Vigilia della Domenica della Santa Famiglia. Siamo insieme a molte famiglie per qualche giorno di vacanza con i nostri bambini. La casa tra i monti e il lago è pigiata di settanta persone. Andiamo a visitare una famiglia un po’ speciale: il Monastero di clausura delle Clarisse qui vicino. Ci riceve un’amica monaca, nata nel nostro paesino. La conversazione si snoda e si sviluppa con grande semplicità. E subito mi è chiaro che cosa sta fiorendo: siamo venuti a vedere più da vicino una vicenda e un’esperienza che si presenta così lontana e che in pochi minuti si rivelerà così simile alle nostre e così ricca di suggerimenti reciproci. Eppure tutto è radicalmente diverso. Ci sentiamo come marziani sbarcati sulla terra e come elefanti in una cristalleria: paura di disturbare e di turbare. Lei arriva e la vediamo dietro alla grata che viene subito aperta: una separazione che resta, e che insieme diventa segno di comunione: una comunione non come ovvietà, ma come dono! Una grata per dire il mistero di ogni persona e insieme il suo aprirsi per comunicare e per stabilire un vincolo prezioso. Due note forti vuole subito evidenziare la nostra sorellina: la povertà e l’umiltà. E noi, che istintivamente diremmo che la povertà non la vogliamo e l’umiltà non la conosciamo, ci scopriamo intenti a specchiare in quelle parole un volto così forte, anche se così "silenzioso", delle nostre famiglie, così non espresso e quasi inconsapevole. Anche per noi povertà e umiltà sono di casa. Anche per noi è così: la visita e la presenza di Dio nella nostra vita così povera, anche noi a riscoprire che senza una continua ricerca di umiltà la vita di famiglia sarebbe impossibile, già naufragata. E si parla di silenzio, di una regola di silenzio che anche per noi sarebbe così importante e feconda, e che anche in monastero si sperimenta non solo nella sua bontà, ma anche nel rischio di farne un silenzio ostile e cattivo. La nostra sorella e amica ci dice che piano piano si impara a capire se il silenzio di chi ci sta accanto è di pace o di separazione. Anche a casa nostra è così! E’ una famiglia grande quella del monastero: sono in ventisette, e tra loro ci sono le giovani, ma anche le nonne in età da bisnonne. Ci troviamo a domandarci se le nostre famiglie non hanno qualcosa da ripensare circa tante separazioni e tanti isolamenti. In questa famiglia del monastero non cessa mai la stagione della crescita delle persone giovani e la cura di quelle anziane e malate: tutte insieme. E la preoccupazione che anche la più debole e la più malata possa esprimere un piccolo segno di servizio per tutte le altre. E ancora: l’affetto per tanti che del monastero fanno un punto fermo di riferimento, di confidenza e di affidamento per la loro vita personale e famigliare. E l’attenzione a quello che succede nel mondo: qualche giornale ogni giorno e una radio che si ascolta insieme ma che una sorella può domandare alla Madre per qualche interesse particolare. Persino il problema del computer. e la decisione di non entrare in "internet", ma di usarlo per scrivere e per corrispondere con tanti. Anche un nostro messaggino quotidiano arriva in monastero per ascoltare insieme la Parola di Dio…Quando usciamo dopo aver ricevuto ciascuno un regalino, la gioia si intreccia con il turbamento: si pensa che magari non si potrebbe fare – e neanche si vorrebbe – una simile vita, e che peraltro forse siamo andati a vedere un’immagine bella della nostra stessa vita. Il pensiero di tutti è che veramente è un unico Signore che ci guida e ci conduce verso la sua Casa. Un grande augurio di luce e di pace ad ogni famiglia. d.Giovanni.