che Dio ha messo tutti sotto il peccato per mettere tutti nella sua misericordia; quindi nessuno è giusto; il giudizio è solo di Dio; davanti alla Parola di Dio, ognuno è un peccatore che deve essere perdonato. Ma anche questo non è il "punto critico" del brano evangelico di oggi. Il vero problema è l'affermazione del Signore: "Neanch'io ti condanno." Come mai lo stesso "Legislatore", l'"Innocente" che "solo" può non andarsene in quanto è senza peccato, Colui che può - e deve - eseguire la sentenza... come mai Lui dice "Neanch'io ti condanno"? Questo è il punto nevralgico della fede che i padri ebrei hanno custodito e che Gesù ha portato a pienezza per tutte le nazioni e per tutti i cuori. Lui può - e deve dirlo - perché è l'"Agnello di Dio", è Colui che "prende su di Sé il peccato del mondo", e quindi il peccato di questa donna, che è l'intera umanità confrontata con la sua solitudine rispetto allo Sposo. Solo Lui può salvarla.

Solo Lui: perché la ama e appunto "prende su di Sé" il peccato di Lei! Il peccato del mondo! E quando le dice: "Va' e d'ora in poi non peccare più", inaugura per lei, cioè per l'intera umanità potenzialmente presente nella Chiesa, una vita finalmente "nuziale", cioè indissolubilmente unita al Signore, allo Sposo di sangue, a Colui che offre la vita per lei. "Non peccare più", e cioè "non rimanere più sola!!", non fidarti delle tue forze e delle tue virtù "religiose", ma abbandonati sempre a Colui che ti ama e ti strappa incessantemente dalla tua morte.

E così viene "dipinta" dalla Liturgia di oggi l'ikona nuziale che unisce il Cristo Sposo alla sua sposa, questa sposa adultera e graziata, questa santa chiesa peccatrice perdonata, questa Chiesa "immaculata ex maculatis", Santa e fatta tutta di peccatori, questo luogo benedetto che deve - e qui sta il problema di Giona e del fratello maggiore del prodigo - "comperare a caro prezzo", e cioè con il suo stesso sangue, in ogni uomo e donna del mondo, in ogni fratello e sorella, la Sposa del Signore.

E così ci facciamo gli auguri di Pasqua! Nel tentativo di abbandonarsi alla dolce potenza della Pasqua, i redattori di questo foglietto non sono più in grado di "operare" fino alla terza domenica di Pasqua. Perdonateci! Dio vi benedica. E voi benediteci. Vostri. Tutti di Sammartini e della Dozza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il foglietto ritornerà domenica 25 Aprile (III domenica di Pasqua).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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