1 Di nuovo si mise a insegnare lungo il mare. E si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli salì su una barca e là restò seduto, stando in mare, mentre la folla era a terra lungo la riva. 2 Insegnava loro molte cose in parabole e diceva loro nel suo insegnamento: 3 “Ascoltate. Ecco, uscì il seminatore a seminare. 4 Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e vennero gli uccelli e la divorarono. 5 Un’altra cadde fra i sassi, dove non c’era molta terra, e subito spuntò perché non c’era un terreno profondo; 6 ma quando si levò il sole, restò bruciata e, non avendo radice, si seccò. 7 Un’altra cadde tra le spine; le spine crebbero, la soffocarono e non diede frutto. 8 E un’altra cadde sulla terra buona, diede frutto che spuntò e crebbe, e rese ora il trenta, ora il sessanta e ora il cento per uno”. 9 E diceva: “Chi ha orecchi per intendere intenda!”.
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Questa ripresa dell’insegnamento di Gesù ci dice non solo “il fatto” di tale insegnamento, ma anche il suo contenuto. La folla è sempre molto numerosa. Il confine segnato dalla riva del mare sembra suggerire una distanza che deve essere coperta. L’insegnamento avviene attraverso parabole. La parabola non è propriamente un “esempio”, un modo per spiegare cose complesse attraverso immagini o realtà più semplici, perchè più interne all’esperienza comune. Si potrrebbe dire quasi il contrario, come vedremo nei testi successivi al nostro brano. Mi sembra si debbe cogliere nella parabola non solo una via strumentale per far capire, ma anche l’annuncio che quello che esiste e avviene intorno a noi è portatore di misteri e di rivelazioni che di per sè restano celati al pensiero comune. Come a dire che c’è un mistero interno alla realtà. La parabola e la sua spiegazione sono quindi due capitoli diversi. Ma già l’esposizione della parabola, come è del nostro brano di oggi, è già “insegnamento”, come afferma il ver.2:”..diceva loro nel suo insegnamento..”.
La facoltà umana che viene convocata in modo privilegiato è l’ “ascolto”. “Ascoltate” è l’esordio del ver.3; “Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti” conclude il ver.9. Il rapporto con il Signore e con la sua Parola, e quindi la preghiera(!!), è fondamentalmente ascolto. La memoria evangelica si allinea perfettamente con la tradizione dei padri ebrei, con una novità decisiva: non tanto si ascolta la Parola del Signore, quanto piuttosto il Signore che parla!
Come vedremo, se Dio vorrà, più avanti, la parabola del seminatore deve essere considerata di rilievo primario, come la base e il paradigma di ogni altra parabola. Insisto per riaffermare che la parabola “non è” la spiegazione della parabola stessa. Ma è già insegnamento! Come a dire che quando la realtà semplice delle cose viene “detta dal Signore” è già piena di significati, e noi, con molta umiltà e prudenza, possiamo coglierne alcuni. Ne cito pochi, confidando che nella vostra preghiera voi ne ammirerete molti altri che la mia superficialità e la mia poca fede non mi consentono di vedere.
Al ver.3, quel seminatore che “uscì a seminare” mi porta verso Gesù, il Figlio di Dio uscito dal Padre e venuto nel mondo per seminarvi la salvezza. Il gesto apparentemente sconsiderato del seminatore sparge il seme su molti terreni infruttuosi per diverse ragioni. Nell’economia delle Scritture non sono pochi i vers.4-7 per dire lo smacco di molte seminagioni senza frutto. A contrasto di ciò, il solo ver.8 proclama la sovrabbondanza stupefacente della resa del seme caduto sulla terra buona. E’ questa prospettiva positiva che impedisce di rinunciare a seminare: se uno solo dei quattro terreni è terra buona, l’infruttuosità degli altri è ampiamente ripagata. Mi sembra non sia possibile rimproverare o correggere il gesto del seminatore che vuole gettare il seme dovunque!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Per tre volte, nel primo versetto, viene precisato il contesto del discorso di Gesù: il mare di Galilea. Chiamando mare questo lago, Marco ci suggerisce che siamo al nuovo esodo: Dio sta compiendo nuove meraviglie per il suo popolo. Anche il richiamo che apre e chiude il discorso: “Ascoltate!”, fa riferimento a Mosè e alle sue parole: abbiamo in Gesù la nuova guida nel nuovo esodo. – Sappiamo che in Palestina si seminava prima di arare: questo spiega, in parte, perché il sema cada dappertutto…; tuttavia, la semina indiscriminata è un bel segno del gesto del Padre che rivolge a tutti il suo amore, senza differenze, senza guardare i meriti. L’insuccesso di tanta parte del seme accentua la sorpresa della conclusione: il raccolto è straordinario! Nonostante le difficoltà, l’azione di Dio raggiunge il suo scopo… ed è una benedizione per tutti. Gli ostacoli sono tanti…, ma il regno di Dio è qui, in Gesù.
Mi colpisce l’immagine di Gesù che insegna, seduto sulla barca, stando in mare. Il mare è simbolo del male. Gesù domina il male, lo sconfigge, lo vince: è il Signore, ma un Signore che ha come trono…una barca, qualcosa di piccolo, instabile, in balia delle onde, che si lascia portare dalle onde.
Della parabola, e delle varie possibilità di significato (è proprio vero, come dice don Giovanni, che la parabola non semplifica, complica…) oggi mi colpisce il fatto che non siamo noi a seminare. Il seme è già stato sparso, con abbondanza quasi scriteriata. A noi il compito di mietere, di raccogliere tanta ricchezza. Non siamo noi a decidere qual’è la terra buona. C’è il mistero dell’incontro tra la grazia di Dio e le infinite povertà…ma la terra buona c’è, il frutto è sovrabbondante. Cerchiamo di riconoscerlo.