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30 Maggio 2004

DOMENICA DI PENTECOSTE (ANNO C)

 

Giovanni 14,15-16.23-26

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «15 Se mi amate, osserverete i miei comandamenti.

16 Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre.

Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24 Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. 25 Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi. 26 Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».

 

1) In questa festa di Pentecoste la Chiesa ci fa rimanere ancora dentro il lungo saluto di Gesù ai suoi discepoli la notte prima della Passione, tutto incentrato sull’amore: tra il Padre e il Figlio, del Padre e del Figlio verso di noi, e la nostra risposta a questo amore.

2) Se mi amate, osserverete i miei comandamenti… se uno mi ama osserverà la mia parola: Giovanni riprende questa affermazione anche nelle sue lettere (cfr.1Gv 5,3: in questo consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti e i suoi comandamenti non sono gravosi). Lo stretto legame tra amore verso Dio e osservanza dei suoi comandamenti è espresso sin dall’inizio storia di Israele, nella consegna della Legge, (cfr. Deut 5,10: Io sono il Signore tuo Dio,… che usa misericordia fino a mille generazioni verso coloro che mi amano e osservano i miei comandamenti). Nella festa di Pentecoste, o “delle settimane”, gli Ebrei gioiscono proprio per questo grande regalo ricevuto, la Legge del Signore, perché in tal modo si manifesta la loro elezione divina.

3) Io pregherò il Padre ed Egli vi darà in altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre: “consolatore”, o Avvocato, colui che intercede per un altro, è un titolo detto anche di Gesù, che prega per noi il Padre (cfr. 1Gv 2,1: Se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo giusto).

4) Il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa: lo Spirito Santo consola richiamando incessantemente l’insegnamento di Gesù. Egli è la guida interiore che illumina il nostro cuore su tutto quello che Gesù ha detto del Padre e del suo amore (Vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto). Far ricordare, richiamare alla memoria, è un'opera molto importante; Paolo esorta Timoteo e Tito a farlo nelle loro comunità (2Tim 2,14 e Tt 3,1); Pietro stesso lo ritiene un suo dovere: cfr. 2Pt 1,12 Perciò penso di rammentarvi sempre queste cose, benché le sappiate,… per tenervi desti con le mie esortazioni (è interessante proseguire la lettura fino al v.21), lui che guardato da Gesù si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte (Lc 22,61).

 

 

Atti 2,1-11

1 Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. 2 Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. 3 Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; 4 ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi.

5 Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo. 6 Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua.

7 Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: «Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? 8 E com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? 9 Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, 10 della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, 11 Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio».

 

1) Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire: cinquanta giorni dopo la Pasqua gli Ebrei celebrano la festa di Pentecoste, in cui fanno memoria dell’alleanza fra Dio e il popolo di Israele e della consegna delle tavole della legge a Mosè sul monte Sinai.

2) Si trovavano tutti insieme nello stesso luogo: così Gesù, ascendendo al cielo, aveva raccomandato (cfr. Lc 24,49 e At 1,3-5.12-14); stavano insieme a Gerusalemme e lì, assidui e concordi nella preghiera (At 1,14), attendevano la discesa dello Spirito Santo.

3) Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo: la manifestazione di Dio è spesso associata a fenomeni naturali, che ne mostrano la potenza.

4) Apparvero loro lingue di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo: nella Pentecoste si inaugura il Battesimo in Spirito Santo e fuoco annunciato da Giovanni Battista sul fiume Giordano (cfr. Lc 3,16). Lo Spirito scende sui discepoli ed entra in loro come presenza viva e attiva.

5) Cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi: lo Spirito Santo consente di parlare in altre lingue, cioè di farsi intendere nella lingua di altri popoli, affinché tutti possano comprendere l’annuncio della parola di Dio.

6) Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo: la festa di Pentecoste richiamava a Gerusalemme molti pellegrini, Giudei e proseliti (v. 11), provenienti da tutto il mondo.

7) Siamo Parti, Medi, Elamiti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, stranieri di Roma, Ebrei e proseliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio: queste nazioni rappresentano l’umanità intera e prefigurano la dimensione universale della missione degli apostoli. Prima di ascendere al cielo, Gesù aveva infatti detto loro: “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme… e fino agli estremi confini della terra” (cfr. At 1,8).

 

 

Romani 8,8-17

8 Fratelli, quelli che vivono secondo la carne non possono piacere a Dio.

9 Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. 10 E se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto a causa del peccato, ma lo spirito è vita a causa della giustificazione. 11 E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.

12 Così dunque fratelli, noi siamo debitori, ma non verso la carne per vivere secondo la carne; 13 poiché se vivete secondo la carne, voi morirete; se invece con l’aiuto dello Spirito voi fate morire le opere del corpo, vivrete.

14 Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio.

15 E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: «Abbà, Padre!». 16 Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. 17 E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.

 

1) Quelli che vivono secondo la carne non possono piacere a Dio (lett. quelli che sono nella carne): il termine “carne” è usato in questi versetti come sinonimo di peccato, alla cui legge la natura umana è stata sottomessa fino alla Resurrezione di Gesù. S. Paolo spiega, ai vv. 6-7, immediatamente precedenti questo brano, il motivo della disapprovazione di Dio: i desideri della carne portano alla morte… infatti i desideri della carne sono in rivolta verso Dio, perché non si sottomettono alla sua legge e neanche lo potrebbero.

2) Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi (lett. non siete nella carne, ma nello Spirito): per ogni uomo, che è soggetto per natura al peccato, la condizione di essere nello Spirito non può dipendere da meriti o da una retta condotta di vita, ma solo dalla scelta dello Spirito di Dio di abitare in chi crede in Gesù (cfr. Rm 8,1-2: Non c’è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù, poiché la legge dello Spirito che dà vita in Cristo Gesù ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte).

3) Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene: il dono dello Spirito è stato dato grazie alla Passione e Risurrezione di Gesù; per questo viene detto Spirito di Cristo e segna l’appartenenza a Lui.

4) E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi: il corpo è ancora sottoposto al peccato e alla morte, ma lo Spirito donato dal Signore Risorto è promessa e speranza di Risurrezione dai morti.

5) Poiché, se vivete secondo la carne, voi morirete; se invece con l’aiuto dello Spirito voi fate morire le opere del corpo, vivrete: la possibilità e la speranza della vita nuova sono unicamente appoggiate sulla presenza dello Spirito, che accompagna l’uomo nella quotidiana battaglia contro il peccato che ancora tenta di sottometterlo (cfr. Gal 5,16-18: Camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne; la carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete più sotto la legge).

6) Tutti quelli, infatti, che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio: lo Spirito Santo è la guida interiore per l'uomo (cfr. anche il vangelo e anche Gv 16,13: vi guiderà alla verità tutta intera).

7) E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: “Abbà, Padre!”: lo Spirito di Dio non è come quello del peccato, che tiene l’uomo sottomesso. Lo Spirito di Dio rende gli uomini liberi perché è Spirito di figli che sempre possono invocare il Padre (cfr. Gv 8,34: Chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora lo schiavo non resta per sempre nella casa, ma il figlio vi resta sempre; se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero).

8) E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria: il dono dello Spirito di Gesù Risorto, che rende figli di Dio, immerge l'uomo quotidianamente e totalmente nella vita di Cristo e quindi nella sua Passione, Morte e Risurrezione.

 

 

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

 

La liturgia di questo giorno ci consegna la coniugazione di due termini e di due tensioni della storia molto spesso inconciliabili, e che costituiscono uno dei capisaldi della sapienza cristiana: la libertà e la comunione. Una lunga tradizione di pensiero e un'attuale dominante sottocultura dell'individualismo tendono a concepire la libertà come sfrenato arbitrio e la comunione come regime oppressivo. Pentecoste è invece la suprema valorizzazione della persona e della sua responsabilità; e questo non per doti e conquiste del singolo ma per una condizione di riconoscimento e di pienezza attribuita ad ogni uomo e donna in quanto tali. Il dono dello Spirito dice la fine del regime della Legge: ciò che prima mi era imposto dalla legge, ora mi è richiesto dal più intimo e prezioso orientamento del mio cuore. Restano anche tutti i limiti della mia natura ferita, ma di essi non sono più schiavo a motivo dell'esuberante bellezza del Vangelo e del mio desiderio profondo di vita nuova, quale il Vangelo annuncia e lo Spirito insegna nel segreto di ogni coscienza. Appunto questo insegnamento dello Spirito non spinge la persona verso la solitudine di una realizzazione individuale, ma verso la fecondità straordinaria della comunione.

La comunione fraterna, a qualunque livello, è possibile solo nella perfetta libertà. E questa libertà è l'esigente principio della responsabilità di ciascuno verso tutti. L'affermazione di Gesù nel testo evangelico di oggi: "Se mi amate osserverete i miei comandamenti" non verrebbe pienamente compresa se si volesse spiegarla come obbedienza che nasce dall'amore; e pure sarebbe già molto! È che ormai i comandamenti e la loro osservanza sono diventati la via, la modalità e il contenuto dell'amore. L'ascolto quotidiano della Parola di Dio non è solo l'indicazione da parte di Dio circa quello che devo fare, ma è il pane quotidiano che mi fa camminare verso il Padre, e la vita nuova e bella che Egli mi dona perché io la viva e la ponga per il bene mio e di tutti.