12 Dopo ciò, apparve a due di loro sotto altro aspetto, mentre erano in cammino verso la campagna. 13 Anch’essi ritornarono ad annunziarlo agli altri; ma neanche a loro vollero credere.
5 Commenti
giovanni nicolini
il 30 Settembre 2008 alle 06:24
Come si è manifestato Gesù Risorto a questi due discepoli? A che cosa si riferisce quel “diverso” riferito alla “forma” più che al semplice aspetto? Dove “forma” mi sembra la visibilità di quello che uno è sostanzialmente. Ma se questa frase vi sembra assurda o inutile, buttatela via. Vuole in ogni modo dirci che è apparso in forma diversa da come è apparso alla Maddalena, oppure che è apparso ai due discepoli in forma diversa da quella in cui essi lo conoscevano? Il termine è raro. Lo troviamo in un contesto di grande rilievo in Filippesi 2,6.7, dove si dice del Figlio di Dio che non tiene come rapina il suo essere in forma di Dio, e assume, precipitando nella nostra vita, la forma del servo. Questo può far pensare che i due discepoli abbiano visto Gesù Risorto avvolto della gloria divina. In ogni modo in una forma che non permettesse di pensare che avevano visto un fantasma, ma veramente Gesù, nel suo corpo, e risorto. La circostanza del loro essere in cammino verso la campagna collega questi due versetti al grande racconto dei discepoli di Emmaus di Luca 24. In questo modo Marco sarebbe solo un riassunto stringatissimo dell’episodio riferito da Luca, con un esito finale negativo, e in questo del tutto diverso dall’episodio lucano. A me sembra che possiamo anche considerare questi due versetti in se stessi, tenendo conto del loro legame forte con il resto del cap. 16 di Marco. Tutto allora si raccoglie in un episodio preciso che Marco ci riferisce. Merita dunque un confronto con il testo dell’apparizione alla Maddalena. La persona e il passato della donna, e forse il suo stesso essere donna, ci dava i motivi – non certo giustificati – del rifiuto dei discepoli a crederle. Qui però tutto questo non sussiste: i due cui il Signore è apparso sono “di loro”. Nè mi sembra possibile congetturare qui che erano discepoli, ma forse non apostoli, e quindi questo abbassava la garanzia del loro annuncio. Che dire allora? Siamo portati a considerare il grande dramma interno della natura umana ferita, che è intreccio inestricabile tra bisogno dell’altro e fuga, ritrarsi in se stessi. Dell’altro non posso fare a meno, ma nulla mi fa uscire dalla chiusura in me stesso. L’illusione di avere in me stesso il controllo della verità è insuperabile. La fiducia non è un valore, ma una fragile benevolenza sempre pronta ad esigere verifiche e a pretendere garanzie. Sarà la fede, e cioè il rapporto diretto e profondo con il Signore a consentire un vero abbandono all’evento della salvezza? Non lo so. E credo che anche le ultime parole del Vangelo secondo Marco lasceranno aperto il problema. E non è un problema piccolo. Meglio quindi pensare che la fede, in qualunque modo arrivi, è sempre e solo dono di Dio. Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
lucy
il 30 Settembre 2008 alle 08:23
“Apparve a due di loro sotto altro aspetto”. E’ la pedagogia di Gesù, che non si stanca di cercarci, come fa con Tommaso, come fa il pastore che va in cerca della pecora perduta, come fa con ciascuno di noi. L’esperienza pasquale è diversa per ognuno. Gesù ci raggiunge nella nostra vita, là dove siamo, mentre siamo in cammino. E l’esperienza pasquale è un “ritornare”, un cambiare vita, un convertirsi. L’esperienza dei due discepoli in cammino è diversa da quella di Maria di Magdala. L’annuncio è diverso. Diversi i testimoni. Ma anche questo annuncio viene rifiutato dai discepoli, chiusi nella prigione del loro dolore e del loro pianto. E’ il mistero dell’aprirsi alla fede.
La comunità di Mapanda
il 30 Settembre 2008 alle 08:36
Due “di loro” che piangevano e facevano lutto su Gesù, come ascoltavamo ieri; e oggi se ne vanno verso la campagna. Non avevano creduto all’annuncio di Maria Maddalena, ma si sono mossi e durante il loro cammino vedono Gesù, e vanno poi a fare la stessa cosa, a portare lo stesso annuncio, questi due “di loro”, ma neppure a loro gli altri credono. I discepoli piangono e fanno lutto, cioè non dimenticano Gesù, però non credono a quanti hanno l’esperienza di vederlo. Marco sottolinea molto che “non si crede” all’annuncio della resurrezione. E’ importante che – in qualche modo – Gesù si faccia vedere a ciascuno, in modo del tutto personale. Altrimenti non è possibile la fede. Che Lui si faccia presente e in qualche modo si riveli è ciò che genera la fede, la fa nuova. Marco mette molto in evidenza che sono due “di loro”, che tornano dai “restanti”. Sono “interni” al gruppo dei discepoli. In questi vv. viene tolta ogni giustificazione a questa incredulità condivisa da tutti. Bisogna arrivare al testo di domani: l’incredulità è il problema grave che il Signore mette a nudo per guarirla. Qui è detto di tutti, quello che in Giovanni è detto di Tommaso. Apparve loro in “un’altra forma”. E’ segno della grande libertà del Signore risorto che non è vincolato da una sola forma. E’ sempre lo stesso Signore. E’ importante che metta in evidenza che la forma non possiamo definirla noi, né possiamo pretendere che sia sempre quella. Maria Maddalena non lo riconosce al vederlo, ma lo riconosce quando la chiama per nome; i due di Emmaus non lo riconoscono mentre cammina con loro, ma lo riconoscono quando spezza il pane. E’ un’altra forma perché si mostri quello che permette di riconoscerlo. E’ bene ricordarlo per la vita di adesso e per ogni tempo. Impedisce irrigidimenti che si possono avere di trovarlo in una sola forma ben precisa. Nel nostro cammino nelle Scritture, i 4 Vangeli sono un cammino sempre nuovo, dove troviamo il Signore in “forme” diverse, ma è sempre Lui, il nostro adorabile Signore Gesù, risorto e vivo. Ogni Vangelo, ogni Libro della Scrittura, è una “forma” nuova della esperienza di Gesù, che speriamo di trovare in queste parole diverse.
roberto tufariello
il 30 Settembre 2008 alle 17:17
“Neanche a loro vollero credere…”. Come ci sentiamo vicini a questi discepoli e amici del Signore, che lo piangono, non si consolano…, ma non vogliono, non possono credere al lieto annunzio! Anche noi oggi vorremmo testimoni più attendibili, prove concrete, tangibili, che reggano al vaglio del nostro spirito critico… Ma la risurrezione del Signore – come dicono gli esegeti – è un fatto che non ricade nelle categorie della storia o della cronaca: riguarda invece la fede… E, come conclude don Giovanni, questa fede non ci rimane che chiederla, non ci resta che aspettarla in dono dal nostro Padre buono.
maurizio
il 30 Settembre 2008 alle 17:30
Dopo ieri anche oggi l’annuncio dei due non è efficace. Questi due fatti accostati, prima dell’incontro diretto e risolutore con Lui può essere una dritta sul ruolo dei cristiani, dei discepoli? Persone alle quali il Signore continua ad andare incontro, anche in un’altra ‘forma’..e che faticano a credergli. Faticano loro stessi a credere se il Signore non gli si fa vicino personalmente e si fa vedere vivo. Poi il Signore si metterà ad operare insieme a loro.. Mi ha molto ricordato la figura del bimbo divezzo in braccio alla madre..
Come si è manifestato Gesù Risorto a questi due discepoli? A che cosa si riferisce quel “diverso” riferito alla “forma” più che al semplice aspetto? Dove “forma” mi sembra la visibilità di quello che uno è sostanzialmente. Ma se questa frase vi sembra assurda o inutile, buttatela via. Vuole in ogni modo dirci che è apparso in forma diversa da come è apparso alla Maddalena, oppure che è apparso ai due discepoli in forma diversa da quella in cui essi lo conoscevano? Il termine è raro. Lo troviamo in un contesto di grande rilievo in Filippesi 2,6.7, dove si dice del Figlio di Dio che non tiene come rapina il suo essere in forma di Dio, e assume, precipitando nella nostra vita, la forma del servo. Questo può far pensare che i due discepoli abbiano visto Gesù Risorto avvolto della gloria divina. In ogni modo in una forma che non permettesse di pensare che avevano visto un fantasma, ma veramente Gesù, nel suo corpo, e risorto.
La circostanza del loro essere in cammino verso la campagna collega questi due versetti al grande racconto dei discepoli di Emmaus di Luca 24. In questo modo Marco sarebbe solo un riassunto stringatissimo dell’episodio riferito da Luca, con un esito finale negativo, e in questo del tutto diverso dall’episodio lucano. A me sembra che possiamo anche considerare questi due versetti in se stessi, tenendo conto del loro legame forte con il resto del cap. 16 di Marco. Tutto allora si raccoglie in un episodio preciso che Marco ci riferisce.
Merita dunque un confronto con il testo dell’apparizione alla Maddalena. La persona e il passato della donna, e forse il suo stesso essere donna, ci dava i motivi – non certo giustificati – del rifiuto dei discepoli a crederle. Qui però tutto questo non sussiste: i due cui il Signore è apparso sono “di loro”. Nè mi sembra possibile congetturare qui che erano discepoli, ma forse non apostoli, e quindi questo abbassava la garanzia del loro annuncio. Che dire allora? Siamo portati a considerare il grande dramma interno della natura umana ferita, che è intreccio inestricabile tra bisogno dell’altro e fuga, ritrarsi in se stessi. Dell’altro non posso fare a meno, ma nulla mi fa uscire dalla chiusura in me stesso. L’illusione di avere in me stesso il controllo della verità è insuperabile. La fiducia non è un valore, ma una fragile benevolenza sempre pronta ad esigere verifiche e a pretendere garanzie.
Sarà la fede, e cioè il rapporto diretto e profondo con il Signore a consentire un vero abbandono all’evento della salvezza? Non lo so. E credo che anche le ultime parole del Vangelo secondo Marco lasceranno aperto il problema. E non è un problema piccolo. Meglio quindi pensare che la fede, in qualunque modo arrivi, è sempre e solo dono di Dio.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“Apparve a due di loro sotto altro aspetto”. E’ la pedagogia di Gesù, che non si stanca di cercarci, come fa con Tommaso, come fa il pastore che va in cerca della pecora perduta, come fa con ciascuno di noi. L’esperienza pasquale è diversa per ognuno. Gesù ci raggiunge nella nostra vita, là dove siamo, mentre siamo in cammino. E l’esperienza pasquale è un “ritornare”, un cambiare vita, un convertirsi. L’esperienza dei due discepoli in cammino è diversa da quella di Maria di Magdala. L’annuncio è diverso. Diversi i testimoni. Ma anche questo annuncio viene rifiutato dai discepoli, chiusi nella prigione del loro dolore e del loro pianto. E’ il mistero dell’aprirsi alla fede.
Due “di loro” che piangevano e facevano lutto su Gesù, come ascoltavamo ieri; e oggi se ne vanno verso la campagna. Non avevano creduto all’annuncio di Maria Maddalena, ma si sono mossi e durante il loro cammino vedono Gesù, e vanno poi a fare la stessa cosa, a portare lo stesso annuncio, questi due “di loro”, ma neppure a loro gli altri credono.
I discepoli piangono e fanno lutto, cioè non dimenticano Gesù, però non credono a quanti hanno l’esperienza di vederlo. Marco sottolinea molto che “non si crede” all’annuncio della resurrezione. E’ importante che – in qualche modo – Gesù si faccia vedere a ciascuno, in modo del tutto personale. Altrimenti non è possibile la fede. Che Lui si faccia presente e in qualche modo si riveli è ciò che genera la fede, la fa nuova.
Marco mette molto in evidenza che sono due “di loro”, che tornano dai “restanti”. Sono “interni” al gruppo dei discepoli. In questi vv. viene tolta ogni giustificazione a questa incredulità condivisa da tutti. Bisogna arrivare al testo di domani: l’incredulità è il problema grave che il Signore mette a nudo per guarirla. Qui è detto di tutti, quello che in Giovanni è detto di Tommaso.
Apparve loro in “un’altra forma”. E’ segno della grande libertà del Signore risorto che non è vincolato da una sola forma. E’ sempre lo stesso Signore. E’ importante che metta in evidenza che la forma non possiamo definirla noi, né possiamo pretendere che sia sempre quella. Maria Maddalena non lo riconosce al vederlo, ma lo riconosce quando la chiama per nome; i due di Emmaus non lo riconoscono mentre cammina con loro, ma lo riconoscono quando spezza il pane. E’ un’altra forma perché si mostri quello che permette di riconoscerlo. E’ bene ricordarlo per la vita di adesso e per ogni tempo. Impedisce irrigidimenti che si possono avere di trovarlo in una sola forma ben precisa. Nel nostro cammino nelle Scritture, i 4 Vangeli sono un cammino sempre nuovo, dove troviamo il Signore in “forme” diverse, ma è sempre Lui, il nostro adorabile Signore Gesù, risorto e vivo. Ogni Vangelo, ogni Libro della Scrittura, è una “forma” nuova della esperienza di Gesù, che speriamo di trovare in queste parole diverse.
“Neanche a loro vollero credere…”. Come ci sentiamo vicini a questi discepoli e amici del Signore, che lo piangono, non si consolano…, ma non vogliono, non possono credere al lieto annunzio! Anche noi oggi vorremmo testimoni più attendibili, prove concrete, tangibili, che reggano al vaglio del nostro spirito critico… Ma la risurrezione del Signore – come dicono gli esegeti – è un fatto che non ricade nelle categorie della storia o della cronaca: riguarda invece la fede… E, come conclude don Giovanni, questa fede non ci rimane che chiederla, non ci resta che aspettarla in dono dal nostro Padre buono.
Dopo ieri anche oggi l’annuncio dei due non è efficace. Questi due fatti accostati, prima dell’incontro diretto e risolutore con Lui può essere una dritta sul ruolo dei cristiani, dei discepoli?
Persone alle quali il Signore continua ad andare incontro, anche in un’altra ‘forma’..e che faticano a credergli. Faticano loro stessi a credere se il Signore non gli si fa vicino personalmente e si fa vedere vivo.
Poi il Signore si metterà ad operare insieme a loro..
Mi ha molto ricordato la figura del bimbo divezzo in braccio alla madre..