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26 Gennaio 2003

III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

 

Marco 1,14-20

14 Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: 15 «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo».

16 Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 17 Gesù disse loro: «Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini». 18 E subito, lasciate le reti, lo seguirono. 19 Andando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti. 20 Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono.

 

1) Dopo che Giovanni fu arrestato (lett. consegnato): questo è il verbo usato anche per Gesù nei racconti della Passione (cfr. ad es. Mc 14,10). Con la "consegna" di Giovanni anche per Gesù un tempo si è compiuto.

2) Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino: in Gesù Dio porta a compimento il suo piano di salvezza, facendosi vicino ad ogni uomo. Cfr. Gal 4,4: quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge.

3) Convertitevi (lett. Cambiate mente): è un verbo usato all’imperativo; è indispensabile fare la volontà di Dio, ora che si è compiuto tutto ciò che i profeti, ultimo Giovanni Battista, hanno annunciato. È lo stesso compiersi del tempo e delle promesse che determina il cambiamento di vita di coloro che vengono a contatto con Gesù.

4) Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea fratello di Simone: ci viene presentata qui una situazione molto concreta; Gesù cammina, vede, dice; azioni consuete e ordinarie, che indicano il farsi vicino di Dio alla vita degli uomini.

5) Seguitemi (lett. venite dietro a me), vi farò pescatori di uomini: Gesù invita Simone ed Andrea a seguirlo, come domenica scorsa il giovane Samuele e i due discepoli di Giovanni, per farli "pescatori di uomini". Anche se in apparenza non cambia nulla, tutto cambia: sono pescatori e tali rimangono, ma dietro a Gesù e con Lui.

6) E subito, lasciate le reti, lo seguirono: Gesù ha bisogno di questi discepoli come nel racconto dell'ingresso a Gerusalemme si servirà di umili strumenti (un asinello) per compiere la sua opera; il vangelo non può essere annunciato senza di loro. Né dei quattro pescatori, ci è riferita alcuna parola o indugio, né del padre Zebedeo alcuna domanda. La prontezza della loro risposta è il segno della potenza della parola di Gesù e ricorda il movimento delle vergini, che, alla voce che si ode nel mezzo della notte, vanno incontro allo sposo. Anche qui si compiono delle nozze e il viaggio del vangelo, preparato da lungo tempo da Dio Padre, comincia la sua strada.

 

 

Giona 3,1-5.10

1 Fu rivolta a Giona una seconda volta questa parola del Signore: 2 «Alzati, và a Ninive la grande città e annunzia loro quanto ti dirò».

3 Giona si alzò e andò a Ninive secondo la parola del Signore. Ninive era una città molto grande, di tre giornate di cammino.

4 Giona cominciò a percorrere la città, per un giorno di cammino e predicava: «Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta».

5 I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, dal più grande al più piccolo.

10 Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si impietosì riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece.

 

1) Una seconda volta: dalle vicende narrate nei capitoli precedenti sappiamo che Giona per primo, ricevuto il dono della Parola, ad essa ha dovuto convertirsi. Divenuto discepolo, egli può ora portare la Parola agli altri; la chiamata del Signore, infatti, non è esclusiva, ma per tutti gli uomini. La conversione è per la testimonianza: come i discepoli del vangelo, chiamati da Gesù, anche il profeta deve riconoscere che l’amore di Dio non è da trattenere, ma da condividere.

2) Alzati, va’: il verbo alzarsi è quello della risurrezione di Gesù; il comando di Dio introduce sempre verso una dimensione di vita nuova.

3) Una città molto grande: Ninive, la grande città, è qui rappresentativa dell’intera umanità, quel mondo vicino e lontano, comunque altro da noi, nel quale Dio spinge ad immergersi per testimoniare e annunziare ciò che Lui ci dice.

4) Giona cominciò a percorrere la città… e predicava: l’ascolto è condizione necessaria per la conversione del cuore. Ogni trasformazione si manifesta, prima ancora che con le opere, con l’accoglienza della Parola, attraverso la quale il Signore viene tra i suoi come presenza viva.

5) Ancora quaranta giorni: il tempo dell’attesa e della pazienza di Dio non è indefinito, ha una scadenza precisa e porta con sé la distruzione del mondo vecchio e la nascita del nuovo.

6) I cittadini di Ninive credettero: vi è in questo testo un forte invito a sperare. L’umanità, nel suo destino finale, appare riconciliata con il suo creatore.

7) Dio vide le loro opere… si impietosì del male… e non lo fece: il disegno di Dio, che non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva, prevede fin dall’inizio di non condannare l’uomo, ma di ricoprirlo con la Sua misericordia; è Dio, infatti, che ama per primo (cfr. 1Gv 3,16).

 

 

1 Corinzi 7,29-31

29 Questo vi dico, fratelli: il tempo ormai si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; 30 coloro che piangono, come se non piangessero e quelli che godono come se non godessero; quelli che comprano, come se non possedessero; 31 quelli che usano del mondo, come se non ne usassero appieno: perché passa la scena di questo mondo!

 

1) Il tempo ormai si è fatto breve: il settimo capitolo della prima lettera ai Corinzi è centrato sul mistero del rapporto nuziale che unisce Dio all’umanità. In questo rapporto ci sono dei tempi diversi: il tempo delle promesse, dai Patriarchi a Giovanni il Battista, il tempo della realizzazione delle promesse in Gesù (nella sua vita, morte e risurrezione) e il tempo breve, che noi stiamo vivendo, che intercorre tra la morte e risurrezione di Gesù ed il suo ritorno glorioso. Cfr. 2Cor 6,2: Ecco, ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza.

2) D’ora innanzi, quelli che hanno moglie vivano come se non l’avessero, coloro che piangono come se non piangessero, quelli che godono come se non godessero…: in questo tempo breve tutto viene rivoluzionato, sia le relazioni più intime, fra marito e moglie (cfr. Ef 5,22: le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore… e voi, mariti, amate le vostre mogli come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei), sia le vicende di dolore e gioia (cfr. Mt 5,4: Beati gli afflitti, perché saranno consolati e Lc 10,20: rallegratevi piuttosto che i vostri nomi siano scritti nei cieli).

3) Passa la scena di questo mondo: la scena, o lo schema, o la figura indicano la forma esteriore di questo mondo. Il termine è presente solo un’altra volta nel N.T., quando San Paolo dice che Gesù, apparso in forma umana, umiliò se stesso (Fil 2,7). Passa quindi la forma esteriore, visibile, ma rimane la sostanza; passano le profezie, il dono delle lingue e la scienza, ma la fede, la speranza e la carità rimangono (1Cor 13,8.13).

4) D'ora in poi… come se non…: san Paolo sembra esortare a non essere attaccati alle cose terrene, visibili, perché queste passeranno, ma a vivere “come se non”, volgendo lo sguardo verso Dio. Cfr. 2Cor 4,18 (Perciò noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili; le cose visibili sono di un momento, le cose invisibili sono eterne) e Mt 13,31 (Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno).

 

 

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

 

Penso che anche in questa domenica convenga tener conto del testo di 1Co e della provocazione che da esso ci viene. Personalmente ho molti dubbi sulla traduzione di quel verbo che in italiano porta a dire che il tempo ormai “si è fatto breve”. Vedo il rischio di pensare che ormai c'è poco tempo e che dunque bisogna staccarsi dalle cose, dagli affetti e da tutto il resto… Ma dunque, in questi duemila anni il cristianesimo ha sempre ignorato questo avvertimento e si è vivamente immerso nella storia? Dunque persino S. Francesco d’Assisi si è lasciato andare ad una grande ammirazione per la creazione e per le persone che in essa vivono? Tutti infedeli, dunque?

Questi discorsi sul cosiddetto “distacco” mi sembrano così estranei alla sapienza ebraico-cristiana! Possibile che chi ha la moglie le debba volere un po' meno bene? Dove va' a finire lo stesso duplice comandamento dell'Amore? Dunque, qual è il senso di quel famoso “come se non”?

A me pare che la strada sia quella di ritenere che la “fine del tempo” - Gesù dice nel Vangelo di oggi che “il tempo è compiuto” - significa che il Mistero del Figlio di Dio ha definitivamente occupato tutta la creazione e tutta la storia. Ormai tutto “celebra” questo Mistero, tutto ne è la parabola, tutto è chiamato ad esprimerlo. E la conseguenza è che nessuna cosa e nessuna relazione ha significato in se stessa, ma porta in sé il compito e il valore del “segno”: tutto dunque è “segno” di quel mistero che si è reso presente in tutto.

Nulla può essere vissuto più come prima, quando eravamo nel tempo della preparazione e dell'attesa. Così, “quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero”, nel senso che la loro relazione nuziale è ora assunta ad essere segno delle grandi nozze del Cristo con l'umanità. E così chi è pescatore (o portalettere, o notaio, o malato, o cantante…): non può più esserlo come lo era prima.

Prima di dirci che “pescatori di uomini” vuol dire fare gli apostoli, il Vangelo vuol dirci che il passaggio e la chiamata del Signore nella nostra vita ci “requisisce”, così come siamo, per Lui! La conseguenza di tutto ciò è che, al contrario di svalutare o attenuare il valore delle cose, il Vangelo del Signore lo enfatizza in misura illimitata.

Anche oggi capiterà che qualcuno mangi un pezzo di pane “come se non” mangiasse un pezzo di pane, ma lo mangerà, appunto, per celebrare la più alta Comunione possibile in questo mondo con il Figlio di Dio. Da Cristo in poi tutto vale infinitamente di più e infinitamente più profondo e delicato è il nostro coinvolgimento in ogni vicenda. È auspicabile che anche la grande città pagana venga a sapere e a vivere quel “senso” della vita che Gesù è venuto a dare a tutta l'umanità e che l'antica città irakena di Ninive ha potuto ottenere attraverso la predicazione evangelica di Giona, come profezia dei nostri tempi chiamati a celebrare la pienezza del dono di Dio nella mite potenza di Abele e di Gesù.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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