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12 Ottobre 2003

XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

 

 

Marco 10,17-30

17 In quel tempo, mentre Gesù usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?». 18 Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. 19 Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre».

20 Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». 21 Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: và, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». 22 Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni.

23 Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!». 24 I discepoli rimasero stupefatti a queste sue parole; ma Gesù riprese: «Figlioli, com’è difficile entrare nel regno di Dio! 25 È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». 26 Essi, ancora più sbigottiti, dicevano tra loro: «E chi mai si può salvare?».

27 Ma Gesù, guardandoli, disse: «Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio! Perché tutto è possibile presso Dio».

28 Pietro allora gli disse: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». 29 Gesù gli rispose: «In verità vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, 30 che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna».

 

1) Mentre usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a Lui, gli domandò: Maestro buono, che cosa devo fare per avere (lett. ereditare) la vita eterna? Quest'uomo, di cui non conosciamo l’identità e che nel vangelo secondo Matteo è definito giovane, corre incontro al Signore, s'inginocchia in atteggiamento penitente e appare desideroso, ma anche timoroso di entrare in rapporto con il Maestro. La sua domanda è impegnativa e forse, pur conoscendo la legge e la necessità di osservarla, ancora non sa di doversi mettere in viaggio in compagnia di Gesù, come Egli stesso ha indicato: Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua; perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo la troverà (Mc 8,34-35), e ancora: perché, giustificati dalla sua grazia, diventassimo eredi, secondo la promessa, della vita eterna (Tt 3,7).

2) Tu conosci i comandamenti: non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre… Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza: Gesù, che è il compimento della legge, mentre richiama la conoscenza e l’osservanza dei comandamenti, desidera far progredire sulla via della fede il suo interlocutore, perché per mezzo della legge si ha solo la conoscenza del peccato (Rm 3,20).

3) Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: lo sguardo del Signore sull’uomo esprime la conoscenza profonda e piena di misericordia che egli ha di lui (cfr. Sal 139: Signore, tu mi scruti e mi conosci…) e il suo desiderio di comunione d'amore.

4) Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi: la sequela del Signore esige un abbandono umile e totale e un’adesione piena alla sua persona con la consegna di tutte le proprie cose e della stessa vita, com'è avvenuto per i primi discepoli e per molti santi, come San Francesco.

5) Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel Regno di Dio: la scorsa domenica si diceva che per entrare nel Regno occorreva essere bambini; qui si afferma la necessità di essere poveri. Cfr. Mt 6,20: Accumulatevi tesori nel cielo, perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore.

 

 

 

 

 

Sapienza 7,7-11

7 Pregai e mi fu elargita la prudenza; | implorai e venne in me lo spirito della sapienza. | 8 La preferii a scettri e a troni, | stimai un nulla la ricchezza al suo confronto; | 9 non la paragonai neppure a una gemma inestimabile, | perché tutto l’oro al suo confronto è un pò di sabbia | e come fango sarà valutato di fronte ad essa l’argento.

10 L’amai più della salute e della bellezza, | preferii il suo possesso alla stessa luce, | perché non tramonta lo splendore che ne promana. | 11 Insieme con essa mi sono venuti tutti i beni; | nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile.

 

1) Per questo pregai: i versetti che precedono il testo di oggi, descrivendo la condizione del re come un uomo mortale tra gli altri uomini, affermano che la vocazione alla regalità è di per sé propria di ogni uomo, chiamato da Dio, che l’ha creato a sua immagine e somiglianza, a condividere la Sua regalità.

2) Implorai e venne in me: la consapevolezza della propria debolezza spinge il re alla preghiera. La Sapienza è frutto della preghiera ed è donata nella misura in cui l’uomo la chiede (cfr. Gc 1,5: Se qualcuno di voi manca di sapienza, la domandi a Dio, che dona a tutti generosamente e senza rinfacciare, e gli sarà data).

3) Non la paragonai neppure a una gemma: l’immagine della gemma, che supera ogni altra bellezza e per la quale ci si impegna totalmente, ritorna anche nei vangeli: Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra (Mt 13,45).

4) L’amai: il rapporto dell’uomo con la Sapienza di Dio assume un carattere nuziale.

5) Preferii il suo possesso alla stessa luce: nel capitolo 21 dell’Apocalisse, che riprende la profezia di Isaia 60, sarà la Gerusalemme messianica a non aver bisogno della luce, perché la sua lampada è l’Agnello.

6) Insieme con essa mi sono venuti tutti i beni: la ricompensa per la scelta della Sapienza è immediata. Cfr. 1Re 3,13: Ti concedo anche quanto non mi hai domandato; Lc 12,31: Cercate piuttosto il regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta; Lc 18,29-30: Non c’è nessuno che non abbia lasciato casa… per il regno di Dio, che non riceva molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà.

 

 

Ebrei 4,12-13

12 Fratelli, la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore. 13 Non v’è creatura che possa nascondersi davanti a lui, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi e a lui noi dobbiamo rendere conto.

 

1) La parola ("logos") di Dio è viva: cfr. Gv 1,1ss.: In principio era il Verbo (logos) e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio… E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. È Gesù la parola viva del Padre, che irrompe nella vita degli uomini.

2) Efficace e più tagliente di una spada a doppio taglio: la forza della Parola è spesso simboleggiata da una spada o da un'altra forza irresistibile, che non incontra difficoltà nel distinguere, separare e illuminare la realtà dell’uomo: La mia parola non è forse come fuoco, dice il Signore, e come un martello che spacca la roccia? (Ger 23,29); Prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la Parola di Dio (Ef 6,17). E’ importante che la spada della Parola penetri nella nostra vita, perché i ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni… A stento ci raffiguriamo le cose terrestri, scopriamo con fatica quelle a portata di mano, ma chi può rintracciare le cose del cielo? (Sap 9,14). Senza questa Parola (Gesù) siamo persi, non sappiamo cosa fare della nostra vita, siamo come pecore senza pastore.

3) Essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito… e scruta i pensieri del cuore: quest'opera di distinzione è anche dolorosa e difficile da accettare, perché può comportare distacchi e fratture per le scelte che richiede. Egli è qui per la rovina e la resurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori (Lc 2,34); Non sono venuto a portare pace, ma una spada; sono venuto infatti a separare il figlio dal padre (Mt 10,34).

4) Non v’è creatura che possa nascondersi (lett. non c’è creatura invisibile davanti a lui): l'opera della Parola nel cuore dell'uomo è di manifestare il peccato (cfr. Rm 3,20: per mezzo della legge si ha la conoscenza del peccato), ma questa opera è per la conversione e il perdono; l’annuncio del vangelo, infatti, è la comunicazione di quanto ogni anima sia cara a Dio, così che il Suo sguardo vi si posa con compassione, come vediamo nel vangelo (Gesù, fissatolo, lo amò).

 

 

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

 

Pongo come testo base per questa Domenica e come principio delle nostre considerazioni il testo di Ebrei 4,12-13, e le sue fortissime affermazioni intorno alla Parola di Dio. Questo è il grande tema che si pone oggi davanti all'intera comunità ecclesiale e a ciascuno di noi: l'urgenza divina di portare l'annuncio della salvezza ad ogni cuore e ad ogni popolo, magari a partire dalla nostra stessa situazione e dal nostro popolo. Si continua a parlare di nuova-evangelizzazione, ma in realtà ci si limita, con grande equivocità, a proporre, se mai, le conseguenze etiche del Vangelo, senza dare alla gente il Vangelo. Si enfatizza formalmente il primato della Parola di Dio, ma in realtà non la si proclama, non la si predica, non la si comunica. Mi sembra che in fondo la "predicazione", non solo quella a Messa e non quella dei soli preti e vescovi, in fondo continui a rivolgersi a una situazione che non c'è più, e cioè a un popolo fortemente ancorato alle sue tradizioni religiose, e quindi capace e desideroso di trarre e attuare nella storia quella Parola che sarebbe presente in tutti i costumi, gli atteggiamenti e i compiti della società civile. È commovente vedere come la stessa assemblea episcopale, ogni volta che si raduna, invii parole di insegnamento, ammonizione e incoraggiamento ai governanti del nostro paese, come se esistesse un ovvio legame tra il deposito evangelico affidato alla comunità cristiana e i criteri e gli obiettivi di chi governa la società civile.

In questa domenica la comunità credente è fortemente richiamata a dedicarsi con tutte le forze al Vangelo del Signore e al Signore del Vangelo rinunciando a ogni altra preoccupazione o possesso o programma, proprio come è domandato a quell'uomo ricco, che si è comportato bene fino ad oggi, ma ora deve comprendere che ben altre sono le esigenze poste nella storia dell'umanità. È chiesta a noi tutti una concentrazione radicale sulla persona, sulla parola e sull'opera del Signore Gesù, una concentrazione chiesta appunto a tutti e a ciascuno, proprio come a quel "tale" di cui dice la memoria evangelica. Il progetto è enorme.

Lo sapeva bene l'orante del libro della Sapienza che nella seconda lettura di oggi dichiara che la Parola non è solamente la sua proclamazione nell'assemblea dei fedeli, ma tale parola è loro affidata come principio di interpretazione e di operosità in tutto il governo della vicenda umana, dalle relazioni più immediate di famigliarità e di collaborazione fino ai grandi temi del cammino e della pace dei popoli. Ecco perché mi sembra che nell'uomo "troppo ricco" e alla fine rinunciatario e rattristato di fronte al vertiginoso progetto del Signore, sia necessario oggi leggere ben al di là di un'ipotesi di vocazione "religiosa" o "ministeriale". È il Battesimo che oggi è chiamato in causa, perché in ciascuno di noi si rinnovino le energie, le volontà e i propositi di ogni discepolo del Signore.