Don Giovanni, quanti sono i poveri di Bologna? Ma chi sono i poveri, don Giovanni? Essere poveri a Bologna non è come esserlo a Calcutta, o all’Asmara. Che cosa si può fare? Chi fa qualcosa per loro? Tante domande mi entrano in testa quando vado e ritorno dal lavoro. Un viaggio corto che faccio a piedi, perchè abito in centro e ho il mio studio a due passi da casa. Ma in quel breve tratto incontro molti poveri. Mi fanno pensare a lei, e vorrei aiutarla in qualche modo. Ma quando la domenica vengo a messa, non ho il coraggio di dirle niente. Mi rifugio nell’anonimato del giornale, per invitarla a chiedere esplicitamente che cosa si può fare con lei e per lei.

Caro Anonimo, il suo biglietto mi è di consolazione, questa mattina. E’ sabato mattina e sto incontrando alcune persone che mi hanno chiesto di parlare. Ognuna con il suo guaio. Le donne anche con il pianto. Faccio su e giù le scale, sperando che il mio fisioterapista sia d’accordo, e intanto svaligio il frigo di casa che ieri ho riempito di una spesa, per sostituire la spesa precedente che è durata troppo poco. Ma qui per noi tutto è facile.

Sono queste persone a riempirmi fino all’orlo di un’angoscia che non riesco a fermare. Sarà perchè ho poca fede. Sarà perchè ho anche poca carità, e certe volte, come questa mattina, la loro povertà mi sommerge. Si rischia anche un po’ di schizofrenìa, perchè poi di fatto sono parte di un mondo privilegiato. In casa siamo un po’ ammassati, ma a me hanno lasciato una camera tutta a mia disposizione. Ma quello che più mi intriga è che la povertà è varia e fantasiosa: c’è chi di risorse ne ha ed è poverissimo nella mente e nel cuore.

C’è chi non ha da mangiare, ma ha la giovinezza e magari la consolazione di un grande amore. Mi sembra che se riuscissi a mettere insieme queste povertà diverse, e sapessi spezzare un unico pane come si fa a Messa, e lo potessi consumare insieme a loro, sarebbe per me grande consolazione.

Intanto sento che nella stanza vicina cominciano ad arrivare gli scolari della nostra piccola scuola media paterna della pace. “Che materie avete questa mattina?” “inglese, e poi educazione tecnica”. Mi viene in mente che l’insegnante di musica mi ha chiesto ieri sera se possiamo chiamare un amico che suona bene il violino per far sentire melodie ebraiche che gli sembrano adatte per i nostri ragazzini. Va bene, ma oggi mi viene in mente che uno degli scolari vive con tutta la famiglia in una sola stanza. Bisognerà che il violino e le melodie di Israele tengano conto di lui, e lo consolino, e lo rallegrino.

Telefono al mio amico Arrigo, che custodisce il nostro conto di emergenza e gli chiedo di farmi avere nei prossimi giorni un po’ di grana, perchè sono arrivato in fondo al barile. E adesso mi viene in mente mio padre, che di soldi ne guadagnava molti, ma quando è morto non abbiamo trovato un soldo nei suoi conti. Poi, per una decina d’anni, la mamma ha continuato a ricevere visite di persone che volevano restituire qualche cifra ricevuta da lui in tempi difficili. E in ogni modo volevano ringraziare lei per lui. Vorrei avere la fede e la carità di mio padre. Caro Anonimo, sciogli l’anonimato e io ti aspetto sabato prossimo a farmi un po’ compagnia. I miei amici saranno contenti di incontrare anche te. Buona Domenica. Giovanni.