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2 Febbraio 2003

PRESENTAZIONE DEL SIGNORE

 

Luca 2,22-40

22 Quando venne il tempo della purificazione secondo la Legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, 23 come è scritto nella Legge del Signore: “ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore”; 24 e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore.

25 Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d’Israele; 26 lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore. 27 Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge, 28 lo prese tra le braccia e benedisse Dio:

            29 «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo

            vada in pace secondo la tua parola;

            30 perché i miei occhi han visto la tua salvezza,

            31 preparata da te davanti a tutti i popoli,

            32 luce per illuminare le genti

            e gloria del tuo popolo Israele».

[ 33 Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. 34 Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione 35 perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima».

36 C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, 37 era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. 38 Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

39 Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. 40 Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui.]

 

1) Quando venne il tempo della loro purificazione...: la purificazione dopo la nascita di un figlio è un precetto di Lv 12,1-8, che ricorda il bisogno dell'uomo di essere continuamente risanato da Dio.

2) portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore: Maria e Giuseppe con grande umiltà adempiono tutti i precetti della legge. Il grande disegno di Dio, la nascita del Messia, passa per piccole ubbidienze.

3) A Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone: per descrivere Simeone vengono usate parole molto simili a quelle che troviamo in Lc 23,50 per Giuseppe d'Arimatea. Questi due uomini, "giusti e timorati di Dio", stringono fra le braccia Gesù, l'uno all'inizio e l'altro alla fine della sua vita terrena.

4) Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge, lo prese fra le braccia: la Legge (i genitori) porta Gesù alla Profezia (Simeone); l'incontro avviene perché c'è in queste persone obbedienza alla Legge ed attesa della Profezia.

5) Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace: l'ora è quella in cui Gesù viene a visitare il suo popolo. Dopo la venuta di Gesù la morte cambia nome: è "andare in pace".

6) I miei occhi hanno visto la tua salvezza... luce per illuminare le genti: la venuta del Messia è non solo "gloria del suo popolo", Israele, ma anche luce di salvezza per tutte le genti.

7) Il padre e la madre di Gesù si stupivano: è singolare che siano stupiti proprio i genitori, che per gli annunci e avvenimenti precedenti dovevano già sapere chi era quel bambino; la meraviglia davanti agli avvenimenti del Signore è una virtù dei piccoli.

8) Egli è qui per la rovina e la resurrezione di molti (lett. Egli è posto qui): essere posto (giacere) fa pensare ad un mistero di morte. Segno di contraddizione non vuol dire segno "che contraddice", ma segno "che è contraddetto", rifiutato dagli uomini.

9) C'era anche una profetessa, Anna: Anna era stata vergine, poi sposata, poi vedova. La sua vita sembra non voglia cedere alla solitudine: le nozze sono il centro della sua esistenza e la vedovanza deve essere visitata; per questo non lascia mai il tempio. Anna serve Dio giorno e notte con digiuni e preghiere; quando finalmente giunge lo sposo (Gesù), si mette a parlare del bambino e la sua preghiera diventa lode.

10) Il bambino cresceva e si fortificava: richiama le parole di Giovanni Battista Egli deve crescere ed io invece diminuire (Gv 3,30); qui la crescita di Gesù è in relazione con la "diminuzione" di Simeone e Anna.

 

 

Malachia 3,1-4

Così dice il Signore Dio: 1 «Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore, che voi cercate; l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, ecco viene, dice il Signore degli eserciti. 2 Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. 3 Siederà per fondere e purificare; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un’oblazione secondo giustizia. 4 Allora l’offerta di Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore come nei giorni antichi, come negli anni lontani.

 

1) Ecco: l’esclamazione ecco proclama l’intervento di Dio imminente, anzi già in atto, in virtù della parola profetica. La stessa esclamazione è presente alla fine del v. 1 (ecco viene…).

2) io manderò un mio messaggero (LXX il mio messaggero): Malachia identifica questo messaggero con il profeta Elia (Ml 3,23); Gesù dichiara la realizzazione di questa profezia nella venuta di Giovanni Battista (Mt 11,10-14).

3) a preparare la via: è l'opera che viene chiesta al popolo nel libro della consolazione di Isaia (40,3: nel deserto preparate la via del Signore, appianate nella steppa la strada per il nostro Dio).

4) entrerà nel suo tempio il Signore (Vulg. il dominatore: attributo di Dio che indica la sua sovranità universale): alla mormorazione della fine del cap 2 Dio risponde con una grazia più grande, visitando il suo popolo.

5) che voi sospirate (Vulg. e LXX che voi volete; Ebr. di cui vi dilettate): c'è una ricerca e un'attesa piena di affetto da parte del popolo, che si ritrova nel vangelo (Simeone, che aspettava il conforto d'Israele e tutti quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme).

6) L’angelo dell’alleanza: Dio agisce attraverso un intermediario, da Lui difficilmente distinguibile, come l’angelo dell’Esodo (Es 23,30) che introduce Israele nella terra promessa; qui l’angelo ha la missione di rinnovare l’alleanza violata e il culto.

7) Chi sopporterà (Vulg. quis poterit cogitare? Chi potrà pensare, capacitarsi?): è messa in evidenza la piccolezza e indegnità dell'uomo di fronte al manifestarsi della santità di Dio (cfr. la visione di Is 6).

8) il giorno della sua venuta: è un giorno di giudizio e di salvezza, opera pasquale, come si vede anche nel vangelo (Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele Lc 2,34).

9) Sederà per fondere e purificare: la purificazione sembra un’opera di liquefazione (Vulg colabit) da parte di Dio, che plasma il suo popolo perchè possa offrire un’oblazione secondo giustizia, come nei giorni antichi, come negli anni lontani. Il riferimento è all'antica pasqua, l’atto salvifico che aveva generato il popolo d’Israele; ogni nuova opera di Dio è sempre il ripresentarsi nella storia del popolo dell’unico atto pasquale di salvezza del Signore.

 

 

Ebrei 2,14-18

14 Poiché i figli hanno in comune il sangue e la carne, anch’egli ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, 15 e liberare così quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita. 16 Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. 17 Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e fedele nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo. 18 Infatti proprio per essere stato messo alla prova ed avere sofferto personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova.

 

1) Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche egli ne è divenuto partecipe. Il termine “figlio”, usato sia nel testo latino sia in quello greco, richiama l’idea di piccolezza: gli uomini sono fanciulli, "figlioli" del Signore, tutti accomunati dal sangue e dalla carne del Figlio di Dio che si fa uomo.

2) per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo: Gesù condivide con l’uomo ogni cosa, la vita e la gioia, la sofferenza e persino la morte.

3) e liberare così quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita: tutti erano schiavi del diavolo, perché soggetti alla morte, avendone paura; infatti La morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono (Sap 2,23-24), ma Gesù di Nazaret… passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo (At 10,38) e il Figlio di Dio è apparso per distruggere le opere del diavolo (1Gv 3,8). Perciò sono liberati dalle catene del timore (cfr. Rom 8,15: voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: Abbà, Padre!).

4) per diventare un sommo sacerdote misericordioso: Gesù è un sacerdote che sa compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, come noi, escluso il peccato (Eb 4,15); nel testo latino viene definito Pontifex, cioè colui che è ponte tra Dio e gli uomini, mediatore tra il Padre e i suoi figli.

5) allo scopo di espiare i peccati del popolo: Gesù è vittima di espiazione, che offre la sua carne ed il suo sangue per la remissione dei peccati; cfr. Eb 7,27 (egli non ha bisogno ogni giorno, come gli altri sommi sacerdoti, di offrire sacrifici prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo, poiché egli ha fatto questo una volta per tutte, offrendo se stesso).

 

 

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

 

La grande festa che incontriamo in questa domenica ci consente di evidenziare alcuni aspetti della tradizione sapienziale ebraico-cristiana. Gli Ebrei sono i grandi maestri, si potrebbe quasi dire i grandi inventori della Speranza. È quello che oggi esprimono in modo forte questi due anziani di Israele, simbolo di una storia capace di attendere, di preparare, di indicare un obiettivo, un evento atteso, capace di convogliare verso sé tutta la vita personale e collettiva di un popolo. L'attesa messianica non è solo un dato di fede, ma diventa una teologia e una filosofia della storia. Per gli Ebrei il tempo è una strada, una linea tesa, lungo la quale deve avvenire un incontro con un avvenimento-persona. Questo differenzia l'ebraismo da ogni altra cultura, dove viceversa è universalmente affermata una concezione circolare del tempo, un tempo che incessantemente ritorna su se stesso. La Bibbia interpreta questa affermazione con il detto del Libro dell'Ecclesiaste “Nulla di nuovo sotto il sole”, e l'assegna a chiunque non viva appunto nell'“attesa” di qualcosa o di qualcuno.

Contro dunque l'ipotesi che nulla di nuovo possa avvenire, noi viviamo nella vigilanza, nella profezia, nell'attesa. Mentre dunque le sapienze della mondanità guardano con sospettoso cinismo ogni affermazione di “speranza”, e identificano la vera sapienza con l'allontanamento del saggio da ogni “illusione” per entrare in quello “scetticismo” o se si vuole in quell'ironico realismo che è proprio dell'imperturbabilità del vero sapiente, la sapienza ebraico-cristiana si custodisce nella trepidazione umile e vigilante della speranza, e per questo si ritiene sempre più piccola della storia nella quale è immersa e dove non si stanca mai di immergersi con lo stupore e l'attenzione di un novizio. Questo fa sì che il vero maestro in Israele sia colui che sa custodirsi, in modo sempre crescente, appassionato discepolo, nella convinzione che ogni oggetto di ricerca perennemente trascende colui che ricerca.

Questa è la grande lezione che oggi, tra le molte altre, si raccoglie dalle persone di questi due anziani. Accanto ad essa si può accennare anche alla sapienza del “riconoscimento”, dove la nostra tradizione proclama lo scandalo di un capovolgimento: la scelta e la collocazione del'“apice” nell'“infimo”, l'elezione di ciò che mondanamente si ritiene debole e stolto - in contrapposizione a forte e sapiente - per raccogliere in esso il Mistero.

Come forse già ci siamo detti, è un'ipotesi razionalistica estranea al pensiero biblico quella di ritenere che il Mistero sia collocato “in alto”, là cioè dove la ragione non può ulteriormente “salire”. Il Mistero è collocato “in basso”, nel piccolo, oggi tutto significato e reso presente nella piccolezza del Bambino. Tale Mistero non sarà raggiungibile se non attraverso quella Pasqua che Simeone annuncia come “rovina e risurrezione”, e ancora, secondo la tradizione occidentale, come “spada” che trafiggerà l'anima. È prevista e richiesta cioè una “Pasqua sapienziale”, una morte-risurrezione del sapiente, per una nuova straordinaria aristocrazia dello Spirito, non secondo le grandezze delle élites mondane ma secondo le scandalose elezioni di Dio.

 

 

 

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