10 Infelici anche coloro le cui speranze sono in cose morte e che chiamarono dèi le opere di mani d’uomo, oro e argento, lavorati con arte, e immagini di animali, oppure una pietra inutile, opera di mano antica. 11 Ecco un falegname: dopo aver segato un albero maneggevole, ha tagliato facilmente tutta la corteccia intorno e, avendolo lavorato abilmente, ha preparato un oggetto utile alle necessità della vita; 12 raccolti poi gli avanzi del suo lavoro, li consuma per prepararsi il cibo e saziarsi. 13 Quanto avanza ancora, buono proprio a nulla, legno contorto e pieno di nodi, lo prende e lo scolpisce per occupare il tempo libero; con l’abilità dei momenti di riposo gli dà una forma, lo fa simile a un’immagine umana 14 oppure a quella di un animale spregevole. Lo vernicia con minio, ne colora di rosso la superficie e ricopre con la vernice ogni sua macchia; 15 quindi, preparatagli una degna dimora, lo colloca sul muro, fissandolo con un chiodo. 16 Provvede perché non cada, ben sapendo che non è in grado di aiutarsi da sé; infatti è solo un’immagine e ha bisogno di aiuto. 17 Quando prega per i suoi beni, per le nozze e per i figli, non si vergogna di parlare a quell’oggetto inanimato, e per la sua salute invoca un essere debole, 18 per la sua vita prega una cosa morta, per un aiuto supplica un essere inetto, per il suo viaggio uno che non può usare i suoi piedi; 19 per un guadagno, un lavoro e un successo negli affari, chiede abilità a uno che è il più inabile con le mani.