18 Mentre diceva loro queste cose, giunse uno dei capi, gli si prostrò dinanzi e disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà». 19 Gesù si alzò e lo seguì con i suoi discepoli. 20 Ed ecco, una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, gli si avvicinò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. 21 Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata». 22 Gesù si voltò, la vide e disse: «Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata». E da quell’istante la donna fu salvata.
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Un rapido confronto con i testi paralleli di Marco 5,21-43 e di Luca 8,40-56 mette in evidenza come il nostro brano sia non solo più breve degli altri, ma anche molto più “piano”, direi più semplice ed essenziale. Dico questo perchè mi sembra che la presenza della duplice vicenda della bambina morta e della donna malata non voglia portarci verso altri problemi e prospettive, come forse propongono gli altri evangelisti, ma vuole darci conferma forte del grande “problema” che il nostro cammino nel Vangelo di Matteo vuole evidenziare, e cioè il tema nuziale, come tema fondante e fondamentale della fede ebraico-cristiana. Non dimentichiamo che mentre “i miti delle origini” delle religioni, delle sapienze e delle tradizioni dei popoli sono sempre temi di vittoria, di esaltazione dell’ “eroe”, di diritto storico-divino del popolo che da tale mito è nato, il “mito delle origini” della fede ebraico cristiana è quello dell’amore nuziale – pensiamo ai primi capitoli di Genesi! – che avrà la sua piena rivelazione e il suo compimento in Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio, mandato dal Padre a stabilire il Patto eterno d’amore tra Dio stesso e l’intera umanità attraverso il sacrificio pasquale del Cristo. Quello che abbiamo quindi ricevuto in dono in questi giorni nella memoria dei miracoli e dei grandi eventi di conversione, di accoglienza dei poveri e dei peccatori, tutto il Vangelo insomma, è la grande convocazione nuziale dell’umanità per la potenza della Croce e della Gloria di Gesù.
In questo senso mi è sembrata interessante la figura di questo “capo”. L’indeterminatezza delle sue funzioni carica ulteriormente la “responsabilità” di quest’uomo, che diventa come un simbolo del grande compito storico universale di Israele. Non fidatevi troppo, ma sono arrivato a pensare che per questo motivo la sua bambina è già morta e risorgerà! Perchè la fede di Israele assolve il compito di custodire la profezia e di preparare “la carne” del Cristo. Come vedremo nel testo di domani, ora la carne dello Sposo non è per la morte ma per la risurrezione. Quel capo, quel padre, arriva fino alla morte della bambina. Gesù è venuto a regalarci la sua e nostra risurrezione! Quel “capo” e “padre” è immagine di Israele che arriva a Cristo custodendo la profezia e preparando la venuta del Messia. Ora lo riconosce e lo accoglie!
Nella stessa direzione sento potente la figura della donna malata: una lunga malattia, e ora, finalmente, la sua risoluzione: “Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata”(ver.21). E’ la secolare fede di Israele che porta il popolo della Prima Alleanza verso la pienezza nuziale di Gesù. Colgo questa figura femminile come immagine preziosa in particolare della prima comunità giudeo-cristiana. Di essa conosciamo persone importanti: dalla Madre del Signore, a Pietro e Paolo, a Maria Maddalena, a Matteo il pubblicano con la sua equivoca compagnia.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Gesù stava ancora parlando…Aveva detto della necessità di mettere il “vino nuovo in otri nuovi”, e oggi questo lo si vede nella fede di questo capo, che accoglie l’insegnamento “nuovo” di Gesù, facendosi “otre nuovo” col passare dalla sinagoga alla fede in Gesù.
Il testo di oggi evidenzia il contrasto tra l’essere il Signore presente al banchetto insieme ai pubblicani e peccatori, banchetto della divina misericordia, e l’annuncio di morte portatogli da questo capo della sinagoga. Isaia (25:6ss) descrive il banchetto messianico proprio come la salvezza dalla morte: “Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande… Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre che copriva tutte le genti. Eliminerà la morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto; la condizione disonorevole del suo popolo farà scomparire da tutto il paese, poiché il Signore ha parlato. E si dirà in quel giorno: “Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse.”
E la guarigione della donna matura, da molti anni malata che si accosta al Signore e lo tocca, fiduciosa che anche solo un contatto fugace con Lui la salverà mostra come sia grande la potenza della fede. Gesù è “preso” da tutte le parti: è facile potersi avvicinare a Lui, a Dio (come prima certo non si poteva) perché Lui si è avvicinato per primo all’umanità bisognosa di salvezza e ha annunciato che “il Regno di Dio è vicino”, e che Lui è il “Dio con noi”.
Dopo la preghiera di questo capo, Gesù fa quello che di solito nel vangelo fanno le persone guarite da Lui: si alza, (“sorge”), e lo segue.
Gesù segue questo uomo, come anche vediamo nel vangelo di Giovanni a proposito di Lazzaro: “Dove lo avete posto?” E segue quelli che gli dicono “Vieni e vedi!” E lo portano alla tomba di Lazzaro. Questa sequela lo porta alla condizione finale dell’uomo. Matteo poi nota che lo seguì Gesù “con i suoi discepoli”. I discepoli, proprio perché seguono Gesù arrivano allo stesso luogo. Essere discepoli – aveva detto pochi giorni fa Gesù – vuol dire “andare e imparare cosa significhi, Misericordia io voglio e non sacrificio”. E a uno che lo voleva seguire Gesù aveva risposto: “Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti”. E oggi i discepoli seguono Gesù non per essere dei “morti che seppelliscono i loro morti” ma per portare a una persona morta l’annuncio della salvezza e della vita. Quel “seguimi!” è l’annuncio di un rapporto nuovo con la morte e i morti.
Il brano di oggi mostra come Gesù ascolti la richiesta di salvezza rivoltagli secondo modalità anche così diverse: da una parte questo capo che si presenta in mezzo al banchetto con gesti vistosi e parole esplicite chiede la salvezza della sua figliola; e dall’altra questa donna che in modo quasi furtivo, senza parlare, tocca di nascosto il mantello di Gesù, per essere salvata. Gesù esaudisce entrambe queste “preghiere” così diverse, reagendo anche in modo diverso. Al capo infatti risponde in silenzio, seguendolo. Alla donna, invece, si rivolge, la cerca e le parla, e la Sua parola – più che il venire toccato – sembra essere ciò che le porta salvezza.
Forse vuole anche dire che a Gesù interessa sì la guarigione e la salvezza degli uomini e donne, ma con un fine ben preciso: perché l’umanità guarita e salvata possa avere conversazione con Lui.