Club Dossetti – Parrocchia di Sammartini.

In prosecuzione degli incontri della nostra Scuola Rurale, diamo un sintetico resoconto e la registrazione audio del terzo incontro della sessione crevalcorese che si è tenuto domenica 09 febbraio 2014 c/o la sala Ilaria Alpi – Via Persicetana, 226 – Crevalcore.
(V. anche il volantino (file PDF) con il programma 2014 completo e i link agli articoli con le registrazioni del primo incontro di domenica 12 gennaio e del secondo incontro di domenica 26 gennaio).

SCUOLA-RURALE-DOMENICA-09-FEB-2014-3-DON-COLMEGNA-FOTOGRAFIA

Don Francesco ed il relatore Don Virgilio Colmegna

Tema generale della sessione di Crevalcore di quest’anno: “Il nuovo Papa e il mondo d’oggi”

Tema dell’incontro di domenica 9 febbraio: “Il papa e i poveri”, relatore: don Virginio Colmegna.

Registrazioni audio:
-Relazione di Don Virgilio Comegna  (file mp3, 11 MB).
-Domande e conclusioni  (file mp3, 10,5 MB).

Resoconto sintetico:

Don Virginio Colmegna.

Ricordo il card. Lercaro e la sua “Chiesa dei poveri”, che sono stati importanti per me. Sono i poveri la nostra speranza per il futuro. Il card. Martini non pensava ad un’opera assistenzialista. I poveri sono qui per entrare in noi, per un ribaltamento di prospettiva, per una sfida per il futuro, per una riscoperta della gratuità, per uno stile di vita di condivisione, più che per un aiuto. Non un’attività, ma una contemplazione operosa. Una mistica della povertà. La prima povertà è quella di Maria, poi quella di Gesù (Papa Francesco). Riscoprire “beati i poveri”. I poveri sono la stragrande maggioranza dell’umanità, sono una realtà che coinvolge tutti. Abbiamo bisogno di parlare non di povertà, ma dei poveri. I 1734 arrivati l’altro ieri a Lampedusa (di questi, 80 sono arrivati a Bologna ieri sera, a Villa Aldini, ndr) vogliono dirci qualcosa. La visita del Papa a Lampedusa ha avuto un significato simbolico e programmatico per tutti noi. Ogni mattina, come un parroco, nell’omelia il papa sta cambiando registro, parla delle vicende quotidiane della gente. I poveri hanno un volto, un nome. Non si tratta di far statistiche, nostro non è un lavoro da ONG.
P. Turoldo sognava una Chiesa scalza, col bastone del pellegrino.
I poveri sono una sfida educativa per noi, una scuola di sapienza di vita.
Quando prego la sera c’è il volto dei 139 ospiti della mia casa. Non sono solo carte su una scrivania, sono persone, ognuna delle quali è una storia, un racconto. Il Card. Martini a Gerusalemme ci parlò di “eccedenza” della carità. Non si tratta di essere “utili” socialmente. Guardare in faccia le persone: ne va anche della nostra sapienza e felicità. I poveri sono la nostra carne (Papa Francesco).
Il card. Martini ci diceva di non fare il nostro lavoro in una struttura che fosse un bene ecclesiastico, ma del Comune, ad esempio in una scuola, per non sapere di chi siamo.
I poveri ci chiedono di convertirci, di cambiare il cuore. E il papa pure. Siamo in passaggio epocale: per noi è una grande responsabilità. La relazione con i poveri è un grande dono per tutti noi. Custodire il “kairos” che stiamo vivendo.
Partire dalle periferie, dai “non luoghi”, che emarginano le persone.
Tirar fuori il linguaggio della poesia, del sentimento, della contemplazione, della preghiera, del senso dei legami, dell’innamorarsi. Cambiare così il volto delle comunità cristiane. Il monachesimo ha sempre avuto la foresteria, ora si deve fare l’inverso: portar dentro la preghiera nelle nostre case, nei nostri luoghi di ospitalità. Ho fatto la scorsa estate due mesi di vita in Casa della Carità passandoli tra la mensa e la cappella. Ne è nato un libro, “Regaliamoci speranza” (Il Saggiatore, 2013).
Inizio del Testamento di San Francesco: l’incontro con i lebbrosi per Francesco è stato l’inizio della vita nuova.
La Quaresima di quest’anno è per me impegnativa. Oltre tutto la situazione del nostro Paese lo richiede.
La Messa per me non è di orario, ma perché ne sento il bisogno, così la preghiera.

Don Giovanni.

Vorremmo fare un pellegrinaggio di “poveroni” a trovare il papa.
La Chiesa è dei poveri, di poveri. Dobbiamo diventare veramente un popolo di poveri, riconoscerci tali. Se no, non riusciamo a fare qualcosa per i poveri.

Don Virginio.

Ho imparato molto di più quando ero nell’ospedale psichiatrico giudiziario che in seminario.
Ci sono molti matti, sempre di più (il 40% dei nostri ospiti).
Far silenzio, usare meno twitter. Cambiare linguaggio, non dire “utenti”, “volontari”, “senza fissa dimora”, “disturbo bipolare”…
Forse il linguaggio dei poeti , quello della bibbia ci salva.
La pedagogia della narrazione. La povertà diventa un linguaggio emozionante. Importante scrivere le proprie emozioni.
L’accoglienza dei Rom è stato un grande dono, ci danno il senso del fallimento.