18 Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19 Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. 20 Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; 21 ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Seleziona Pagina
COMMENTO DI GIOVANNI 1^ PARTE:
La traduzione italiana del ver.18 decisamente non mi piace. Il testo è più semplice e più profondo: “La nascita di Gesù avvenne così”. Si tratta di un evento totalmente disposto e attuato da Dio. Giuseppe rappresenta in modo profondo l’accoglienza del dono da parte dell’umanità, e in particolare da parte di Israele! Il parallelo con l’annuncio a Maria di Luca 1 è molto forte!
Il mistero divino che si compie in Maria chiede di essere accolto nella fede. Il delicatissimo versetto 19 dobbiamo incessantemente riproporcelo tutti! Davanti a tante possibili interpretazioni che vengono citate nelle note delle nostre bibbie, mi permetto di proporre una lettura che estenda la vicenda di Giuseppe a tutti noi, considerandola un sublime paradigma della fede. Quando mi pongo davanti a questo versetto lo colgo come l’avvenimento della fede e quindi di quella “povertà” che l’atto di fede porta con sè! La fede infatti esige una “espropriazione” che Giuseppe vive in pienezza e che consegna alla fede cristiana di tutte le generazioni. E’ preziosissimo e delicatissimo quell’attributo “giusto”: io preferisco considerarlo nel suo significato più ampio nella tradizione ebraica, e cioè come qualità della persona che vive della Parola di Dio, come l’albero del Salmo 1, piantato in riva al fiume, incessantemente dissetato dal dono di Dio. A questo punto facciamoci aiutare dal “padre della fede”, da Abramo, e da quel suo atto di fede che lo porta a credere, in contraddizione persino con le promesse di Dio: sacrificare il figlio che gli è stato donato da Dio stesso come principio di una stirpe innumerevole. Ora Giuseppe è chiamato a rinunciare non a tutto quello che la sua testa o il suo cuore gli chiederebbero, ma a tutto quello che nel suo essere “giusto” ha ricevuto da Dio stesso. Ma qui interviene una considerazione globale circa la fede: la fede è accettare di non vivere più niente “in proprio”, ma sempre come accoglienza, come segno, come celebrazione del mistero di Dio. Quando la ver.21 l’Angelo chiede che sia Giuseppe a dare il nome a Gesù, gli chiede evidentemente di muoversi intermente come padre di quel Bambino…non essendolo! A me non sembra che il problema centrale sia un dubbio sulla persona di Maria. Tant’è che senza ombra di dubbio egli pensa di “non accusarla pubblicamente”, cioè di non denunciare un fatto che in realtà non c’è, e cioè una ipotetica impossibile disonestà della promessa sposa, ma, più profondamente, di accettare di essere il non padre-padre del Bambino. Ho ben in mente e nel cuore la meravigliosa ikona del Natale e la misteriosa e angosciante rappresentazione della persona di Giuseppe, del suo insidiatore e della sua inevitabile tristezza. La fede è anche questo! La “tentazione” di Giuseppe non è un episodio, ma è l’esposizione permanente della fede, sempre esposta a negare se stessa. Solo il credente sa veramente che cosa sia il dubbio! Il non credente tende a cercare di costruirsi una certezza che per il credente è impossibile. E non solo perchè la fede è una prova, ma anche e soprattutto perchè la fede è un dono. E quindi non ci appartiene! Questo certamente non porterà Giuseppe ad essere meno-padre del Bambino. Anzi! Ma lo farà sempre come sospeso e appeso al dono che appunto perchè prezioso è fragile. La fede non è mai possesso. Scusate la prolissità e il contorcimento di parole che vi saranno poco utili. D’altra parte questo cammino con voi lo voglio fare sempre in piena comunione, e quindi cercando di essere…quello che sono.
(segue)
COMMENTO DI GIOVANNI 2^ PARTE:
L’Angelo del Signore che si presenta al ver.20 è il Signore stesso, che secondo la tradizione biblica si rende presente attraverso l’Angelo perchè non si può vedere Dio e non morire. Questo ….fino a Gesù! E Gesù – “Dio salva” – è il nome che come padre Giuseppe deve dare al bambino. Ricordiamo che in Luca è Maria a dargli il nome. Ma qui siamo davanti all'”annuncio a Giuseppe”. Questo incontro con l’Angelo e con le sue parole avviene “in sogno”. Ebraicamente Freud proporrà che il sogno non sia uno spazio di fuga, ma il contenitore di verità più profonde e importanti. Il sogno è l’evento della potenza della Parola di Dio che si incontra con l’umile e radicale accoglienza da parte dell’uomo. E tutto passa per il non temere Giuseppe di prendere con sè Maria sua sposa! A me sembra che questo “non temere” non riguardi il rischio di esporsi ad una vicenda ingiusta e lontana da Dio, ma esattamente il contrario: Giuseppe deve superare l’inevitabile timore che accompagna il mistero di Dio e la sua presenza nella nostra piccola vita. Devo precisare che non penso che in tutto ciò stia un anninentamento dell’uomo, ma ancora esattamente il contrario, e cioè che l’atto di fede porta a vivere la vita divina e quindi porta la vita umana ad un’altezza e ad una responsablità che sarebbero insopportabili senza l’incessante riproposizione del dono, sempre come fosse la prima volta.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“… Gesù (il Salvatore) salverà il suo popolo dai suoi peccati”(v.21): ma da quali peccati ci salva? Voglio riproporre le chiare ed efficaci parole del card. Martini, in dialogo con E. Scalfari: “A volte la Chiesa si occupa di troppi peccati e non tutti nella Chiesa sanno e sentono che quello è il solo, vero peccato: la sopraffazione, l’umiliazione, il disconoscimento del proprio simile tanto più se è debole, se è povero, se è escluso. E se è un giusto”. E parlando del sacrificio del Golgota, dice: “Quel sacrificio si ripete ogni giorno ed è il vero, unico peccato del mondo: il sacrificio, la sopraffazione, l’umiliazione del povero, del debole, del giusto. Il Golgota raffigura il peccato del mondo”.
La memoria della giustizia di Giuseppe (secondo la Legge), ricordata al v. 19, e del turbamento in cui lui passa, è preziosa, perché indica il passaggio dalla vita secondo la legge alla vita secondo lo Spirito. Giuseppe prova tremore e timore perché la vita secondo la legge dà sicurezza, mentre la vita nello Spirito è aperta alla imprevedibilità della Sua volontà, sempre libera e agile.
Come spiega Paolo il ruolo della legge: “Così la legge è per noi come un pedagogo che ci ha condotto a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede. Ma appena è giunta la fede, noi non siamo più sotto un pedagogo.” (Gal 3:24-25).
Questo passaggio dalla legge allo Spirito, dalla giustizia come adesione amorosa a tutte le prescrizioni di Dio alla clemente bontà nell’applicarla sugli altri, è un momento delicato che Giuseppe vive timore e con profonda meditazione.
Il suo atteggiamento retto e misericordioso (nel momento in cui viene a sapere della situazione di Maria, sua sposa) ci appare come un esempio di quello che proprio pochi giorni fa Paolo, scrivendo a Tito, chiedeva fosse un atteggiamento normale di tutti i fedeli: “Ricorda loro … di esser mansueti, mostrando ogni dolcezza verso tutti gli uomini” (Tit 3:2), cioè anche di moderare l’asprezza della legge con la misericordia. E’ importante quindi, osservando che questo dibattito interiore riguarda anche noi, oggi, vedere come il vangelo si premuri di notare l’impegno pensoso di Giuseppe a trovare la soluzione buona. E il soccorso gli viene dal Signore: “mentre stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore” a invitarlo a non avere paura e a indicargli come fare.
v. 20 “”Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, …” Giuseppe, è giusto, è figlio di Davide. La sua giustizia sarà, come per Davide, accettare la volontà del Signore, che per bocca del profeta gli annunciò: Non tu mi costruirai una casa, ma io farò una casa per te”: la casa che Dio si prepara, passando per Davide e per la giustizia buona di Giuseppe, è la persona di Gesù che prende carne in Maria, non per opera di Giuseppe, ma per opera dello Spirito di Dio.
Anche la comunità cristiana in cui viviamo, dalla famiglia, alla Chiesa di Dio, è una famiglia sovrannaturale che viene rigenerata ogni giorno dalla provvidenza di Dio, per mezzo della sua Parola e della santa Liturgia.