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22 Giugno 2003

SS. CORPO E SANGUE DI CRISTO (ANNO B)

 

Marco 14,12-16.22-26

12 Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?». 13 Allora mandò due dei suoi discepoli dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo 14 e là dove entrerà dite al padrone di casa: Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, perché io vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli? 15 Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala con i tappeti, già pronta; là preparate per noi”. 16 I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono per la Pasqua.

22 Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». 23 Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24 E disse: «Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza versato per molti. 25 In verità vi dico che io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio». 26 E dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.

 

1) Mandò due dei suoi discepoli: la prima parte del Vangelo di oggi riprende la struttura dell’episodio dell’ingresso messianico in Gerusalemme (Mc 11,1-6). Gesù dà un incarico a due discepoli, i quali nel portare a termine il loro compito saranno guidati da un segno ben preciso e prestabilito (v. 16: trovarono come aveva detto loro) che segnala che lo spazio ed il tempo in cui Gesù consumerà la sua Pasqua sono stati preparati da Dio (v. 15: Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala con i tappeti, già pronta).

2) Dov’è la mia stanza, perchè io vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?: come già in Mc 11,3, Gesù ha bisogno, in questo caso, dell’aiuto dei discepoli per trovare un luogo in cui mangiare la Pasqua. Questo suo bisogno è il modo più semplice con cui Egli si avvicina alla condizione di bisogno dell’umanità; è il cammino che Egli fa incontro all’uomo, per fargli capire che è l’uomo stesso ad avere bisogno di Lui e della Sua salvezza.

3) Pronunziata la benedizione... rese grazie: offrendo il suo corpo e il suo sangue Gesù ringrazia il Padre, rimettendo nelle sue mani tutta l’opera della salvezza.

4) Poi prese il calice: è il calice della salvezza (cfr. Sal 115,13), che racchiude in sé e rivela il senso della venuta di Gesù nella storia.

5) Ne bevvero tutti: nessuno resta escluso dalla comunione al corpo e al sangue di Cristo. La salvezza di Dio è preparata per tutti.

6) Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza: in Gesù si attua il passaggio dall’antica alla nuova alleanza, suggellata non più dal sangue di capri e di vitelli (cfr. la seconda lettura), ma dalla passione e morte del figlio di Dio.

7) Versato per molti: Gesù si offre a favore e al posto della moltitudine degli uomini come unico agnello scelto dal Padre per salvare tutti i suoi figli.

8) Io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio: queste parole sono insieme profezia e promessa della venuta del regno di Dio, descritto da Gesù come un nuovo banchetto (cfr. Is 25,6: Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati).

 

 

Esodo 24,3-8

In quei giorni, 3 Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose insieme e disse: «Tutti i comandi che ha dati il Signore, noi li eseguiremo!».

4 Mosè scrisse tutte le parole del Signore, poi si alzò di buon mattino e costruì un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d’Israele. 5 Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrificare giovenchi come sacrifici di comunione, per il Signore.

6 Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l’altra metà sull’altare. 7 Quindi prese il libro dell’alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: «Quanto il Signore ha ordinato, noi lo faremo e lo eseguiremo!».

8 Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dell’alleanza, che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!».

 

1) Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme: il Signore ha terminato di comunicare a Mosè sul monte Sinai le parole dell’Alleanza, inaugurate dall’affermazione della relazione tra Lui e il suo popolo (cfr. Es 20,2: Io sono il Signore, tuo Dio…).

2) Tutto il popolo rispose insieme (lett. con una voce sola): davanti alla Parola del Signore, che pure parla in modo personalissimo a ciascuno, il popolo sembra ricomporsi in unità. La stessa espressione è usata nel libro della Genesi per descrivere l’unità che caratterizzava la terra prima dell’erezione della torre di Babele (cfr. Gn 11,1: Tutta la terra aveva una lingua sola e le stesse parole).

3) Tutti i comandi che ha dati il Signore, noi li eseguiremo! (lett. tutte le parole che il Signore ha parlato, faremo e ascolteremo): ritroviamo la stessa espressione “faremo e ascolteremo” al v. 7 e in Es 19,8. Questa espressione bellissima colpisce molto perché sembra stravolgere la logica più comune, secondo la quale prima si comprende e poi si fa. Don Giuseppe Dossetti, in uno dei suoi discorsi contenuto in “La parola e il silenzio”, commenta Es 24,7 spiegando che il popolo di Israele sceglie a priori di aderire al bene, quasi senza comprendere, e questa scelta diventa per lui la vera via della conoscenza. La proposta di Dio al popolo, infatti, è quella di una relazione che viene prima di tutte le norme e le leggi e mette l’altro nella responsabilità dell’accoglienza che precede ogni ragionamento su cosa fare e come comportarsi. In questa prospettiva, “faremo” è la pronta adesione di Israele al desiderio di Dio di stare in relazione profonda con lui, mentre “ascolteremo” è la disponibilità a camminare dentro la relazione e quindi secondo le sue modalità.

4) Mosè scrisse tutte le parole… costruì un altare… incaricò alcuni giovani… di offrire olocausti e sacrificare giovenchi come sacrifici di comunione (lett. sacrifici di salvezza): nei versetti 4-6 è descritta la preparazione di una solenne liturgia, in cui il sacrificio è celebrato nella prospettiva della salvezza. Questa è la direzione del sacrificio di Gesù celebrato nell’Eucarestia e anche la direzione delle vicende della vita di ciascun uomo e donna, giorno per giorno.

5) Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l’altra metà sull’altare: cfr. Lv 17,11 Poiché la vita della carne è nel sangue. Perciò vi ho concesso di porlo sull’altare in espiazione per le vostre vite: perché il sangue espia, in quanto è la vita.

6) Allora Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: “Ecco il sangue dell’alleanza, che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole”: Mosè, dopo aver proclamato al popolo le parole dell’alleanza, asperge i figli di Israele con il sangue dei sacrifici, come prima aveva asperso con lo stesso sangue l’altare del Signore. La prima alleanza tra Dio e il suo popolo, nella Sua Parola, è santificata dal sangue del sacrificio che ricorda il sangue dell’agnello sulle porte nella notte di Pasqua (cfr. Es 12). Tutte le volte che il popolo verrà meno a questo patto sarà necessario il sangue dei sacrifici per purificarlo; il Signore Dio, invece, non verrà mai meno all’alleanza stipulata con il suo popolo al Sinai attraverso l’aspersione del sangue. Infatti, quando il sangue di tori e capri non è più bastato a purificarlo, Dio ha stabilito una volte per tutte la sua alleanza con l’umanità attraverso il sacrificio di Gesù (cfr. Eb 9,15 e Mc 14,24).

 

 

Ebrei 9,11-15

Fratelli, 11 Cristo, venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano di uomo, cioè non appartenente a questa creazione, 12 non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci così una redenzione eterna.

13 Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsi su quelli che sono contaminati, li santificano, purificandoli nella carne, 14 quanto più il sangue di Cristo, che con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalla opere morte, per servire il Dio vivente?

15 Per questo egli è mediatore di una nuova alleanza, perché, essendo ormai intervenuta la sua morte per la redenzione delle colpe commesse sotto la prima alleanza, coloro che sono stati chiamati ricevano l’eredità eterna che è stata promessa.

 

1) Per capire meglio la ricchezza di questi cinque versetti sarebbe opportuno leggere tutto il c. 9 e il 10,1-23.

La lettera agli Ebrei vuole mostrare come Gesù non sia venuto per abolire la Legge, ma per portarla a compimento (cfr. Mt 5,17). Essendo Egli allo stesso tempo sommo sacerdote e vittima, è venuto per procurarci la salvezza eterna (cfr. v. 15). Gesù è il nuovo sommo sacerdote, che con il suo sangue offerto una volta per tutte purifica i peccati. I versetti 18-22 riprendono la prima lettura e i versetti 23-27 la interpretano alla luce di Gesù, ma allo stesso tempo svelano tutto lo spessore delle scarne parole pronunciate da Gesù nell’Ultima Cena e ripetute in tutte le Eucarestie (cfr. il brano del Vangelo).

2) Cristo, venuto come sommo sacerdote di beni futuri: Tale era, infatti, il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia (Eb 7,26); Divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote (Eb 5,9).

3) Attraverso una Tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano d’uomo: anche per noi è preparata una dimora non costruita da mani d’uomo: Sappiamo che quando verrà disfatto questo corpo, nostra abitazione sulla terra, riceveremo un'abitazione da Dio, una dimora eterna, non costruita da mano d’uomo, nei cieli (2Cor 5,1).

4) Entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci così una redenzione eterna: cfr. Is 45,17 (Israele sarà salvato dal Signore con una salvezza perenne).

5) Se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsi su quelli che sono contaminati, li santificano, purificandoli nella carne: questo versetto si riferisce a tutte le purificazioni rituali previste dalla Legge (cfr. Lv19).

6) quanto più il sangue di Cristo, che con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte, per servire il Dio vivente?: la Scrittura afferma sempre la forza purificatrice del sangue di Gesù (cfr. 1Gv 1,7: il sangue di Gesù ci purifica da ogni peccato e 1Pt 1,19 Foste liberati... con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia). L’antica integrità corporale della vittima è figura della santità di Cristo (egli offrirà un maschio senza difetto: Lv.1,10).

 

 

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

 

Desidero oggi sottolineare solo il nucleo profondo di questa festa. Esso è il cuore della nostra interpretazione sapienziale della vita. La parola che raccoglie l’enorme ricchezza del nostro tema è la parola “sacrificio”. Mi piace segnalare un punto decisivo della storia della salvezza e della storia dell’umanità, dove la fede e l’esperienza spirituale di Israele apre una via nuova, del tutto impensabile e radicalmente opposta al significato che il termine “sacrificio” evoca in tutte le culture e in tutte le interpretazioni religiose della vicenda umana: Dio ferma il braccio di Abramo che sta per sacrificargli suo figlio. Da quel giorno la storia e la profezia di Israele, con molte prudenze ed esitazioni, avanzano verso l’impensabile del Messia, Gesù Cristo Figlio di Dio che in modo definitivo e pieno proclama che non l’uomo fa sacrifici a Dio, ma Dio sacrifica se stesso per la salvezza dell’umanità. Il capovolgimento è radicale. Non più le antiche divinità sanguinarie e assetate del sacrificio dell’uomo. Non più l’uomo vittima di dei crudeli. Ma Dio che in Gesù Cristo offre se stesso come vittima innocente. Dio è Amore, è quindi un Signore “dato” per la salvezza dell’umanità.

“Prendete!” dice il Figlio di Dio parlando di sé.

Questa umanità visitata e sanata dall’Amore di Dio, risponde a Dio apprendendone e celebrandone l’Amore. A questo Dio che si dona, l’uomo risponde celebrando in sé stesso l’amore di Dio. Il dono di sé diventa il segreto della nuova umanità.

Amatevi come io vi ho amato” è l’apice dell’esperienza che l’uomo fa di Dio. La vita è veramente tale se e quando è donata. La vita donata celebra il dono supremo del Padre, e cioè il Cristo crocifisso e glorioso. La potenza di questo dono di Dio è assoluta e raggiunge ogni condizione dell’uomo, riscatta anche la ferita più grave, inizia il mistero divino dell’uomo anche nella persona più piccola e più povera.

Non ci stancheremo mai di ammirare questa suprema opera di Dio che consente anche al più piccolo di celebrare in se stesso la suprema esperienza del mistero di Dio e dell’uomo.