20 Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedeo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. 21 Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». 22 Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». 23 Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato». 24 Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. 25 Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse e i capi le opprimono. 26 Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore 27 e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. 28 Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
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Diversamente dal testo parallelo di Marco 10,35-45, dove sono gli stessi due discepoli a domandare il “premio finale”, il nostro brano presenta la figura e la richiesta di questa madre, e in tal modo sembra volere ancor più sottolineare questa aspirazione al positivo esito della vita: è una mamma che lo domanda per i suoi figli! C’è dunque nella versione di Matteo anche tutta la forza dell’amore materno!
Ma Gesù “corregge” questa impostazione mentale e spirituale con due “controproposte” di pensiero e di tensione morale. Quella più evidente è che, come ormai abbiamo più volte incontrato, la prospettiva non è quella della conquista di un premio, perché tutto è solo dono! E anche questi posti d’onore nella gloria finale non sono il riconoscimento di meriti, ma appunto un dono preparato da Dio Padre.
La seconda “alternativa”, meno evidente, è forse però quella principale: la positività della vita non è relativa e in vista di un premio finale, ma è buona e bella in se stessa! Ed è tale, perché è la scelta e la tensione del Figlio di Dio! Qui dunque Gesù vuole affermare che la pienezza della vita sta nel suo essere una vita tutta donata. Tutta “versata” secondo l’immagine suggestiva del “calice”: “Potete bere il calice che io sto per bere?” (ver.22).
Questa vita “offerta”, che per essere tale deve essere vita da “servitore” (ver.26) e da “schiavo” (ver.27), è la vita guidata dalla potenza dell’amore! E’ la vita che in se stesso Gesù ci rivela e ci comunica, Lui che “non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (ver.28). In radicale alternativa ad una vita riconosciuta e premiata, Gesù propone la vita cristiana come consumata nell’amore e nel dono di sé!
Con questo annuncio Egli in certo senso “capovolge” la prospettiva e quindi l’interpretazione della vita, e così, diventa “mondana” una tensione verso il “paradiso”, e veramente “divina” un’esistenza donata nella piccolezza, nell’umiltà e nell’amore.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Si rimane stupiti vedendo che i discepoli, dopo che Gesù ha annunziato la sua sofferenza e la sua morte, continuino a nutrire idee e volontà di grandezza e di preminenza. Gesù mostra una pazienza senza limiti; mentre gli altri dieci si sdegnano con i due più ambiziosi, Egli spiega loro che c’è da bere un calice e che è il Padre a donare i posti gloriosi nel suo regno. E questa è l’altra “bella notizia” del brano odierno: il Padre sta predisponendo seggi nella sua casa per chi percorre la via di Gesù, quella di farsi servi e schiavi in favore degli altri. Come ha fatto Lui stesso, che è venuto per servire dando la sua vita per tutti.