cardinaliGiovanni Nicolini
Dalla rubrica IL TESORO NEL CAMPO su “Jesus” di Febbraio 2013.

In queste settimane a Bologna, e non solo a Bologna, è stata vibrata e luminosa la memoria di Giuseppe Dossetti nel centenario della sua nascita. Dalla partecipazione alla Resistenza al ruolo protagonista nella Costituente e nei primi passi della Repubblica nata dal dramma della Seconda Guerra Mondiale e dalla fine della dittatura fascista. Dalla fondazione dell’Istituto di ricerche religiose a Bologna alla consacrazione religiosa e al ministero presbiterale. Dalla fondazione della comunità di discepolato e di preghiera all’ultima fatica in difesa della Costituzione aggredita dalla sottocultura berlusconiana: tutta la vita di don Giuseppe è stata un continuo passare da un orizzonte all’altro in un impegno crescente e in un sempre più profondo esercizio di paternità spirituale donata non solo a credenti ma anche a molti dell’altra sponda che la custodiscono con affetto e riconoscenza figliale. La fonte e la forza di questo straordinario itinerario umano e spirituale è stata la Parola di Dio, che ha condotto don Giuseppe verso impegni straordinari nella storia e a prospettive di geografia dello Spirito che da Gerusalemme hanno guardato lontano, fino ai grandi subcontinenti della Cina e dell’India. Per compiere tutti questi passaggi Dossetti è passato per molte “dimissioni”. È stato inevitabile pensarci in questi giorni segnati dal grande gesto del Papa e dalla grande impressione che il suo nobile passo ha suscitato in molti. Il confronto tra le dimissioni di Dossetti e quelle di Benedetto XVI solleva qualche domanda, e mi porta ad un interrogativo più generale sul significato stesso delle dimissioni. Mi si pone una domanda: un Padre – o una Madre – si possono dimettere? Ed è proprio la profonda continuità della vita di don Giuseppe a suggerirmi il quesito. Perché lui ha lasciato e assunto compiti e ruoli diversi, funzioni e impegni di grande rilievo, sempre in obbedienza spirituale e come risposta ad esigenze e chiamate che la storia gli poneva. Obbedienze al Signore e alla Chiesa. Ma tutto questo è sempre avvenuto in grande tensione e in grande fedeltà all’approfondirsi della sua paternità spirituale. Si può quindi dire che le molte sue dimissioni sono state altrettanti passaggi nell’approfondirsi di una paternità sempre più profonda e sempre più vasta. Proprio in ragione di questa paternità ho vissuto con fatica e dolore anche le dimissioni di Vescovi che ho conosciuto, come Marco Cè Patriarca di Venezia e Carlo Maria Martini Pastore della Chiesa di Milano. E ricordo di Marco Cè la sua obiezione al desiderio di dimissioni da parte di un Vescovo di Bologna, quando affermava che pur nella debolezza senile e nella malattia un Pastore esercita la sua paternità anche solo benedicendo il Popolo che gli è stato affidato. Allora, pur essendo consapevole di tutto l’orizzonte giuridico e canonico del problema, mi chiedo: può un Papa dimettersi? Giuridicamente, è chiaro, lo può. Ma in un orizzonte di considerazioni di fede e di Spirito? Si può dire che la paternità è una funzione, un compito, un ministero come altri? Soprattutto se pensiamo ad una paternità che una consuetudine profonda anche se forse un po’ ridondante porta a chiamare il Vescovo di Roma “Santo Padre”? E anche sull’obiezione troppo giusta della debolezza e della fatica, come non sentire il peso di una resistenza che, malgrado gli auspici e le prospettive sorte nel Concilio, custodisce gelosamente una solitudine papale inevitabilmente esposta – e in questo il Pontificato di Benedetto XVI è stato un esempio quasi drammatico! – a intrusioni e invasioni illegittime. Un Papa circondato dalla laboriosità affettuosa di confratelli Vescovi non è meglio che un Papa aggredito illegalmente nella sua solitudine istituzionale? Scrivo nei giorni ultimi di un Pontificato che ci ha donato segni grandi di sapienza e di bontà. Siamo davanti ad un Conclave indubbiamente segnato da problemi molto acuti. Certo, penso anche al Conclave che ha eletto Papa Giovanni. Doveva essere un passaggio e un ripiego ed è stato la primavera di una stagione felice e feconda. Anche adesso, tutto andrà bene. Possiamo forse farci qualche domanda sulla possibilità di una Chiesa meno funzionale e più spirituale. Più paterna e quindi più materna.