Caro don Giovanni, sono molto preoccupato per un problema che attraversa la mia famiglia. Non posso dire che sia cosa grave, ma molte volte mi riempio di angoscia pensando al futuro. Ho due figli, uno di quindici e uno di tredici anni. Noi diciamo che sono buoni ragazzi, ma sta succedendo qualcosa che prima non c’era. Capita che ogni tanto, se io o la mamma diciamo qualcosa che a loro non va, ci dicono tranquillamente di no, e non c’è niente da fare. Mia moglie dice che altre mamme sue amiche hanno lo stesso problema. Siamo un po’ pentiti perchè non li abbiamo mai incoraggiati verso gruppi e associazioni della chiesa. Stavamo bene insieme, e chi s’immagina che le cose cominciano a franare. Lei sente questi problemi anche nel suo ambiente? 

I problemi sono molti e anche dire a lei qualcosa è delicato, perchè ogni vicenda ha la sua fisionomia, di cui bisogna sempre tener conto. Bisogna considerare come anche noi abbiamo attraversato i problemi legati all’adolescenza e alla giovinezza. Si può dire che oggi ci troviamo in condizioni del tutto diverse? Provo a partire da questa domanda per lasciarle una parola di solidarietà e di affetto, senza pretendere di dare delle ricette. Quello che spesso mi capita di osservare è certamente la diminuzione delle relazioni interne al nucleo famigliare.

Qualche mese fa il film “L’uomo che verrà” ci portava ancora in quelle cascine della nostra campagna, dove d’inverno c’era più tempo e più freddo. La sera il gruppo famigliare si raccoglieva nell’ambiente meno rigido, che era la stalla. Con qualche scarso lumino e seduti di qua e di là si faceva conversazione. Nella mia campagna si chiamava “filoss”. C’era la memoria dei vecchi, e c’era, molto importante, la voce delle donne: tradizioni, feste e dolori, povertà e fortune, mercati e magie, feste religiose e superstizioni… I ragazzotti , un po’ appartati, si raccontavano aneddoti un po’ sboccati. I bambini, ascoltavano, come i ragazzi, finchè non cadevano nel sonno. E’ l’immagine un po’ oleografica di una grande “conversazione”.

Oggi questa conversazione manca quasi del tutto: dalla stanchezza quotidiana alla diversità dei tempi, dalla TV al computer, le case diventano come dei monasteri del silenzio. Ma una silenzio non sempre ricco di contenuti. Quasi mai. Ridestare la conversazione mi sembra molto importante. Commentare insieme la vita. Tornare al passato e discutere sul presente. Le sembra che i suoi ragazzi non sempre siano obbedienti. Non è questa la cosa più grave. Se c’è comunicazione, se c’è desiderio di condividere pensieri e sentimenti…anche la comunione famigliare ci guadagna, al di là di qualche disaccordo inevitabile e quasi fisiologico. L’importante è tenere sempre aperto lo scambio. In casa mia si discuteva praticamente su tutto. In politica avevamo, in sette, nove pareri diversi. Ma lo ricordo come un litigare che faceva anche bene. Buona chiacchierata.

Con amicizia. Giovanni. 20 maggio 2011

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Potete leggere qui di seguito tre articoli della medesima rubrica “Cose di questo mondo” di Giovanni Nicolini, non ancora pubblicati nel nostro sito.

Caro don Giovanni, mi è capitato di vederla passare per i viali dell’ospedale ma non ho avuto la forza di fermarla. Mi decido adesso a mandarle due righe. Ci siamo conosciuti molti anni fa in Azione Cattolica, ma non penso che lei si possa ricordare di me. Il mio caso è presto detto. Non ho nessuno al mondo se non mio marito. Non abbiamo avuto figli. La sua malattia di cuore è andata sempre peggio, finchè è entrato in un grande sonno. Sta in un ospedale della provincia e mi hanno consigliato di parlare con un medico di Bologna. Non l’ho trovato e per questo volevo farmi aiutare da lei. Da due mesi vado a trovare il mio uomo e lui è sempre spento. Non so più che cosa desiderare. La sua vita mi sembra adesso solo artificiale. Se lo perdo sono disperata. Ma così mi sembra di averlo già perso. Vale la pena tutta questa sofferenza?

Cara Signora, quante cose importanti riesce a comunicarmi con poche parole! Desidero veramente condividere il suo dramma. Voglio pregare per voi. Desidero camminare accanto a lei in questo tratto difficile del suo e vostro pellegrinaggio verso la casa del Signore. Verso la Pasqua. Non posso pensare di avere parole adeguate al calvario che lei sta vivendo accanto alla sua persona amata. Mi capita spesso di stare insieme a persone che attraversano lo stesso mistero di suo marito. Mi chiamano non tanto per il malato, quanto per chi gli è vicino. Sto volentieri accanto alle persone piegate su chi vive una passione tanto drammatica. Con poche parole, tenendo la loro mano nella mia mano. Lo farò volentieri anche con lei.

Domani sera, lunedì, vengono alcuni amici medici che sono accanto al grande tema del principio e della fine della vita. Penso potrebbe esserle di qualche utilità e conforto ascoltarli. Potremmo metterci d’accordo per andare insieme a trovare suo marito. Ho molta stima per questi medici e per questo li ho invitati a parlarci di un tema delicatissimo. Li ho invitati perchè conosco la loro fede e anche la loro grande competenza professionale. Poi, come lei sa, tutto resta affidato a noi. Nessuno può entrare con disinvoltura in spazi così delicati e dolorosi.

A me piace molto il modo serio con il quale questi medici ricercatori vivono quotidianamente la loro professionalità e la loro ricerca. Per parte mia, ho metà del pensiero e del cuore anche verso l’Africa dove le mie sorelle vivono quotidianamente il tentativo drammatico di arginare il dramma dell’AIDS. Tanti pensieri che in Europa possiamo fare, là non sono possibili, perchè non ci sono nè competenze, nè mezzi per affrontare problemi immensi per una misura molto vasta della popolazione. Siamo “vicini di casa”, ma ci separa un abisso di diversità. Non disperiamo e continuiamo a riflettere e, come possiamo, ad operare nel solco che ci ha indicato Gesù. Arrivederci, dunque.

Un caro abbraccio. Giovanni. 1 aprile 2011

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Oggi avevo l’intervento per l’interruzione di gravidanza…ho deciso di tenerlo. Non ci sono andata. Ti abbraccio forte. (Messaggio firmato) (Con questa mia piccola amica, sorella e anche un po’ figlia abbiamo pensato, parlandone insieme, di coinvolgere altri nel nostro dialogo, con la speranza di poter essere un piccolo segno di speranza per chi dovesse in più drammatica solitudine esporsi a decisioni così gravi).

Il tuo messaggio mi ha folgorato. Volentieri avevo cercato di stare vicino a te e a questo caro amico che si è accostato con tanto affetto alla tua vita tribolata. Mi aveva riempito di commozione quel suo accusarsi di aver precipitato il suo volerti bene senza che tu ancora potessi cogliere pienamente la novità e il volto positivo che era per te il vostro legame affettuoso. Lui non aveva altro argomento se non il desiderio che questo bimbo potesse essere il vostro bimbo.

Io però portavo dentro di me la pena della tua storia troppo ferita e troppo pesante, che ti avevano costretta ad un confronto duro con la vita, sproporzionato alla tua età e alle fatiche che già avevi dovuto portare. Mi era impossibile parlarvi senza batticuore: volevo prenderti per mano e incoraggiarti a guardare con speranza il tuo futuro, ma non volevo accrescere una fatica che hai dovuto portare in grande solitudine, fin quando ci siamo incontrati e abbiamo avuto la gioia di darti un posto d’affetto tra noi. Avevi già riparato il tuo passato e pensavi di poter guardare con giovanile serenità al tuo futuro, senza per ora prendere nuove difficili decisioni. La vita invece ti è corsa incontro.

Quello che più mi convinceva a “tenere per il bambino”, era certamente la vita di questo piccolo, ma anche le parole e lo sguardo del tuo compagno. Di lui ho subito pensato – e subito ne ho chiesto al Signore – se non fosse stato mandato da un “Altro” perchè ti fosse “angelo” di buone notizie e di una protezione d’amore che poco avevi potuto conoscere. Quando ci siamo salutati ho chiarito con il Signore che più di così non potevo dire e fare. Anche una tua decisione negativa non avrebbe intaccato il mio desiderio di starti vicino.

Come mi capita quasi sempre, il Signore non mi permette di venire a conoscenza di qualche fatica e prova di altri senza ricordarmi che io non sarei capace di portare il peso e la vicenda sulla quale devo esprimere un parere e un consiglio. Come ti dicevo poco fa, considerami il “nonno segreto” del vostro bambino. E sai di comunicarmi grande gioia quando mi dai la possibilità di fare qualcosa per la vostra bella vita.

E dunque, grazie di cuore. Giovanni. 8 aprile 2011

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Capisco il suo desiderio di dare accoglienza a tutti e sempre. Penso che si debba però pensare che questo è proprio di tempi speciali e di situazioni speciali. La normalità prevede che una nazione viva e si sviluppi in se stessa, con la sua cultura, le sue tradizioni e i suoi costumi. Non le sembra che altrimenti tutto sia mischiato in una specie di marmellata insapore? Le stesse grandi nazioni europee hanno caratteristiche proprie molto forti. E proprio per questo il loro incontro è così ricco….

La ringrazio per la sua lunga e ricca esposizione di cui riporto una delle affermazioni più significative. Non sono uno specialista in materia…perchè non sono specialista in niente. Forse però non è stato sempre così. In occidente, persino i grandi imperi, da quello romano e quello asburgico, hanno sviluppato una politica di autonomia delle singole nazioni sotto la stessa unità imperiale. Tutto sta a vedere quali “confini” si pongano tra le nazioni e tra le persone. Se al confine c’è sempre un ponte di conoscenza, di scambio e di amicizia, ognuno si arricchisce dell’altro e ne è arricchito. Se il confine è un filo spinato di inimicizia e di violenza, questo impoverisce tutti.

Quando la divisione è addirittura “dentro” lo stesso territorio, come è il dramma israelo-palestinese, allora è tragedia. I miei fratelli che abitano a Gerusalemme conoscevano bene il volontario ucciso a Gaza. Mi dicevano di una buona pastasciutta mangiata insieme poco tempo fa. Ma anche in una situazione così drammatica il volontariato più importante resta quello che, senza rinunciare ad evidenziare le ingiustizie e i soprusi, continua a pensare che ognuno abbia qualcosa di buono da dare e qualcosa di buono da ricevere.

Proprio questa mattina pregavo sull’ultimo capitolo del Libro di Ester, uno di quei piccoli Libri della Bibbia che hanno come protagonista una donna. Alla fine di una grande e drammatica avventura il Libro chiude affermando che il bene vero e il vero bene non sono mai “uno”, ma sempre “due”. Perchè se fra “due” può esserci conflitto, senza “due” non c’è relazione. E quindi non può esserci amore. Entriamo nella Settimana di Pasqua. La più importante dell’anno. Sono i giorni supremi dell’esilio del Figlio di Dio da Dio Padre. Un esilio che va fino alla Croce e che mette sulle labbra del Figlio le parole del Salmo:”Dio mio, perchè mi hai abbandonato?”. Lo ha mandato perchè con la sua Croce raccogliesse tutta l’umanità in un unico abbraccio d’amore.

Buona Domenica delle Palme Giovanni della Dozza 16 aprile 2011