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19 Ottobre 2003

XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

 

 

Marco 10,35-45

35 In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo». 36 Egli disse loro: «Cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: 37 «Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». 38 Gesù disse loro: «Voi non sapete ciò che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». 39 E Gesù disse: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete. 40 Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».

41 All’udire questo, gli altri dieci si sdegnarono con Giacomo e Giovanni. 42 Allora Gesù, chiamatili a sé, disse loro: «Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. 43 Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, 44 e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. 45 Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

 

1) Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo: il brano di oggi è collocato subito dopo il terzo annuncio della Pasqua, al quale è unito da un "e", che nei versetti precedenti collega tutti i verbi che la descrivono.

2) Concedici di sedere nella tua gloria: sembra una domanda ardita ed ambiziosa, ma Gesù non li rimprovera; forse il loro unico desiderio è stare vicino a Lui.

3) Voi sapete ciò che domandate? Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il Battesimo...: Gesù, come fa spesso, risponde alla domanda dei discepoli con un'altra domanda ed usa due immagini della sofferenza, il calice (cfr. Is 51,17: Hai bevuto dalla mano del Signore il calice della sua ira, la coppa della vertigine) e il battesimo (battezzare, che significa essere immersi, andare a fondo, richiama il Salmo 42,8: Tutti i tuoi flutti e le tue onde sopra di me sono passati): per partecipare alla gloria di Gesù, come desiderano i due fratelli, è necessario entrare con Lui nella Passione.

4) Lo possiamo: è una risposta pronta; i due fratelli sembrano sicuri, ma non è chiaro se hanno capito bene che bere il calice vuol dire percorrere le orme di Gesù nella Passione.

5) Il calice che io bevo anche voi lo berrete: quest'affermazione segna il culmine della prima parte del brano, perché Gesù non lascia soli i discepoli, ma li prende con sé nel cammino verso la Pasqua, dando loro la forza di portarlo a termine.

6) Sedere alla mia destra... è per coloro per i quali è stato preparato: nel parallelo di Mt 20,23 è precisato dal Padre mio. Gesù rimette ogni decisione al Padre; la concessione della gloria è un puro dono di Dio.

7) Gli altri dieci si sdegnarono: lo stesso verbo si trova anche in Mt 26,8, nell'episodio dell'unzione di Betania; l'amore incondizionato crea spesso scandalo nei cuori aridi.

8) Voi sapete che i capi delle nazioni le dominano... chi vuol essere grande fra voi si farà vostro servitore: il potere del mondo è basato su una signoria "contro" le persone, mentre Gesù insegna una signoria "a favore" di esse.

9) Il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti: Gesù dà l'esempio; tutti gli uomini sono chiamati a seguire questo esempio con un impegno totale della loro vita.

 

 

Isaia 53,2.3.10-11

2 Il Servo del Signore è cresciuto come un virgulto davanti a lui | e come una radice in terra arida. | 3 Disprezzato e reietto dagli uomini, | uomo dei dolori che ben conosce il patire. | 10 Al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. | Quando offrirà se stesso in espiazione, | vedrà una discendenza, vivrà a lungo, | si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. | 11 Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce | e si sazierà della sua conoscenza; | il giusto mio servo giustificherà molti, | egli si addosserà la loro iniquità.

 

1) Questa lettura è tratta dal quarto canto del Servo del Signore, che mostra ancora più fortemente degli altri la "Passione" del Servo e la fecondità che ne scaturisce. Il testo liturgico non comprende alcuni versetti, che descrivono in modo più dettagliato le sofferenze di quest'uomo e il senso di esse, in ordine alla nostra salvezza; è infatti tutto descritto in prima persona plurale.

2) E’ cresciuto come un virgulto… come una radice in terra arida: sono immagini che indicano la piccolezza del Servo (ancor più evidente nel testo ebraico in cui il primo termine è lattante), accresciuta anche dalla difficoltà dell’ambito in cui si trova (terra arida, lett. di sete).

3) Uomo dei dolori: attraverso le sue sofferenze il Servo entra in una profonda solidarietà con il dolore di ogni uomo (cfr. Eb 4,15: essendo stato provato in ogni cosa).

4) Al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori: le sofferenze del Servo non vengono in realtà dagli uomini, ma, in ultima istanza, da Dio stesso e quindi sono interne al suo misterioso disegno d’amore.

5) Quando offrirà se stesso in espiazione: in ebraico il termine qui tradotto "espiazione" significa sia “colpa”, sia “riparazione per la colpa”. Abbiamo qui la rivelazione del senso delle sofferenze del Servo: esse sono l'offerta in sacrificio della propria vita per amore. Gesù ha pagato il nostro riscatto col suo sangue (cfr. 1Pt 1,18-19).

6) Vedrà la luce (l'ebraico ha semplicemente vedrà) e si sazierà della sua conoscenza: vedere e conoscere pienamente Dio scaturiscono dal mistero di passione e morte (dal suo intimo tormento vedrà…)e sono il senso della risurrezione (cfr. 1 Cor 13,12 e Gv 14,7: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto).

7) Giustificherà molti: il seme caduto in terra porta molto frutto, è diventato primogenito di molti fratelli.

 

 

Ebrei 4,14-16

14 Fratelli, poiché abbiamo un grande sommo sacerdote, che ha attraversato i cieli, Gesù, Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della nostra fede. 15 Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato.

16 Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno.

 

1) Poiché dunque abbiamo un grande sommo sacerdote, che ha attraversato i cieli, Gesù, Figlio di Dio: per accogliere e rimanere nella Parola di Dio, che è viva ed efficace, occore l’aiuto che Dio stesso ci dona in Gesù. Egli è il grande intercessore per noi: le sofferenze sopportate da Gesù l’hanno avvicinato agli uomini e a Dio. Cristo glorificato è il sommo sacerdote perfetto: Tale era infatti il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli (Eb 7,26).

2) Gesù, Figlio di Dio: in Gesù umanità e divinità si incontrano; egli è dunque un sommo sacerdote infinitamente potente nella sua intercessione.

3) Manteniamo ferma la professione della nostra fede (lett. Teniamo la confessione): possiamo rimanere nella confessione di Gesù come nostro unico Signore, perchè Lui per primo è fedele. La sua glorificazione gli concede autorità piena presso Dio, perchè è il sommo sacerdote che rappresenta gli uomini presso Dio. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e fedele nelle cose che riguardano Dio (Eb 2,17).

4) Infatti, non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa: “Compatire” vuol dire “patire con”, in un rapporto di comunione e di profonda soliarietà con gli uomini. Infatti, proprio per essere stato messo alla prova ed avere sofferto personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova (Eb 2,18).

5) A somiglianza di noi, escluso il peccato: il termine "somiglianza" indica tutta la profondità dell’unione del Signore con gli uomini. Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini (Fil 2,6-7).

6) escluso il peccato (lett. senza peccato): Dio ha reso il Cristo solidale con l’umanità peccatrice, per rendere gli uomini solidali con la sua obbedienza e la sua giustizia. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perchè noi potessimo diventare per mezzo di Lui giustizia di Dio (2Cor 5,21).

7) Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia: al trono della giustizia Dio preferisce il trono della grazia. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perchè il mondo si salvi per mezzo di Lui (Gv 3,17).

8) e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno: il tempo opportuno è quello inaugurato con la venuta del Signore Gesù. Nel momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso. Ecco il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza (2Cor 6,1-2).

 

 

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

 

Sono molti i suggerimenti che i testi biblici di questa domenica ci danno sul piano sapienziale. Ne segnalerò due. Il primo è quello che mi viene suggerito dalla bella espressione di Isaia che chiama il Servo del Signore "Uomo dei dolori", che ben conosce il patire. In coerenza con questa espressione, tutta la liturgia di questa domenica è fortemente concentrata sul valore della Passione di Cristo, e si accosta alla liturgia del Venerdì Santo, con la presenza sia del Canto quarto di Isaia, sia del brano della Lettera agli Ebrei, che pure in quel giorno vengono proclamati, per quanto più estesi e completi. "Uomo dei dolori" è l'indicazione e l'opzione per una via privilegiata di accostamento al travaglio della storia, la cui direzione positiva di riscatto e di pacificazione viene affidata non a chi, magari con intenzioni e progettualità positive, affronta problemi e ferite con risorse di potenza, ma lontane da una condivisione diretta. La proposta della sapienza ebraico-cristiana è che per capire e per intervenire in modo efficace, è necessario entrare nel problema e investirsene fino a condividerne la pena. Ho sempre in mente l'inizio del Sal.40 che nella sua versione greca afferma la beatitudine di colui che "ha l'intelligenza del Povero", dove "avere l'intelligenza" significa avere la capacità di capire, e dove il Povero con la "P" maiuscola fa riferimento al grande commento patristico che vede in questo Povero lo stesso Signore Gesù, Dio che si affratella ai poveri fino alla Croce, e per questo è in senso assoluto il Pastore "quello Buono".

La Lettera agli Ebrei incalza dicendo che Gesù è veramente il Sommo Sacerdote in quanto capace di "compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, come noi", pur senza il peccato. È una sapienza che ancora vedo molto presente negli spazi famigliari, e meno nelle realtà delle comunità cristiane, e rigorosamente esclusa nella vicenda dei popoli.

L'altro spunto sapienziale di grande rilievo ci viene dall'osservare come con energia l'insegnamento di Gesù nella memoria evangelica escluda l'opportunità di indagare sulla realtà "post mortem" ed esiga che la vita sappia trovare tutto il suo significato e la sua bellezza già nella sua fisionomia intra-temporale; senza dunque bisogno di trarre il suo valore dalla prospettiva di eterne ricompense. E questo attraverso il mistero della carità, che di fatto, come sappiamo, è una reale "anticipazione" dell'eternità nella fragilità della storia, e che rende significativa la vita chiamandola al pieno dono di sé. Come a dire che una vita spesa fino al calice non ha bisogno di pensare a retribuzioni che premino il sacrificio, perché l'offerta della vita per amore è già piena, in se stessa, della sua ricompensa. E in ogni caso è in questo che deve cercare quella "gloria" che nel Regno dei cieli avrà la sua pienezza. In tal senso, è interessante che anche di sé stesso Gesù riveli il senso profondo della sua esistenza terrena nel "servire e dare la propria vita in riscatto per molti": qui c'è già tutta la sua gloria.