1 Ora Nadab e Abiu, figli di Aronne, presero ciascuno un braciere, vi misero dentro il fuoco e il profumo e offrirono davanti al Signore un fuoco illegittimo, che il Signore non aveva loro ordinato. 2 Ma un fuoco si staccò dal Signore e li divorò e morirono così davanti al Signore. 3 Allora Mosè disse ad Aronne: “Di questo il Signore ha parlato quando ha detto: A chi si avvicina a me mi mostrerò santo e davanti a tutto il popolo sarò onorato”. Aronne tacque. 4 Mosè chiamò Misael ed Elsafan, figli di Uziel, zio di Aronne, e disse loro: “Avvicinatevi, portate via questi vostri congiunti dal santuario, fuori dell’accampamento”. 5 Essi si avvicinarono e li portarono via con le loro tuniche, fuori dell’accampamento, come Mosè aveva detto. 6 Ad Aronne, a Eleazaro e a Itamar, suoi figli, Mosè disse: “Non vi scarmigliate i capelli del capo e non vi stracciate le vesti, perché non moriate e il Signore non si adiri contro tutta la comunità; ma i vostri fratelli, tutta la casa d’Israele, facciano pure lutto a causa della morte fulminea inflitta dal Signore. 7 Non vi allontanate dall’ingresso della tenda del convegno, così che non moriate; perché l’olio dell’unzione del Signore è su di voi”. Essi fecero come Mosè aveva detto.
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E’ un episodio misterioso che tale resta anche nella storia della sua spiegazione. Infatti, accanto alla “illeggittimità” che parrebbe abbastanza evidente e che quindi spiegherebbe facilmente la punizione divina nei loro confronti, c’è tutta una corrente dei grandi commentatori ebraici e cristiani che vede nel gesto di Nadab e di Abiu (“Nadab” vuol dire “che onora Dio volontariamente”, e “Abiu” vuol dire “Egli è mio padre”) una manifestazione di amore supererogatorio nei confronti di Dio; forse quindi un gesto non previsto dalle “regole”, ma in ogni modo grande e santo. Dio quindi li avrebbe forse puniti, ma certo anche “santificati”. Un maestro di Israele ne fa un esempio per coloro che osservando come Dio ha fatto con dei giusti, si chiedono cosa farà per gli iniqui. Qualcuno arriva quindi a pensare che quel fuoco sia la consumazione di vittime gradite a Dio.
E’ molto interessante anche l’evoluzione che nella versione greca assume il “tacere” di Aronne al ver.3, che diventa un “silenzio trafitto”, una silenziosa trafissione. Sempre secondo i grandi commenti, Dio darebbe riconoscimento a questa dolorosa silenziosa accettazione di Aronne parlando per la prima volta direttamente a lui, al ver.8 che si incontrerà nel testo successivo al nostro di oggi. Finora parlava sempre attraverso Mosè. Sempre secondo il commento ebraico, la morte dei due fa riflettere Mosè che parlando ad Aronne paragona la sorte dei due con la persona sua e del fratello, quasi a domandarsi quale sarà la loro sorte.
E’ notevole anche l’appellativo evidentemente positivo di “fratelli” che viene dato da Mosè ai due, che in realtà non sono fratelli di Misael e di Elsafan, come ha minuziosamente spiegato il ver.4 affermando che sono cugini dei due morti. In italiano vengono però chiamati “congiunti”(ver.4), e quindi la cosa è impallidita.
La nota della TOB dice che in ogni modo l’interesse prevalente del testo è quello di dare disposizioni sulla partecipazione dei sacerdoti ai funerali. Questo è probabilmente vero, anche se non vogliamo rinunciare al fascino misterioso della vicenda dei due consumati dal fuoco di Dio. I sacerdoti non possono scarmigliarsi i capelli nè stracciarsi le vesti, come gli altri possono fare, perchè la loro vicinanza al Dio vivo impedisce che essi si abbandonino alla celebrazione della morte. Questo è evidentemente interessante per noi che, in Gesù, siamo un popolo tutto sacerdotale! Vale per noi, infatti, quello che Mosè dice ai sacerdoti al ver.7:”..l’olio dell’unzione è su di voi”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Il primo pensiero che mi viene è che il lavoro dei sacerdoti sia pericolosissimo! Addirittura una specie di prigionia: v.7 a motivo dell’unzione, non possono nemmeno allontanarsi dalla tenda, pena la morte!
Ma il fuoco che oggi brucia i due figli di Aronne è il fuoco che ieri 9,24 ha consumato tutto l’olocausto sull’altare, segno del gradimento del Signore.
Anche Gesù, come sacerdote ha offerto se stesso una volta per tutte (Eb 7,26-27).
Mi è piaciuto molto il v.3 “in quelli che mi stanno vicino io sarò santificato e davanti a tutto il popolo sarò glorificato”.
Stargli vicino non vuol dire “scherzare con il fuoco” ma essere illuminati dalla sua luce vivificante che, smascherando il male, lo distrugge. (Gv 3,19-21)
Volendo individuare nel testo il motivo della punizione dei due figli di Aronne, lo si potrebbe vedere in quel “profumo di erbe aromatiche”, forse non preparato secondo le regole date in Es. 30,34ss.; oppure in quella nota: “non era stato loro prescritto”, cioè avrebbero agito senza l’ordine o il consenso di Aronne o di Mosè. – Allacciandomi alla conclusione di don Giovanni (“in Gesù, siamo un popolo tutto sacerdotale”), ripeto volentieri un’osservazione che mi sembra importante: i nostri “sacerdoti” non hanno niente a che fare con il sacerdozio di Aronne e dei suoi successori; tale sacerdozio si è compiuto ed è stato superato – secondo la Lett. agli ebrei – nel Signore Gesù. Ormai, non c’è più bisogno di mediatori tra Dio e il suo popolo: unico mediatore è Cristo e ogni credente è in rapporto diretto con Dio. I sacerdoti della comunità cristiana sono piuttosto “preti” (anche se il termine non piace molto): cioè, equivalgono ai “presbiteri”, agli anziani della primitiva comunità cristiana, che avevano un compito di servizio, affidato loro dagli apostoli. L’ordinazione dei sacerdoti è chiamata, infatti, “ordinazione presbiterale”.
Forse non è corretto ma leggo questo brano con la mia sensibilità di oggi. Mi piacciono questi Nadab e Abiu, che offrono al Signore un sacrificio fuori delle regole. Chissà per quale motivo. Magari un motivo sbagliato. E pagano con la vita. “Morirono davanti al Signore” (v.2) Mi sembra l’offerta suprema di se stessi, forse inconsapevole. Mosè parla della santità di Dio. Forse i due fratelli si sono voluti troppo avvicinare a Dio, infrangendo le regole? Forse non hanno ricordato che Dio è Dio e l’uomo è uomo? è creatura, non è padrone del rapporto con Dio? le regole della liturgia ci insegnano proprio questo. Aronne tace. Accetta.
v. 2 Un fuoco dal Signore divorò Nadab e Abiu che avevano offerto un fuoco “illegittimo”, o “estraneo”. Questa parola riceve dal contesto di oggi il suo significato più vero: è “estraneo” perchè non è conforme alla volontà del Signore, non è stato ordinato da Lui. Dunque – come il N.T. ulteriormente preciserà e farà intendere – l’estraneità non è diversità o separazione, ma è l’allontanarsi dall’obbedienza.
Notiamo che tutti i capp. successivi al nostro cominciano con la stessa frase: “Il Signore disse a Mosè…”; mentre questo cap. 10 comincia con un atto di iniziativa umana: “N. e A. presero…”. Possiamo vedervi una messa in guardia a che prima di ogni nostra azione, ogni giorno della nostra vita, non ci sia la nostra iniziativa, ma la parola del Signore.
Ci siamo chiesti se si tratta solo della descrizione di un castigo di morte con cui Dio colpisce questi due figli avventati, o se non abbiamo qui – perlomeno anche – la descrizione dell’opera di Dio come una purificazione desiderabile anche per noi. Rispetto a essere “castigo”, notiamo che manca nel testo l’accenno all’ “ira” di Dio contro di loro, che invece è citata a proposito di Aronne, se si scarmiglierà i capelli o straccerà le vesti (per lutto?); inoltre manca anche l’accenno al venire sepolti (e qui si differenzia dall’episodio di Anania e Saffira, che forse non è propriamente corrispondente).
Rispetto all’opera di purificazione/santificazione, gli accenni sono molti e stupefacienti.
1. “Morirono davanti al Signore” (v. 2) e non “lontano dal Signore”; essere presso il Signore, davanti al Suo volto, è privilegio dei vivi; questo “morire” forse non vuole dire distruzione e annullamento definitivo.
2. Al v. 3 Mosè spiega ad Aronne il senso di quello che è accaduto con queste parole: “A chi si avvicina a me io mi mostrerò santo”, o anche “sarò santificato in chi mi si avvicina”.
3. Al v.4 poi ingiunge ai cugini di “portare questi fratelli fuori dall’accampamento”, non solo vengono chiamati con un nome di parentela più intimo del legame di sangue, ma anche devono essere portati nel luogo dove il nostro Signore fu crocifisso, (Ebr 13:12-13) solidali finalmente con Lui, purificati dalla sua Passione.
4. La strana notazione del v. 5, “li portarono via con le loro tuniche”, risulta ancora più inverosimile se si intendono queste vesti come quelle indossate dai due figli colpiti dal fuoco divino: loro morti, e le vesti rimangono intatte! Essi sono stati bruciati, purificati dal fuoco divino, ma il vestito che li ricopre miracolosamente scampa (e ci scampa?) perchè è il vestito battesimale, è il Signore Gesù di cui siamo rivestiti, che copre la nostra indegnità e le nostre colpe volontarie, involontarie, e di leggerezza: non è distrutto davanti a Dio. Nascosti in Lui e protetti da Lui, siamo – pur morti – santificati e salvati e accolti presso Dio.