9 Voi dunque pregate così:
Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
10 venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
11 Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
12 e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
13 e non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal male.
14 Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; 15 ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.
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Fermiamoci un momento sull’apertura del nostro brano: “Voi dunque pregate così”. Uno sguardo ai versetti precedenti sembra chiederci che la nostra preghiera sia preziosamente riservata, e non si dilunghi nella richiesta di quello di cui abbiamo bisogno. Questo il Padre lo sa! Tenda piuttosto la nostra preghiera a domandare che la paternità di Dio sia riconosciuta e glorificata e che quello che rende meraviglioso il cielo si compia anche sulla terra: la pienezza del regno di Dio e l’obbedienza nostra a Lui (vers.9-10).
Ogni nostra singola e personale richiesta sembra raccogliersi nella richiesta del “pane quotidiano”, che significa sia quello che ci è necessario ogni giorno, sia quello che è essenziale per noi. A me piace riandare all’immagine antica della manna, e quindi alla realtà di un cammino della vita umile e insieme splendido, e tutto dipendente dalla comunione d’amore che il Padre ha stabilito e ha stretto con noi. Come faremmo a vivere senza questo quotidiano pane del cielo?
La sottolineatura più forte, e dunque anche la nostra più diretta e decisiva responsabilità è quella della misericordia. Di essa abbiamo assoluto bisogno per noi e per la nostra vita. Di essa dobbiamo assolutamente essere fonte! Quel “come noi…” è un assoluto. L’abbiamo già incontrato in questo discorso di Gesù in Mt.5,23-24, e ritorna più avanti con una grande parabola in Mt.18,21-35. Mi sembra di poter dire che la misericordia è la nostra suprema responsabilità storica! E’ un tema appassionante, oggi riproposto fortemente dal magistero del Papa.
Il punto delicato del nostro testo è il ver.13. Qui propongo la via più semplice, che peraltro non concorda con l’attuale traduzione italiana “ non abbandonarci alla tentazione”. Noi proponiamo: “Non farci entrare in tentazione”. Glielo chiediamo perché siamo consapevoli della nostra grande fragilità, davanti alle prove della vita.
I vers.14-15 che seguono la Preghiera del Padre Nostro confermano che il perdono è nostro assoluto dovere e responsabilità. Non si può non perdonare. E’ l’unica condizione che Dio pone in modo irrinunciabile alla vita cristiana. Mi permetto di aggiungere che Egli non la considera neppure vicenda difficile. A renderla difficile sono le culture umane e la nostra psicologia ferita. Ma in sé, è sempre possibile. Qualcuno perdona sul letto di morte. Ma questo, quasi maliziosamente, farebbe vedere che lo si poteva fare molto prima e adesso lo si fa per paura. Ma la paura è meglio averla prima!
Infine cito come sintesi suprema di tutto, le prime due parole della preghiera: “Padre Nostro”. E’ questo che caratterizza in modo assoluto la fede cristiana: Dio è Padre: nasciamo da Lui e siamo da Lui incessantemente rigenerati. E l’attributo “nostro” esige che non ci sia persona al mondo che noi non associamo come sorella e fratello nostro. Non una paternità generica, e non un “nostro” pieno di limiti e di condizioni. Questa è la nostra concezione di Dio e dell’intera umanità. La stessa fraternità cristiana, come anche preziose fraternità legate al sangue o allo Spirito, non possono escludere la più ampia e profonda fraternità dei figli di Dio di tutta l’umanità.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.