Tre corpi. Il primo. Quello degli uomini-topo che hanno scavato le gallerie al confine tra Gaza e l’Egitto. Molti sono morti come topi scavando a mano le “gallerie del pane”. Cento euro al giorno sono un salario eccezionale a Gaza. Molti hanno voluto scavare. Molti ci sono rimasti sotto. Le ho viste queste gallerie: moltissime, per molti chilometri. Certamente hanno fatto passare anche le armi: molto meno di quello che si dice. Certo è passato molto cibo. E carburante. E medicine. Per sopravvivere.

Ancora una volta il meraviglioso popolo palestinese voluto bene da nessuno. Neanche dai fratelli del monto arabo. Molto amato dalle piccole chiese cristiane che, nella diversità delle confessioni, sono unite dalla lingua araba che non proclama solo il Corano, ma anche, e da più tempo, il Vangelo di Gesù.

Perché questo assurdo muro d’acciaio? Una grana ulteriore per Israele, il severo guardiano del carcere, che si toglieva il problema della sopravvivenza dei carcerati chiudendo due occhi davanti alle gallerie degli uomini-topo. Uno scandalo morale e spirituale per l’egiziano che rinuncia all’eccesso di guadagno di qualche suo commerciante per chiudere il suo fratello palestinese nella morsa di una povertà disperata. Un assurdo irreale per il milione e mezzo di prigionieri che sono gli abitanti di Gaza.

Il secondo corpo. Il corpo di tutti i viaggiatori in partenza dagli aeroporti internazionali, che la “macchina della sicurezza” spoglierà ed esaminerà non solo nella sua nudità esterna, ma anche nel segreto delle ferite che la potenza delle terapie occidentali ripara e sana con i suoi organi artificiali. E’ l’ultima frontiera di una lotta disperata che non si rassegna ad ammettere che la violenza e la vendetta sono annidate nella mente e nel cuore, là dove nessun occhio artificiale è capace di leggere e di scoprire. Una dignità violata che pensavamo chiusa nel passato demoniaco del lager nazista e per sempre bandita.

Il terzo corpo, non meno ingombrante, lo ritengo ben noto ai lettori che hanno seguito le cronache di Rosarno, simbolo drammatico del precipitare italiano nella barbarie della “dittatura democratica”, e del ripetersi ai nostri giorni di una “normalità” che nega le luci essenziali della nostra tradizione cristiana. Mentre torno a casa sotto il carico di pensieri angoscianti , e mi chiedo come farò a trovare un “tesoro” per la mia rubrica su Jesus, trovo i miei fratelli che “disfano” il Presepio perché il Natale dei Magi e del Battesimo di Gesù ci ha consegnati al cammino ordinario della divina liturgia del Signore.

Ma è proprio lo sguardo sulla piccola immagine di Dio che si è fatto Bambino a restituirmi alla bellezza di una piccolissima bambina, chiamata in Paradiso troppo presto per i suoi genitori. Ho pianto su di lei e con loro, affascinato dalla sua trasparente bellezza. Ho visto il suo corpo, piccolissimo, capace di raccogliere in sé, come in un grembo materno, la disperazione degli altri corpi. E’ il corpo di quella piccola il tesoro che ho trovato nella fatica di un campo di dolore.

Giovanni Nicolini 12 gennaio 2010