12 La mattina seguente, mentre uscivano da Betània, ebbe fame. 13 E avendo visto di lontano un fico che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se mai vi trovasse qualche frutto; ma giuntovi sotto, non trovò altro che foglie. Non era infatti quella la stagione dei fichi. 14 E gli disse: “Nessuno possa mai più mangiare i tuoi frutti”. E i discepoli l’udirono.
Seleziona Pagina
Questa memoria del Vangelo secondo Marco ha indiscutibilmente un significato simbolico. Si fa notare tra l’altro che è l’unico miracolo compiuto da Gesù in Gerusalemme. Ed è l’unico miracolo che si compie come una “maledizione”. Per questo motivo Marco inserisce tra questi versetti e quelli che diranno dell’albero seccato, la cacciata dei venditori del tempio. Si tratta dunque dell’annuncio della fine di una vecchia economia della salvezza.
Mi sembra notevole che si dica che Gesù “ebbe fame”. Matteo e Luca lo dicono di Lui alla fine dei quaranta giorni nel deserto. Questa fame mi porta l’inbissarsi di Gesù nella povertà della condizione umana. E mi porta alla beatitudine di coloro che hanno fame e sete di giustizia, e alla sete di gesù nel suo incontro con la donna samaritana che, secondo S.Agostino, è sete di lei. Dunque, una fame quasi simbolica. Il suo avvicinarsi a vedere se oltre alle foglie ci sono frutti assume il carattere di un giudizio. Possiamo tener conto che il cap.12 si aprirà con la parabola dei vignaioli e con l’invio di un servo “a ritirare da quei vignaioli i frutti della vigna”(Mc.12,2). Da Ezechiele 47,12 ad Apocalisse 22,2 il tempo messianico è atteso e annunciato come tempo di perenne fecondità dell’albero del Signore. Questo albero infruttuoso è dunque il segno di una vicenda ormai sterile.
Il paradosso della parabola è sottolineato volutamente dall’osservazione che il solo Marco porta dicendo che “non era infatti quella la stagione dei frutti”. Ma Gresù è annunciatore e donatore di un “giardino” di cui quello dei progenitori in Genesi 1-2 era profezia, un giardino messianico dove il dono di Dio è senza limiti. Discepoli sono coloro che “l’udirono”, sono i destinatari dell’annuncio della pienezza dei tempi. Già in Mc.1,15 Gesù diceva la fine del “tempo” che al ver.13 è indicato come “stagione”: “non era infatti quella la stagione dei fichi”, e affermava che “il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Questo sorprendente brano in cui Gesù maledice il fico infruttuoso, ci ha posto molte domande. In particolare la nostra attenzione è stata attirata dal possibile significato di questo albero: Israele infedele, il vecchio culto nel tempio, l’esteriorità della religiosità, la nostra volontà contro la volontà di Dio, e altre ancora…
Molte volte nell’A.T. il popolo di Israele viene paragonato ad alberi: una vite, od altro. Gesù ha fame e va da quel fico: la fame di Gesù è fame del popolo di Israele. Come per quella donna samaritana, Gesù “ha sete” non di bevande, nè di cibo, ma del cuore degli uomini. Dio dal principio ha mandato i suoi servi i profeti e ha dato loro la sua parola, ed ora è il tempo del compimento di quelle parole. Ma Gesù non trova nulla, solo foglie. E’ il tempo perciò di offrire la sua vita per la vita del popolo e di tutti gli uomini; la croce è l’albero che ha il frutto nuovo. Gesù ha fame: ma è Dio, e non è possibile che abbia fame! ha fame di tutti noi.
Questo testo stupisce molto. Gesù ha fame e va a cercare frutti nell’albero, ma non trova altro che foglie, perchè non era il tempo dei frutti !! Qui sta lo stupore: Non è il tempo, ma va a cercare. E quando vede che non ci sono frutti, allora si adira e maledice il fico. Cosa vuole dirci? Forse intende anche qui tenerci desti e invitarci a vegliare in ogni tempo, ricchi dei frutti dello Spirito (v. Gal 5:22ss).
La notazione che Gesù “ha fame” ci riporta alla memoria che anche dopo il suo digiuno di 40 giorni, secondo Mattedo, Gesù “ebbe fame”. Il momento della “fame” è il momento della tentazione. E come allora Gesù non aderì alla volontà del diavolo che gli suggeriva di cambiare le pietre in pane, anzi lo contraddice citando Deut 8:3 : “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”, anche qui Gesù non cambia le foglie in fichi per il suo bene e interesse, ma invece indurisce il suo volto verso Gerusalemme e accetta così di nutrirsi della volontà del Padre: “Mio cibo è fare la volontà del Padre che mi ha mandato” (Gv 4:34).
In questo brano dell’incontro con la samaritana, a queste parole Gesù aggiunge ai suoi discepoli l’invito a guardare le messi: secondo gli occhi e le stagioni, non è ancora il tempo del raccolto, invece guardando bene – “i campi già biondeggiano per le messi”. Come oggi qui presso il fico: non è la stagione dei frutti, ma guardando bene, si vedrà che – nell’obbedienza di Gesù alla volontà del Padre – il buon frutto del compimento del piano d’amore di Dio e della salvezza degli uomini è ormai visibile: sta entrando nella sua Pasqua!
Non è certo Israele ad essere significato in questo fico, che come noterà Pietro poi, “maledetto da Gesù, è stato seccato fino alle radici”, perchè Israele assomiglia piuttosto a un ulivo “la cui radice è santa” e rimane, e su quella anche tutte le genti sono state innestate, e i rami tagliati potranno – pure loro – venire innestati di nuovo. (leggi Rom 11:16-18).
Questo brano dice che è necessario un nuovo sistema. Il nuovo sistema è che invece che la fame di Gesù si accordi con la natura dell’albero, l’albero possa dare il frutto – non secondo la natura, ma secondo la grazia – secondo la fame, di Gesù, di Dio, di tutti. Gesù vuole questa grande novità, non più secondo la natura, ma secondo la grazia. E’ la novità dell’amore, che scopre nell’amata la bellezza dell’amore, nonostante le parole sprezzanti dell’amico: “Una sorella piccola abbiamo, e ancora non ha seni…” … “Io sono un muro, e i miei seni come torri: così sono ai suoi occhi (dell’amato) come colei che ha trovato pace” (Cant 8:b8.10).
L’albero dell’istituzione religiosa di Israele, ricco di belle foglie, ma sterile, che promette vita ma non la dà, non dà frutti, esprime tutto il mistero di Israele, la sua chiamata e il suo rifiuto. L’albero di Israele deve seccare perché il regno di Dio si compia per tutti i popoli della terra. Ieri abbiamo ascoltato nella seconda lettura “Quanto al vangelo, essi sono nemici, per vostro vantaggio; ma quanto alla elezione, sono amati, a causa dei padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia per la loro disobbedienza, così anch’essi ora sono diventati disobbedienti in vista della misericordia usata verso di voi, perché anch’essi ottengano misericordia. Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia!” (Rom 11,28-32)