"Cose di questo mondo" oggi si trasferisce in Terra Santa, tra Gerusalemme e Gaza. Due fratelli della mia famiglia, Lorenzo e Andrea, abitano sul Monte degli Ulivi e hanno un permesso speciale per entrare a Gaza e per far visita ai detenuti cristiani delle carceri. Ne approfittano per portare risorse di sopravvivenza alla gente, partendo dai bambini di alcune scuole. Questa è la cronaca di una corsa fatta a Gaza martedì scorso.

Prendo la bici e pedalo fino al Getsemani per celebrare la messa delle 6 e per cercare la forza per la giornata che mi aspetta. Insieme ai miei due amici americani, Br. Joe e Fr. Don, vado a Gaza per una rapida visita ai nostri amici. Alle 9.00 siamo già dentro… quasi imbarazzati della rapidità del viaggio e dei controlli al checkpoint di Erez. Sabah e Ahmad, l’autista, ci caricano sul consueto taxi e subito ci raccontano con alcune drammatiche battute come siamo fortunati a poter viaggiare in auto, con gasolio egiziano comperato al mercato nero. Per la gente comune è ormai difficilissimo usare mezzi a motore. Sfidando le norme di sicurezza e le regole della meccanica, molte auto vanno con il gas delle bombole da cucina o a olio di semi mescolato con poca benzina, lasciando odore di fritto e scie bianche lungo le strade. Anche i generi di prima necessità non solo sono carissimi ma spesso introvabili. La corrente elettrica è disponibile poche ore al giorno, le bombole di gas per cucinare sono scomparse… Eppure, nonostante tutto questo, la gente resiste, vive. Le strade del centro di Gaza sono vivaci. I banchetti del mercato, con vestiti e scarpe, affollati. La gente trova la voglia di scendere in strada e di fare una vita "normale": è un mistero anche per i nostri amici. Arriviamo all’immenso campo di Jabalia. Nel suo quartiere chiamato Shafa c’è una delle nostre scuoline. E’ una delle poche ancora aperte perchè quasi tutte hanno terminato in anticipo l’anno scolastico. Solo 65 dei 170 bambini frequentano in questi giorni. Sono quelli che abitano nelle vicinanze e non hanno bisogno del pulmino. Siamo attesi. Le maestre ci fanno festa e ci accolgono con amicizia. Sembra un secolo che non ci vediamo. Viene distribuito un bicchiere di latte. Facciamo una fotografia ai bambini affamati e sporchi che stupiti ci guardano oltre il bordo della tazza. La batteria dell’auto è scarica per il poco utilizzo… spingiamo per ripartire alla volta del centro città dove ci aspettano i capi delle altre scuole che aiutiamo, e le straordinaria signore responsabili delle associazioni di aiuto e di soccorso delle donne. Ancora accoglienza cordialissima. Ci sentiamo a casa. A qualcuno riusciamo perfino a chiedere notizie di figli, mogli, famiglie… Ci raccontano della vita di questi ultimi mesi. L’assedio è terribile. Tutto è fermo. I poveri muoiono per mancanze di cure. La gente è disperata. Non c’è futuro. Muhammed, che abita nella zona centrale della striscia, racconta che l’esercito invade regolarmente i campi vicini a casa sua. I soldati, se non hanno combattimenti diretti, fanno tiro al bersaglio con le bestie al pascolo, devastano campi, serre e alberi da frutto. Ci resta il tempo per una visita alle Missionarie della Carità di Madre Teresa. Anche loro sono contente di vederci. Con alcune ci siamo visti a Gerusalemme durante le feste di Pasqua. Ne approfittiamo per fare un ultimo scambio di fatture, ricevute e soldi. Poi mi defilo e salgo al piano superiore per salutare i bambini che stanno stabilmente nella casa. Alcuni mangiano, altri sono già nei lettini per il riposino pomeridiano, altri aspettano di essere cambiati. Dai nostri angeli di Gaza raccolgo gratuitamente qualche sorriso e qualche carezza. Gli ultimi degli ultimi. Suor Delfina insiste per darci qualche frutto per il viaggio. Sono le 13.30. E’ già ora di tornare al checkpoint. Le immagini delle strade attraversate da asini e carretti, e le rovine delle case bombardate ci accompagnano fino a Erez. Passiamo. In macchina siamo silenziosi. La sensazione di non aver fatto niente di utile si mescola con la felicità di aver incontrato i nostri amici. In un momento siamo a Gerusalemme.

Leggi l’articolo originale nel blog Conversando con Gerusalemme