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9 Novembre 2003

DEDICAZIONE BASILICA LATERANENSE

 

 

Giovanni 4,19-24

19 In quel tempo, la donna samaritana disse a Gesù: «Signore, vedo che tu sei un profeta. 20 I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». 21 Gesù le dice: «Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. 22 Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 23 Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. 24 Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità».

 

1) Signore, vedo che tu sei un profeta: il brano, scelto dalla Liturgia della Dedicazione della Cattedrale Lateranense per il tema del Tempio, è tratto dal c. 4 del vangelo di Giovanni, che racconta l'incontro di Gesù con la donna di Samaria, che invitiamo a leggere per intero. La donna, avendo riconosciuto Gesù come un profeta, dimostra di aver iniziato a chiamare il marito e a scacciare l’adultero, cominciando così ad allontanarsi dall’errore (cfr. il commento di Sant'Agostino a questo episodio).

2) I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare: la donna fa riferimento all’antica controversia religiosa che divideva i Giudei dai Samaritani; per questi ultimi, infatti, il luogo dove adorare era il monte Garizim, per i Giudei la città santa di Gerusalemme. “Gli uni e gli altri contendevano tra loro per ignoranza: non avendo lo sposo; essi si credevano gli uni superiori agli altri, quelli per il tempio, questi per la montagna” (Sant’Agostino).

3) E’ giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre: Gesù supera la distinzione tra Samaritani e Giudei, convocando tutto il popolo di Dio all’adorazione dell'unico Padre.

4) Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: il problema non è adorare Dio su questo monte o in Gerusalemme, ma più semplicemente incontrarlo con animo di figli (cfr. Rm 8,15: Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno Spirito da figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo "Abbà, Padre") in cammino verso la vera Gerusalemme, quella celeste, come dice il salmo 84,6: Beato chi trova in te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio.

5) Perché il Padre cerca tali adoratori: si vede in queste parole il grande amore del Padre per i suoi figli, che lo porta a cercarli e condurli per mano.

 

 

1 Re 8,22-23.27-30

22 In quei giorni, Salomone si pose davanti all’altare del Signore, di fronte a tutta l’assemblea di Israele, e, stese le mani verso il cielo, 23 disse: «Signore, Dio di Israele, non c’è un Dio come te, né lassù nei cieli né quaggiù sulla terra! Tu mantieni l’alleanza e la misericordia con i tuoi servi che camminano davanti a te con tutto il cuore. 27 Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra? Ecco i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ho costruita!

28 Volgiti alla preghiera del tuo servo e alla sua supplica, Signore mio Dio; ascolta il grido e la preghiera che il tuo servo oggi innalza davanti a te!

29 Siano aperti i tuoi occhi notte e giorno verso questa casa, verso il luogo di cui hai detto: Lì sarà il mio nome!

Ascolta la preghiera che il tuo servo innalza in questo luogo. 30 Ascolta la supplica del tuo servo e di Israele tuo popolo, quando pregheranno in questo luogo. Ascoltali dal luogo della tua dimora, dal cielo; ascolta e perdona».

 

1) Questo brano è tratto dalla preghiera di Salomone (vv. 23-53) per la dedicazione del tempio da lui costruito. Nel v. 22 la particolare posizione di Salomone mette in rilievo la sua funzione di mediazione: Salomone, come Mosè e Gesù, è parte del popolo, ma è anche distinto da esso (di fronte), segno di collegamento tra il popolo e Dio.

2) Non c’è un Dio come te: è un richiamo all’unicità di Dio, come troviamo nel libro del Deuteronomio (Dt 5,7: Non avere altri dèi di fronte a me; 6,4: Ascolta, Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore…).

3) Tu mantieni l’alleanza e la misericordia con i tuoi servi…: la costruzione e l’inaugurazione del tempio sono viste come segno della fedeltà di Dio alle alleanze con i tuoi servi (v. 23) e con il tuo servo Davide (v. 24 e 25, non compresi nel testo liturgico).

4) Al v. 27 Salomone afferma, paradossalmente, che la casa che egli ha costruito per Dio e che sta inaugurando non può contenerlo, riconoscendo così il limite di ogni costruzione umana, l’inadeguatezza di tutto ciò che l’uomo può fare per Dio, per quanto grande esso sia.

5) Lì sarà il mio nome: nella Bibbia il nome indica la presenza; il Tempio è "la casa" di Dio e quindi il luogo delle sue relazioni familiari con gli uomini.

6) L’uso ripetuto del termine servo (vv. 23, 28, 29, 30) in questo brano indica la relazione tra l’uomo e Dio nei termini del servizio. Ma il servizio rivolto a Dio diventa anche servizio del popolo, perché Salomone non prega soltanto per sé, ma anche per il popolo (v. 30). Nella figura del tuo servo si può vedere una profezia del Messia, servo del Signore e intercessore per il suo popolo (cfr. Is 42. 49. 50. 53; cfr. anche Rm 8,32: Cristo Gesù, che è morto, anzi, è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi).

 

 

1 Pietro 2,4-9

4 Carissimi, stringendovi al Signore, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, 5 anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo. 6 Si legge infatti nella Scrittura: Ecco io pongo in Sion una pietra angolare, scelta, preziosa e chi crede in essa non resterà confuso”.

7 Onore dunque a voi che credete; ma per gli increduli “la pietra che i costruttori hanno scartato è divenuta la pietra angolare, 8 sasso d’inciampo e pietra di scandalo”.

Loro v’inciampano perché non credono alla parola; a questo sono stati destinati. 9 Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce.

 

1) Stringendovi al Signore… davanti a Dio: Cristo è la pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta da Dio come fondamento sul quale costituire un nuovo popolo. Spiega San Paolo in Ef 2,20-22: Voi siete edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra angolare lo stesso Gesù Cristo (…). In lui anche voi insieme con gli altri venite edificati per diventare dimora di Dio per mezzo dello Spirito.

2) anche voi venite impiegati… per mezzo di Gesù Cristo: tutti coloro che si stringono intorno a Gesù formano una sola casa spirituale, che è la Chiesa. In essa ognuno ha parte al sacerdozio santo che, attraverso Gesù, offre sacrifici graditi a Dio (cfr. Es 19,6: Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa).

3) Ecco io pongo in Sion… non resterà confuso: l'immagine della pietra angolare, alla quale ancorarsi per non vacillare, rappresenta il Cristo e viene posta in Sion quasi a ricordare la profonda fraternità che lega i cristiani agli ebrei.

4) Onore dunque a voi… a questo sono stati destinati: Gesù è la pietra preziosa, che viene rigettata dagli increduli come sasso d'inciampo e pietra di scandalo, perché essi non credono al Vangelo, ma che viene scelta come pietra angolare per riunire, mediante la fede nella Parola, gli ebrei e i gentili in un solo popolo.

5) Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa: siete - spiega Is 43,20-21 - Il popolo che io ho plasmato per me e che celebrerà le mie lodi. Vengono attribuiti alla Chiesa i titoli del popolo eletto per mostrare la sua stretta relazione con Dio, portando così a compimento la promessa dell'antica alleanza: se vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli, perché mia è tutta la terra, ma voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa (cfr. Es 19,5-6).

6) il popolo… alla sua ammirabile luce: Gesù, attraverso la sua morte, ha chiamato alla luce gli uomini, così che proclamino le sue opere (cfr. Col 1,12-13: ringraziando con gioia il Padre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce; è lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo figlio diletto).

 

 

 

 

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

 

Possiamo oggi fare qualche considerazione intorno al verbo "adorare", tanto importante nella liturgia di questa domenica. Nell'uso comune sembra trattarsi di un termine strettamente riservato all'orizzonte della "religione". Vorrei insieme con voi cercare quali implicazioni l'adorazione introduca nell'esperienza storica della fede ebraica e cristiana. Possiamo innanzi tutto accorgerci del grande "cammino" compiuto nella storia della salvezza: non una storia di negazione-sostituzione, come se il Cristo fosse lo spartiacque tra un'adorazione che viene lasciata e una nuova che viene assunta. Anche quando Gesù parla di quest' "ora" degli adoratori "in spirito e verità", non nega, né inventa, ma, in se stesso, porta a pienezza e compimento quello che la profezia di Israele aveva custodito, e nello stesso tempo proclama quello che un testo come la Prima Lettera di Pietro esplicita e sviluppa.

Dunque, vi invito a considerare come la Santa Scrittura stessa sia una divina fonte e una divina scuola di pace, dove tutto incessantemente cresce e muta, senza negazioni ed esclusioni. Tutto va' sempre compreso "nell'insieme", nella totalità. Diremo allora così: che l'adorazione è la nostra risposta a quell'azione di Dio, a quel suo "essere per noi" che lo differenzia radicalmente da tutti gli dei creati o trovati dall'esperienza umana. Tale azione si è progressivamente svelata e affermata come Amore. Dio ci ama nella totalità del suo amore. Noi ci sappiamo generati e condotti da una relazione positiva che ha riversato in noi tutto questo Altro da noi che chiamiamo Dio.

L'adorazione, allora, lungi da essere un atteggiamento umiliato e terrorizzato, è la possibilità concessa all'uomo di "rispondere" e di "corrispondere" a questo amore totale. Ciò che le altre creature "non possono", noi possiamo: appunto, rispondere. È la pienezza e la gloria di ogni relazione. Tutto questo rinnova radicalmente anche la concezione di "sacrificio", che non è più, come è vissuto nel fenomeno "religioso", il tentativo umano di placare o di piegare a sé la divinità, ma è appunto la via di una risposta d'amore piena, libera, e senza limiti.

Tutto questo ha una ricaduta straordinaria anche nella relazione tra le persone, perché apre la strada alla possibilità di superare la "solitudine" di ciascuno con se stesso, e di trasferire tutto il proprio essere nella persona amata. E tutto questo non è l'annientamento di chi ama, ma anzi il suo pieno essere e quindi il perfetto compimento di sé. Viene travolta la prigionia di ogni dominio dell'altro o sull'altro, e viene affermata la reale possibilità di una relazione che essendo totalmente oblativa è insieme affermazione piena della persona e di ogni sua più profonda intenzionalità. Non è serio dire che Dio, quando ama e perché ama, è "più se stesso". Ma si può dire che quando lo conosciamo nell'atto del suo amore per noi, allora veramente lo conosciamo. E così, anche tra noi ci conosciamo, non certo quando ci teniamo distanti e sospettosi: che sia egli un "lupo"?, ma quando volendoci bene ci riveliamo e ci consegniamo l'uno all'altro in pienezza. Il gioco val bene il rischio!