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1 Dicembre 2002

I DOMENICA DI AVVENTO (ANNO B)

 

Marco 13,33-37

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «33 State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso. 34 È come uno che è partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare. 35 Vigilate dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino, 36 perché non giunga all’improvviso, trovandovi addormentati. 37 Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!».

 

1) State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso (lett.: guardate, siate senza sonno; non conoscete infatti quando è il momento fissato): al v. 32, che precede il nostro brano, Gesù dice: Quanto poi a quel giorno o a quell’ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli del cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre e in Mt 24,42 si legge: Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Gesù invita a guardare con attenzione, forse per essere pronti a riconoscere ogni giorno il momento preciso della Sua venuta. La veglia è dunque l’atteggiamento di chi riconosce di non sapere, è atto di umiltà davanti al mistero di Dio che si compie secondo i Suoi tempi.

2) È come uno che è partito per un viaggio…e ha ordinato al portiere di vigilare. Vigilate dunque, poiché non sapete (lett.: ha comandato al portiere di vegliare, stare desto). Il verbo “vegliare”, che ricorre ben tre volte in questi versetti, ha in greco la stessa radice del verbo usato per indicare la Risurrezione. Lo troviamo in Lc 21,36 (Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo) e anche nei racconti della Passione di Mt e Mc (Mt 26,38–40 e Mc 14,34.37–38), quando Gesù al Getsemani invita i discepoli: vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto ma la carne è debole. Il tempo di Avvento è in questo modo accostato ai Vangeli della Passione; è infatti entrando nella sofferenza dell’uomo, che il Signore viene.

3) Ha ordinato al portiere di vigilare: il termine “portiere” è lo stesso usato in Gv 10,3 per indicare il guardiano delle pecore, figura del Buon Pastore. Il portiere sembra allora un’immagine di Gesù stesso, che sempre, e con più forza nell’ora della croce, veglia e intercede per gli uomini, anche quando essi si addormentano e lo lasciano solo (cfr. Mc 14,40 e Mt 26,43).

4) Vegliate…non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino: come suggeriscono le note della BJ, queste 4 veglie scandiscono il tempo della notte; il Signore sorprende l’uomo, infatti, nelle tenebre del peccato e della tristezza; ecco perché Gesù invita ad un’attesa di fiducia anche e soprattutto in questi momenti.

5) Perché non giunga all’improvviso, trovandovi addormentati: il rischio di un cuore che non veglia è presentato in Mt 13,24–25: ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò.

6) Quello che dico a voi lo dico a tutti: Vegliate!: questa ennesima esortazione alla veglia è estesa dal Signore Gesù a tutti i discepoli. È un invito a vivere l’attesa della venuta del Signore con l’animo della sposa del Cantico dei Cantici, che dice Io dormo, ma il mio cuore veglia (Ct 5,2). Questa attesa, sebbene nelle tenebre della non conoscenza e del peccato, è piena di speranza e desiderio, sorretta dalla fiducia nel Signore che ci accompagna all’incontro con Lui: Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo (At 1,7).

 

 

Isaia 63,16-17.19; 64,1-7

6316 Tu, Signore, tu sei nostro padre, | da sempre ti chiami nostro redentore. | 17 Perché, Signore, | ci lasci vagare lontano dalle tue vie| e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema? | Ritorna per amore dei tuoi servi, | per amore delle tribù, tua eredità.

19 Se tu squarciassi i cieli e scendessi! | Davanti a te sussulterebbero i monti. | 641 Davanti a te tremavano i popoli, | 2 quando tu compivi cose terribili che non attendevamo, | 3 di cui non si udì parlare da tempi lontani. | Orecchio non ha sentito, | occhio non ha visto| che un Dio, fuori di te, abbia fatto tanto| per chi confida in lui. | 4 Tu vai incontro a quanti praticano la giustizia| e si ricordano delle tue vie. | Ecco, tu sei adirato perché abbiamo peccato| contro di te da lungo tempo e siamo stati ribelli. | 5 Siamo divenuti tutti come una cosa impura| e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia| tutti siamo avvizziti come foglie, | le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento. | 6 Nessuno invocava il tuo nome, | nessuno si riscuoteva per stringersi a te; | perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto, | ci hai messo in balìa della nostra iniquità.

7 Ma, Signore, tu sei nostro padre; | noi siamo argilla e tu colui che ci dá forma, | tutti noi siamo opera delle tue mani.

 

1) Tu sei nostro Padre: anche nel v.16a, non compreso nella liturgia di oggi, c’è la stessa espressione, ripetuta anche nel v. finale 64,7, che permette di capire la grande fede di questa preghiera. Dio è Padre perché: crea (Deut 32,6: Così ripaghi il Signore, o popolo stolto e insipiente? Non è lui il padre che ti ha creato, che ti ha fatto e costituito?), conduce (Deut 1,31: Hai visto come il Signore tuo Dio ti ha portato, come un uomo porta il proprio figlio, per tutto il cammino che avete fatto), ama il suo popolo (Ger 31,20: Non è forse Efraim un figlio caro per me, un mio fanciullo prediletto? Infatti, dopo averlo minacciato, me ne ricordo sempre più vivamente. Per questo le mie viscere si commuovono per lui, provo per lui profonda tenerezza). In questi brani è Dio che si dichiara padre, mentre solo qui è il popolo a ricordare a Dio la sua paternità. In Gv 8,41 i Giudei affermano: noi abbiamo un solo Padre, Dio, ma sono severamente contestati da Gesù.

2) Da sempre ti chiami nostro redentore: in molti passi del profeta Isaia e in Geremia è Dio stesso che per bocca del profeta che si definisce il vostro redentore; solo qui è il popolo ad affermarlo.

3) Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie (lett.: ci hai fatto vagare) e lasci indurire il nostro cuore (lett.: hai indurito i nostri cuori): lo stesso pensiero è ripreso in 64,7: ci hai messo in balia delle nostre iniquità (LXX ci hai consegnato attraverso i nostri peccati); cfr.Is.6,10: Rendi insensibile il cuore di questo popolo, fallo duro d’orecchi e acceca i suoi occhi... né comprenda con il cuore né si converta in modo da essere guarito.

4) Ritorna (Vulg.: Convertiti, LXX: Volgiti): questa implorazione si trova anche in Sal 89,13 (Volgiti, Signore, fino a quando? Muoviti a pietà dei tuoi servi) e Sal 6,4-5 (l’anima mia è tutta sconvolta, ma Tu Signore, fino a quando? Volgiti Signore a liberarmi, salvami per la tua misericordia).

5) Se Tu squarciassi i cieli e scendessi: è un’invocazione che profetizza la grande manifestazione di Dio, che viene a salvare il suo eletto, come nel Sal 17,10 (abbassò i cieli e discese) e nel Sal 143,5 (Signore, piega il tuo cielo e scendi, tocca i monti ed essi fumeranno).

6) Avevi nascosto da noi il tuo volto: è un atteggiamento di misericordia di Dio, il quale nasconde il suo volto perché ama il suo popolo e vuole che esso ritorni a Lui; cfr. Is 54,7-8: Per un breve istante ti ho abbandonato, ma ti riprenderò con immenso amore. In un impeto di collera ti ho nascosto per un poco il mio volto, ma con affetto perenne ho avuto pietà di te, dice il tuo redentore, il Signore.

7) Noi siamo argilla e Tu colui che ci dà forma, noi tutti siamo lavoro delle tue mani: si afferma la paternità di Dio e la fiducia totale in Lui, come in Is 45,9 (Dirà forse la creta al vasaio: Che fai? oppure La tua opera non ha manici, dice il Signore, il Santo d’Israele, che lo ha plasmato: Volete interrogarmi sul futuro dei miei figli e darmi ordini sul lavoro delle mie mani? Io ho fatto la terra e su di essa ho creato l’uomo, io con le mani ho disteso i cieli e do ordini a tutte le loro schiere); ricorda anche Gen 2,7 (il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere dal suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente). La salvezza invocata si compie con una nuova creazione.

 

 

1 Corinzi 1,3-9

3 Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo.

4 Ringrazio continuamente il mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, 5 perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della scienza. 6 La testimonianza di Cristo si è infatti stabilita tra voi così saldamente, 7 che nessun dono di grazia più vi manca, mentre aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo. 8 Egli vi confermerà sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo: 9 fedele è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione del Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!

 

1) Grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo. Ringrazio continuamente il mio Dio per voi a motivo della grazia di Dio: Paolo chiede per i suoi fratelli la grazia e la pace di Dio, quella che solo Lui può donare. In questo tempo di Avvento, che inizia, viene data un'indicazione sulla preghiera, soprattutto come rendimento di grazie.

2) In lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della scienza: tutti i doni, di cui sono arricchiti i cristiani di Corinto, sono stati dati da Gesù Cristo e si trovano in Lui; è infatti disegno di Dio ricapitolare in Cristo tutte le cose (Ef 1,10).

3) La testimonianza di Cristo si è infatti stabilita tra voi così saldamente, che nessun dono di grazia vi manca: l'accoglienza dei doni della parola e della conoscenza di Gesù rende testimoni di Lui.

4) Mentre aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo: tale testimonianza avviene nell’attesa vigilante della manifestazione del Signore.

5) Egli vi confermerà sino alla fine: Gesù confermerà irreprensibili sino alla fine, cioè fino a quando Egli si renderà manifesto.

6) Fedele è Dio: è la fedeltà di Dio che chiama alla comunione con il Figlio suo, non la volontà dell'uomo; cfr. Ef 2,8 (per questa grazia infatti siete salvi mediante la fede e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene) e 1Ts 5,24 (Colui che vi chiama è fedele e farà tutto questo).

 

 

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

 

Se da una parte l'insistenza per un atteggiamento di grande vigilanza sottolinea la responsabilità attribuita ad ogni persona - credo infatti che l'intenzione del testo evangelico sia quella di attribuire a ciascuno di noi questo compito di una vita altamente impegnata - d'altra parte le Scritture di questa domenica ci mettono davanti a una straordinaria affermazione circa la positività di ogni vita e di ogni persona. Infatti dice che a ciascuno è stato assegnato un compito (alla lettera direbbe “un'opera”) e insieme “il potere” (alla lettera “la potenza”); vale a dire che ogni persona, anche la più piccola e la più povera, ha la responsabilità e la “capacità” di un progetto, di un compito appunto. Si tratta di un'affermazione capitale circa il valore assoluto di ogni uomo e donna della terra, a partire ovviamente da chi, come noi oggi, di tale valore prende atto esplicitamente. Anche nel mio figlio malato, anche in me peccatore, si gioca una scommessa straordinaria da parte di Dio stesso, circa la verità e la fecondità dell'esistenza. Tutto questo è supremamente enfatizzato dal fatto che Paolo scrivendo ai Corinzi chiama “grazia” e “doni” quello che la parabola evangelica qualificava come un “compito” e appunto la potenza di compierlo.

Dunque la vita, piena del dono di Dio qualunque ne sia il contenitore, ha tutto quello che le occorre per fiorire in pienezza. In questo orizzonte, la grande preghiera del testo di Isaia è l'importante precisazione di che cosa sia questa “potenza”. Non si tratta semplicemente di doti o di facoltà, ma di quello che ci costituisce nella fede, e cioè la presenza e la comunione del Signore nella nostra vita e con la nostra persona. Senza di Lui, niente siamo. Un panno immondo, dice addirittura Isaia. Al contrario, la sua presenza a noi fa anche del più piccolo di noi un luogo di benedizione e di fecondità. Per questo non possiamo altro che “convertirci” incessantemente verso il nostro Signore, verso questo “Altro” che ci fa essere quello che possiamo essere secondo il mistero di bene che è posto in ogni creatura umana.

Ma, affinché noi ci convertiamo, è necessario sia Lui a convertirsi a noi: anche la conversione non è dunque capacità nostra, ma accoglienza nella nostra vita della sua misericordia potente. Tanto più che anche il “compito” non è qualsiasi, ma, con infinite sfaccettature quante sono le persone di questo mondo e di tutte le generazioni della storia umana, il “compito” è uno solo. Il compito, l'opera da compiere, è il Signore stesso. Il Signore da “celebrare”, cioè da rendere presente nella nostra piccola esistenza: la sua Parola, la sua mitezza, la sua obbedienza al Padre, il suo sacrificio d'amore...; in modi diversi, nella diversità dei doni e delle situazioni, ognuno è chiamato appunto a “manifestare” in se stesso la persona e l'opera di Gesù. In Lui Figlio, noi tutti figli. Che il Signore ci trovi vigilanti, cioè intenti a celebrare in pace e mitezza la sua presenza e la sua persona nell'umile tessitura della nostra breve camminata in questo mondo!

 

 

 

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