1 Allora tutta la comunità alzò la voce e diede in alte grida; quella notte il popolo pianse. 2 Tutti gli Israeliti mormorarono contro Mosè e contro Aronne e tutta la comunità disse loro: «Fossimo morti in terra d’Egitto o fossimo morti in questo deserto! 3 E perché il Signore ci fa entrare in questa terra per cadere di spada? Le nostre mogli e i nostri bambini saranno preda. Non sarebbe meglio per noi tornare in Egitto?». 4 Si dissero l’un l’altro: «Su, diamoci un capo e torniamo in Egitto».
5 Allora Mosè e Aronne si prostrarono con la faccia a terra dinanzi a tutta l’assemblea della comunità degli Israeliti. 6 Giosuè, figlio di Nun, e Caleb, figlio di Iefunnè, che erano stati tra gli esploratori della terra, si stracciarono le vesti 7e dissero a tutta la comunità degli Israeliti: «La terra che abbiamo attraversato per esplorarla è una terra molto, molto buona. 8 Se il Signore ci sarà favorevole, ci introdurrà in quella terra e ce la darà: è una terra dove scorrono latte e miele. 9 Soltanto, non vi ribellate al Signore e non abbiate paura del popolo della terra, perché ne faremo un boccone; la loro difesa li ha abbandonati, mentre il Signore è con noi. Non ne abbiate paura».
10 Allora tutta la comunità parlò di lapidarli; ma la gloria del Signore apparve sulla tenda del convegno a tutti gli Israeliti.
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Sento necessario sottolineare quel “allora” del ver.1 che esige di collegare il dramma di oggi all’infedeltà di ieri, cioè al “tradimento” degli esploratori (10 su 12!). La ribellione oggi di tutto il popolo non può non accusare quanto abbiamo ascoltato nel capitolo precedente, e proprio a partire da quello che il Signore aveva detto a Mosè: “Manda uomini ad esplorare il paese di Canaan che sto per dare agli Israeliti”(cap.13,2), e che Mosè aveva ordinato agli esploratori al ver.17 dello stesso capitolo: “osserverete che paese sia, che popolo l’abiti…”, ma senza nessun dubbio circa il fatto che in ogni modo quel paese Dio lo dava al suo popolo. Invece loro avevano dichiarato impossibile l’impresa! L’avevano fatta diventare troppo difficile. Invece, come dicevamo, il paese è meraviglioso, certo i popoli sono forti, certo Israele è fragile, ma…Dio, che è più forte, è con loro! E’ Lui a dare il paese al popolo, non la loro spada! Insomma non hanno annunciato il Vangelo, hanno sottolineato le cose difficili, anzi impossibili da fare… e quindi il popolo è scoraggiato (sto parlando di ieri o di oggi? la Parola parla ad ogni tempo e ad ogni cuore!). Se la salvezza dipende da me, ed è una gara dura, inutile pensare di farcela.
Sono quindi tentato di capire tutta la reazione del popolo in questa direzione e per questi motivi. Mormorano contro Mosè e Aronne, rimpiangendo di non essere morti nel deserto o addirittura in Egitto! Quando la tristezza domina i cuori, non è difficile fare questi peccati contro la fede. Quando cade la fede, è ovvio, e quasi giusto, mi sembra, che ognuno pensi a sè, alla sua famiglia, a sua moglie e ai suoi bambini…(ver.3) e che il popolo di Dio vada a farsi friggere. Se qualcuno pensa che io stia parlando dei vescovi, sappia che io ritengo che ognuno di noi ha in qualche modo la responsabilità dell’esploratore. Esploratori del Vangelo e del Regno, con la responsabilità alta di darne testimonianza, cioè “Buona Notizia”. Se però comunichiamo solo un “dover fare” impossibile, tradiamo il Vangelo! E così fino alla ribellione e alla congiura (ver.4).
Il ver.5 mi sembra di grande interesse. Mosè e Aronne cadono a terra, davanti a tutto il popolo, in silenzio. Rimprovero, disperazione…? Forse anche riconoscimento dell’inganno che il popolo, nella sua fragilità, ha subìto. Non li vedo cioè accusatori del popolo, quanto partecipi di un peccato che li prostra. E mi sembra segno di questo il fatto che la reazione violenta e viva l’assumano i due esploratori fedeli. Sono loro infatti che devono ristabilire la verità. Sono loro che si stracciano le vesti, e in questo denunciano sia il peccato del popolo sia il loro dolore. E così, ai vers.6-9, testimoniano in pienezza la verità di quanto è accaduto e la strada che si deve percorrere.
E qui il nostro testo si ferma: il popolo non accetta questa parola e vuole lapidare Giosuè e Caleb. Interviene il Signore.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
E’ difficile pensare che Dio non avesse previsto tutto questo scompiglio seguito al suo ordine di esplorare la terra. Non era meglio lasciarli nell’incertezza di quello che li aspettava? Non bastavano le sue parole, le sue promesse?
Il dubbio, la mancanza di fede, il pessimismo, la paura del nemico, l’esagerazione dell’avversario… sono tutti pensieri “umani” molto naturali, nei quali tutti ci ritroviamo.
Ma allora perchè Dio li ha mandati ad esplorare? Perchè ha voluto questa terribile prova? Perchè permette che il popolo si disperi e dica addirittura “Fossimo morti in terra d’Egitto o fossimo morti in questo deserto! “?
Mi ha ricordato molto la vicenda di Lazzaro (Gv 11). Gesù, avuta la notizia della sua malattia, aspetta, lascia che muoia. Dice addirittura “sono contento di non essere stato là”. Marta gli dice “Se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto”. Gesù che amava Lazzaro e le sue sorelle, non arriva in tempo di proposito. E per lui questa morte è straziante, piange!
Eppure tutta la vicenda ha un significato profondo, importantissimo per la fede dei discepoli e anche di Marta e Maria. Devono credere che Gesù che di sè dice: “io sono la resurrezione e la vita: chi crede in me anche se muore vivrà”.
Anche per il popolo nel deserto il problema è proprio quello della fede nel Signore il quale ha promesso che darà loro la terra, contro tutte le difficoltà, le contraddizioni, le impossibilità umane. E’ di lui che si devono fidare… alla cieca!
Nei primi versetti vediamo una “escalation” di sentimenti e di azioni, che tante volte si è ripetuta nelle vicende umane: la comunità ha paura, si mette a gridare…, il popolo piange…; di qui si passa alla mormorazione e alla determinazione di eliminare un capo e farsene un altro che cambi la storia. Non è più solo il rimpianto delle cipolline d’Egitto, delle sicurezze dello stato di dipendenza: Fossimo morti in terra d’Egitto! Fossimo morti in questo deserto! – Eppure, la terra esplorata è “una terra molto buona” (vengono in mente le parole della creazione), è una terra dove “scorrono latte e miele”: una magnifica espressione, usata forse dai nomadi del deserto, che suggerisce tutta la bellezza e la ricchezza produttiva della terra promessa. Gli abitanti attuali sono, sì, potenti, ma ormai sono rimasti “senza ombra” (v. 9, dove la traduzione dice che la loro “difesa” li ha abbandonati): sono ormai esposti ai terribili raggi solari, sono senza la tutela dei loro dèi, assolutamente impotenti di fronte al vero Signore! Ed ecco che il Signore si manifesta in tutta la sua bellezza e maestà (v. 10).
Ho visto la mormorazione del popolo e il rilancio di Giosuè e Caleb molto rappresentativi dell’animo umano.
Da una parte il pianto del popolo,la fatica di abbandonarsi, la poca fede e lo scoraggiamento..al punto che sembra quasi meglio la morte, tornare in Egitto, la schiavitù.
Dall’altra lo slancio fiducioso..’Se il Signore ci sarà favorevole..’.
Ho visto anche con speranza l’ultimo versetto dove il dibattito interno-interiore di Israele ad un certo punto si arresta : ‘ma la gloria del Signore apparve sulla tenda del convegno a tutti gli Israeliti. ‘.
Come se tutto ,alla fine, vada a sbattere contro la pietra del salmo 136, la testata d’angolo.
Meno male..