18 Fece quindi avvicinare l’ariete dell’olocausto e Aronne e i suoi figli stesero le mani sulla testa dell’ariete. 19 Mosè lo immolò e ne sparse il sangue attorno all’altare. 20 Poi fece a pezzi l’ariete e ne bruciò testa, pezzi e grasso. 21 Dopo averne lavato le viscere e le zampe con acqua, bruciò tutto l’ariete sull’altare: olocausto di soave odore, un sacrificio consumato dal fuoco in onore del Signore, come il Signore gli aveva ordinato. 22 Poi fece accostare il secondo ariete, l’ariete della investitura, e Aronne e i suoi figli stesero le mani sulla testa dell’ariete. 23 Mosè lo immolò, ne prese del sangue e bagnò il lobo dell’orecchio destro di Aronne e il pollice della mano destra e l’alluce del piede destro. 24 Poi Mosè fece avvicinare i figli di Aronne e bagnò con quel sangue il lobo del loro orecchio destro, il pollice della mano destra e l’alluce del piede destro; sparse il resto del sangue attorno all’altare. 25 Poi prese il grasso, la coda, tutto il grasso aderente alle viscere, il lobo del fegato, i reni con il loro grasso e la coscia destra; 26 dal canestro dei pani azzimi, che era davanti al Signore, prese una focaccia senza lievito, una focaccia di pasta intrisa nell’olio e una schiacciata e le pose sulle parti grasse e sulla coscia destra. 27 Poi mise tutte queste cose sulle mani di Aronne e sulle mani dei suoi figli e le agitò con l’agitazione rituale davanti al Signore. 28 Mosè quindi le prese dalle loro mani e le bruciò sull’altare sopra l’olocausto: sacrificio di investitura, di soave odore, sacrificio consumato dal fuoco in onore del Signore. 29 Poi Mosè prese il petto dell’ariete e lo agitò come offerta da agitare ritualmente davanti al Signore; questa fu la parte dell’ariete dell’investitura toccata a Mosè, come il Signore gli aveva ordinato. 30 Mosè prese quindi l’olio dell’unzione e il sangue che era sopra l’altare; ne asperse Aronne e le sue vesti, i figli di lui e le loro vesti; così consacrò Aronne e le sue vesti e similmente i suoi figli e le loro vesti. 31 Poi Mosè disse ad Aronne e ai suoi figli: “Fate cuocere la carne all’ingresso della tenda del convegno e là mangiatela con il pane che è nel canestro dell’investitura, come mi è stato ordinato. La mangeranno Aronne e i suoi figli. 32 Quel che avanza della carne e del pane, bruciatelo nel fuoco. 33 Per sette giorni non uscirete dall’ingresso della tenda del convegno, finché cioè non siano compiuti i giorni della vostra investitura, perché la vostra investitura durerà sette giorni. 34 Come si è fatto oggi così il Signore ha ordinato che si faccia per compiere il rito espiatorio su di voi. 35 Rimarrete sette giorni all’ingresso della tenda del convegno, giorno e notte, osservando il comandamento del Signore, perché non moriate, poiché così mi è stato ordinato”. 36 Aronne e i suoi figli fecero quanto era stato ordinato dal Signore per mezzo di Mosè.
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Continua ad impressionarmi questo Mosè che non è sacerdote ed è l’iniziatore del culto e del compito sacerdotale. Mosè è profeta, è l’uomo della Parola, è il grande mediatore tra Dio e il popolo, profeta in certo senso per l’intera umanità nel dono divino della Parola di Dio, voce della Parola. Il rito quindi è come la visibilità, lo storicizzarsi della Parola. Il commentatore ebraico annota che ovviamente Mosè, che officia per tutti questi sette giorni, non porta gli abiti sacerdotali che ha fatto indosssare ad Aronne ed ai suoi figli; la tradizione dice che egli indossa una tunica bianca.
Il verbo tradotto in italiano con “fece avvicinare” è, come abbiamo già visto, quello che esprime la presentazione delle vittime per il sacrificio; la versione latina dice “obtulit”, appunto “offrì”. Nel nostro testo appare qui al ver.18 per il montone dell’olocausto, ricompare al ver.22 per “il secondo montone, il montone della investitura (dei sacerdoti)”, e ritorna al ver.24 e questa volta riferito direttamente ad Aronne e ai suoi figli! Qui il coinvolgimento dei sacerdoti viene espresso con il segno del sangue con il quale Mosè, al ver.24, “bagnò il lobo del loro orecchio destro, il pollice della mano destra e l’alluce del piede destro”: sono le estremità, le parti esterne del corpo e quindi vogliono indicare il corpo intero. Dunque il sacerdote è anche vittima! Offre ma è anche offerto!
Quando il ver.22 parla dell’ariete dell’investitura, usa un termine che vuol dire “riempimento, pienezza”. Il commento ebraico osserva allora che ci si trova vicino alla parola pace, perchè anche questo termine “pace” dice una “pienezza”. Per questo il sacrificio dell’investitura è fortemente connesso con il sacrificio di comunione che appunto in ebraico è chiamato “pacifico, di pace”, perchè il significato biblico della pace non è quello di “non guerra” della cultura classica, ma appunto significa una relazione positiva di pace, l’amore. Per questo il termine “pace” non può essere aggredito con i soliti sospetti di pacifismo, perchè coinvolge l’amore! Così, il sacrificio dell’investitura sacerdotale è intrecciato e intriso con il sacrificio di comunione.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Se con l’olio si fa l’unzione, la consacrazione, con il sangue si opera la purificazione, l’espiazione. Il sangue della vittima, posto sull’orecchio, sul pollice e sull’alluce di Aronne e dei figli, indica l’allontanamento di ogni aspetto che impedirebbe l’esercizio delle funzioni sacerdotali. In particolare, leggo che l’orecchio indicherebbe la capacità di prestare attenzione alla parola di Dio; il pollice, la possibilità di offrire sacrifici e di ben operare; l’alluce, indicherebbe l’accesso al santuario e all’altare. Se ben ricordo, una persona priva – ad es. – dell’orecchio non era ammessa alla funzione sacerdotale. – Ho collegato queste riflessioni all’episodio del Getsemani: quando Gesù fu arrestato, uno dei discepoli tagliò con la spada l’orecchio destro del “servo del sommo sacerdote”, cioè del suo rappresentante. L’episodio rappresenta il tentativo di una risposta violenta dei seguaci di Gesù all’azione del sommo sacerdote e dei suoi alleati. Gesù rifiuta di mettersi su questo piano di scontro e “restituisce” l’orecchio al ferito. E’ l’ultimo “miracolo” di Gesù prima della sua morte e risurrezione.
Mi colpiva, questa mattina la questione dei sette giorni: “Per sette giorni non uscirete dall’ingresso della tenda del convegno, finché cioè non siano compiuti i giorni della vostra investitura, perché la vostra investitura durerà sette giorni.” (versetto 33). Mi colpisce che l’investitura non si compia solo con un rito ma anche in un tempo. E mi colpisce che questo tempo sia di sette giorni.
Ho pensato a questo rito di sette giorni come ad una nuova creazione dalla quale escono uomini nuovi per il culto a Dio. Ho pensato alla meravigliosa liturgia del cielo e alle visioni di Apocalisse dove a Colui che siede sul trono e all’Agnello vengono rese lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli (Ap.5,13). Ho pensato a questi sette giorni come al tempo che è dato a noi ora: già rito, già liturgia, ma preparazione ed ingresso alla Liturgia… Devo dire che alla fine mi sono anche un po’ persa a pensare che forse alla fine tutti saremo “sacerdoti”, tutti al cospetto del Signore Dio, l’Onnipotente, e dell’Agnello che sono il Tempio della Gerusalemme celeste…
Mi colpisce di oggi la realtà dell’azione e l’obbedienza che la genera.
Dagli ordini di Dio nasce per gli uomini un comportamento concreto, delle azioni vere, con le mani..
‘Aronne e i suoi figli fecero quanto era stato ordinato dal Signore per mezzo di Mosè.’ all’ultimo versetto.
Mi è venuto in mente il nostro amico Robbi, saldatore, e la sua sapienza nel vedere il lavoro ‘come il Signore gli aveva ordinato’ v.21.
E’ forse proprio l’obbedienza a produrre il soave odore gradito al Signore..
Mi sembra che il Levitico faccia capire bene come sia necessaria ad un certo punto un’obbedienza senza condizioni che forse libera anche dal grande peccato. Sal 18.
Anch’io ho riflettuto sui sette giorni dedicati alla consacrazione dei sacerdoti. Mi ritrovo nel commento di Raffaella. Mi è rimasta in mente la motivazione finale: “Rimarrete sette giorni all’ingresso della tenda del convegno, giorno e notte, osservando il comandamento del Signore, PERCHE’ NON MORIATE, poiché così mi è stato ordinato”.
La connessione tra liturgia, espiazione, osservanza del comandamento, vita-morte, nuova creazione è fortissima!
Una piccola aggiunta: in Es 29 sono riportate le disposizioni di Dio per questo rito. Emerge con forza il ruolo di Mosè che deve officiare l’intera liturgia. E viene specificato (Es 29,36) che in ognuno dei sette giorni egli dovrà sacrificare un giovenco per il peccato, in espiazione per togliere il peccato dall’altare. In questi sette giorni quindi non vengono consacrati solo i sacerdoti ma anche l’altare! Il legame tra i sacerdoti e il luogo santissimo nasce quindi da questa settimana insieme.
Da domani inizierà per i sacerdoti e altare il servizio quotidiano a favore di tutta la comunità.
Mi fa un certo effetto avere nell’orecchio questi capitoli sui sacrifici quando partecipo alla Eucaristia e pensare che Essa è il compimento di tutti questi riti.