31 Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, lo mandarono a chiamare. 32 Tutto attorno era seduta la folla e gli dissero: “Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano”. 33 Ma egli rispose loro: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?”. 34 Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: “Ecco mia madre e i miei fratelli! 35 Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre”.
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Mi sembra opportuno allontanare un’eccessiva sottolineatura della negatività di atteggiamento da parte dei famigliari di Gesù. La tensione positiva di quest’ultima parte del cap. 4 è quella di mostrare il volto ricco e profondo della famigliarità che Gesù genera da sè. Certamente, la precisazione di quello “stando fuori” stabilisce una differenza e una distanza tra le due realtà famigliari presenti: quella biologica, secondo la natura e le tradizioni umane, e quella nuova, secondo la fede e la fecondità della predicazione evangelica.
La folla del ver. 32 è diversa da quella tumultuosa che abbiamo incontrata ai vers. 8-12 e 20. Per due volte, ai vers. 32 e 34, il nostro testo fa notare che questa folla è compostamente seduta intorno a lui, e anche lo sguardo di Gesù sulla gente dice una situazione intima e raccolta. Coloro che sono stati mandati a chiamarlo e che confermano l’essere “fuori” di questi parenti, dicono che essi lo cercano. E certamente anche la grande folla che abbiamo prima incontrato lo cercava. Però, soprattutto attraverso la chiamata dei dodici, abbiamo visto bene che è lui che chiama e trova. Quasi ci fossero due tempi, o meglio due livelli del rapporto con il Signore: quello dettato dal bisogno di salvezza da parte dell’uomo, e quello che viene dalla volontà salvifica di Dio.
E qui si coglie tutta la fecondità dell’incontro tra queste due realtà famigliari. Quando Gesù pone la domanda “chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?”, accende la rivelazione della grande famiglia che si raccoglie intorno a lui. Cioè, il legame naturalmente forte che unisce una famiglia umana, viene trasferito a descrivere l’intimità della comunione tra coloro che stanno intorno a Gesù. Ed è straordinaria l’ampiezza di quello sguardo: viene da ritornare all’ampiezza assoluta che Gesù, al ver. 28, annunciava a proposito della volontà di salvezza da parte del Signore nei confronti dell’intera umanità. Dunque, egli vuole raccogliere in un’unica grande famiglia l’intera umanità. Di più! Così egli vede l’intera umanità anche in questo momento, malgrado tutte le divisioni, le estraneità e le inimicizie! Sembra cioè proclamare un universale accesso a quell’intimità famigliare.
Il ver. 35 coglie tale possibilità da parte dell’uomo. Come si entra nella famigliarità che Dio vuole e vede per l’intera umanità? Entrando nella volontà di Dio: “Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre”. Non mi sembra si debba pensare a questa precisazione come ad una limitazione della volontà divina di salvezza, ma come al dono che consente non solo di essere chiamati da lui, ma anche di rispondere personalmente, liberamente e affettuosamente alla sua opera di salvezza.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Il Vangelo ci mostra le folle “intorno a” Gesù, e la lettura di Apoc (7:9-17) pure ci presenta la grande moltitudine dei redenti che sono “intorno al” trono di Dio e dell’Agnello. Entrambi i brani ci dicono come ci sia intorno a Gesù un allargamento della comunione (in cielo, una folla senza numero). E il brano della Piccola Regola letto oggi ci presenta una grande comunione che abbraccia tutti i tempi, da Abramo, a Maria, a Santa Teresina.E’ un invito anche a noi, ad avere uno sguardo ampio.
Ci sono poi anche due domande. Nel vangelo: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?” E in Apoc. “Chi sono questi e da dove vengono?”. E la risposta ci viene sempre data dal Signore stesso, che pone le domande. Si tratta di accettare di entrare in queste domande, che forse non ci faremmo, e ascoltare la risposta che il Signore dà.
Notiamo al v. 31 la presenza del verbo “chiamare”: i parenti di Gesù lo mandano a chiamare per averlo “fuori” con loro. Il verbo lo abbiamo già incontrato quando Gesù ha chiamato i primi discepoli a seguirlo. Gesù stesso, secondo Mt 2:15, è chiamato da Dio: “Dall’Egitto ho chiamato mio figlio. Il brano di oggi ci chiede l’attenzione a quale sia l’origine e la destinazione della “chiamata” che anche noi riceviamo.
“Sua madre e i suoi fratelli…; i tuoi fratelli e le tue sorelle”(vv.31-32). Giuseppe non compare: era già morto o lo scrittore fa volutamente tale omissione per sottolineare il legame speciale di Gesù con Maria? – I fratelli (con i loro nomi) e le sorelle sono citati anche al cap.6,3, e da sempre ci si è chiesti se si trattasse di fratelli e sorelle di sangue o no; i vangeli non consentono di rispondere in maniera sicura all’interrogativo. – Gesù qui ci dice che i legami di sangue passano in secondo piano rispetto al nostro legame con lui; essere con lui, essere suoi fratelli vuol dire accedere alla presenza di Dio, entrare in piena comunione con il Padre. – Dice un noto biblista che per Maria questa è stata la seconda annunciazione: dopo questo episodio, ella si è messa al seguito di suo figlio come vera discepola…, fedele fino ai piedi della croce. – Sul “fare la volontà di Dio” voglio ricordare che non si tratta di tutte quelle negatività della vita di fronte alle quali eravamo abituati a dire, con triste rassegnazione: “Sia fatta la volontà di Dio”; questa volontà, nel Nuovo Testamento, è unica: accedere in Gesù alla condizione divina, praticando un amore simile al suo: fonte di felicità per noi e per gli altri.