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6 Aprile 2003

V DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO B)

 

Giovanni 12,20-33

20 In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa, c’erano anche alcuni Greci. 21 Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli chiesero: «Signore, vogliamo vedere Gesù».

22 Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. 23 Gesù rispose: «È giunta l’ora che sia glorificato il Figlio dell’uomo. 24 In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. 25 Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. 26 Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà. 27 Ora l’anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora! 28 Padre, glorifica il tuo nome».

Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!».

29 La folla che era presente e aveva udito diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». 30 Rispose Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. 31 Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. 32 Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me».

33 Questo diceva per indicare di qual morte doveva morire.

 

1) Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa, c’erano alcuni Greci: “per il culto” (lett. per adorare) è un termine usato molto spesso per indicare la salita a Gerusalemme per adorare nel tempio.

I Greci (Elleni) erano uomini di cultura greca, estranei alla razza ebraica, ma simpatizzanti o addirittura proseliti del giudaismo; per questo erano venuti per partecipare alla festa di Pasqua. Il loro desiderio di incontrare il vero Dio li conduce a cercare di vedere Gesù. Di queste persone si parla anche in At 13,26: Fratelli, figli della stirpe di Abramo e quanti fra voi siete timorati di Dio…

2) Questi si avvicinarono a Filippo … e gli chiesero: "Signore, vogliamo vedere Gesù”. Filippo andò a dirlo ad Andrea: come i greci sono segno ed anticipazione di tutte le genti, alle quali dovrà essere “mostrato Gesù”, cosi attraverso questi due discepoli comincia a prendere forma l’annuncio universale di Gesù come Salvatore del mondo (Gv 4,42).

3) È giunta l’ora che sia glorificato il Figlio dell’uomo… Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo: Gesù si mostra a chi lo cerca facendo vedere la sua morte e cercando con similitudini di far comprendere il senso di un avvenimento altrimenti incomprensibile. La sua manifestazione nella gloria passa attraverso la morte: egli è il chicco di grano caduto sulla terra e nella sua morte, accettata in una perfetta obbedienza al Padre, sta il segreto di una fecondità, che non lo fa rimanere solo, ma centro di attrazione per tutti, Giudei e Greci.

4) Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna: il verbo che indica l’odio verso la propria vita si trova anche in Lc 14,26 (Se uno viene a me e non odia suo padre… e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo). Paradossalmente il non attaccamento alla vita del mondo, porta a custodire la vita per sempre, come la terra custodisce il seme e anche il corpo di Gesù per la Resurrezione.

5) Ora la mia anima è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora: il turbamento di Gesù davanti alla morte indica la piena libertà nell’obbedienza al Padre. Egli stesso chiede che sia compiuta l’opera di salvezza attraverso la sua morte ed il Padre, in questo bellissimo dialogo, lo rassicura sul suo amore e sulla sua salvezza che in quest'ora viene pienamente manifestata.

6) Ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me: l'elevazione di Gesù da terra ricorda il vangelo di domenica scorsa (Gv 3,14: come Mosè elevò il serpente nel deserto così bisogna che sia innalzato il figlio dell’uomo). La carne dell’uomo mortale, decaduta a causa del peccato di Adamo, viene ora innalzata in Gesù crocifisso e mostrata al mondo, come segno e strumento di salvezza. Si realizza qui il versetto del Magnificat: ha rovesciato i potenti dai troni e ha innalzato gli umili.

 

 

Geremia 31,31-34

31 «Ecco verranno giorni - dice il Signore - nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io concluderò una alleanza nuova. 32 Non come l’alleanza che ho conclusa con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dal paese d’Egitto, una alleanza che essi hanno violato, benché io fossi loro Signore.

33 Questa sarà l’alleanza che io concluderò con la casa di Israele dopo quei giorni, dice il Signore: Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo. 34 Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri, dicendo: Riconoscete il Signore, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore; poiché io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato».

 

1) Ecco, verranno giorni: questa formula, caratteristica del linguaggio profetico, reca in sé il senso dell’attesa, che nell’Antico Testamento sempre si qualifica come attesa del Messia. La profezia antica trova oggi compimento nel testo evangelico: È giunta l’ora (v 23).

2) Alleanza nuova: l’espressione è battesimale e indica la potenza rinnovatrice di questo patto privo di condizioni, per così dire, unilaterale; per questa "novità", cfr. 2Cor 5,17 (le cose vecchie sono passate, ecco, ne sono nate di nuove) e Gal 6,15 (non è la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura).

3) Non come l’alleanza: l’alleanza del Sinai viene superata, sebbene anch’essa sia descritta con termini ed immagini forti, che indicano il coinvolgimento personale di Dio, padre e sposo (li ho presi per mano e io li ho sposati sarebbe letteralmente l’italiano benché io fossi loro Signore). Ma l’alleanza proposta ora da Dio è qualcosa di più, di perfetto; nell’ultima cena, infatti, Gesù usa la medesima espressione, alleanza nuova, per indicare l’offerta di sé (Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue: Lc 22,20).

4) Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore: è Dio stesso che si propone come autore di questo processo di interiorizzazione della legge, non più scritta su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori (cfr. 2Cor 3,3). In tale passaggio, che comporta una assai maggiore responsabilità personale, si realizza il compimento della legge annunciato da Gesù: Non pensate che io sia venuto ad abolire la legge o i profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento (Mt 5,17).

5) Tutti mi conosceranno… poiché io perdonerò: questo versetto in modo sorprendente collega la nostra conoscenza di Dio all’esercizio della sua misericordia e afferma così il carattere universale della Nuova Alleanza, che è per tutti.

 

 

Ebrei 5,7-9

7 Cristo, nei giorni della sua vita terrena offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà; 8 pur essendo Figlio, imparò tuttavia l’obbedienza dalle cose che patì 9 e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.

 

1) Questi versetti sono inseriti in un lungo scritto riguardante la supremazia di Gesù sull’antico sacerdozio levita e l’antico culto; Gesù, in quanto figlio, è l’autentico sommo sacerdote, cioè colui che rappresenta gli uomini presso Dio, sacerdote alla maniera di Melchisedek, superiore ad Aronne. Il suo sacrificio è l’unico ed è il solo efficace per sempre, che sostituisce tutte le offerte inefficaci dell’antica alleanza (cfr. 7,27: ha offerto se stesso una volta per tutti; e 9,12: procurandoci una redenzione eterna).

2) Egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo dalla morte: questo versetto richiama la preghiera al Getsemani e il grido dalla croce. Gesù assume il dramma dell’uomo di fronte alla morte (cfr. 2,17: doveva rendersi in tutto simile ai fratelli per divenire un sommo sacerdote; e 4,14: sa compatire le nostre infermità essendo stato lui stesso provato in ogni cosa a somiglianza di noi, eccetto il peccato).

3) fu esaudito per la sua pietà: fu esaudito in quanto ebbe la resurrezione. Per la sua pietà: alcuni traducono dalla sua pietà; si tratta di quella pietà, che è "la religione, intesa come relazione con Dio; e Gesù fu esaudito in forza di questa relazione" (R. Fabris).

4) Pur essendo figlio: il privilegio di essere figlio (cfr. Lc 3,22: tu sei il figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto) non ha impedito a Gesù di perfezionare la sua umanità mediante la sua obbedienza fino alla fine (Fil 2,6).

5) Imparò l’obbedienza: “imparare non significa apprendere cose nuove, ma sperimentare e vivere fino in fondo la fedeltà, che è anche obbedienza nella situazione di sofferenza estrema” (Fabris).

6) Reso perfetto: il verbo “rendere perfetto” nell’antico testamento si usava per indicare la consacrazione del sacerdote. La “perfezione” (consacrazione a sacerdote) di Gesù avviene attraverso l’esperienza della morte e della resurrezione e non attraverso un rito.

7) Divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono: cfr. Mt 11,19 (prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore e troverete ristoro per le vostre anime).

 

 

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

 

Desidero mettere in evidenza, tra i molti temi importanti che emergono dalle Scritture di questa domenica, quello del coinvolgimento, della partecipazione: dal semplice desiderio di vedere fino alla comunicazione-comunione più profonda. Innanzi tutto prendiamo atto di questo aspetto fondamentale della sapienza ebraico-cristiana che è quello di tendere sempre al massimo grado di partecipazione. Un po' il contrario del carattere esclusivo ed escludente delle élites intellettuali e delle mafie di ogni tipo che puntano sul controllo della comunicazione per mantenere e accrescere le loro oligarchie. Anche gli orizzonti della religiosità sono segnati da complessi procedimenti di iniziazione e da rigide condizioni di ingresso e di appartenenza.

Per noi, invece, la tensione della comunicazione caratterizza la storia, che viene vista appunto come il progredire delle relazioni, fino a una meta finale di incontro e di comunione perfetta tra Dio e l'umanità, tra ebrei e pagani, tra maestri e discepoli, tra servi e padroni… E questa è, secondo la nostra grande tradizione, la Pace; la pace non come non belligeranza per la capacità di uno di controllare l'altro e di tenere ferme le separazioni, ma appunto per la pienezza dell'incontro e la reciprocità del dono. E tutto questo avviene non per il tentativo illusorio del “piccolo” di arrivare al “grande”, ma per la determinazione del grande di “viaggiare” verso il piccolo, di comunicarsi al piccolo, di “darsi” al piccolo. Per questo la Legge delle tavole sinaitiche deve sapersi trascrivere nei cuori. Per questo il Figlio deve farsi obbediente fino al patimento della croce. Per questo il chicco di grano deve morire per non rimanere solo.

Quando questo avviene si verifica una straordinaria moltiplicazione di potenzialità e di energie positive. Infatti, chi viene “beneficato” diventa fonte di bene; chi viene “salvato” diventa partecipe dell'azione salvifica; chi riceve vita diventa anch'egli datore di vita. Che questo sia di per sé contrario all'istinto immediato è messo in evidenza dal contrasto interpretativo che si verifica in Gesù davanti alla prospettiva della morte: chiedere di essere salvato da quest'ora o riconoscere in quest'ora l'appuntamento supremo? Ma solo una sapienza partecipativa può raggiungere quella pienezza di sviluppo e di splendore che una linea individualistica e competitiva non riesce neppure a desiderare.