21 «Ma ecco, la mano di chi mi tradisce è con me, sulla tavola. 22 Il Figlio dell’uomo se ne va, secondo quanto è stabilito; ma guai a quell’uomo dal quale è tradito!». 23 Allora essi cominciarono a domandarsi a vicenda chi di essi avrebbe fatto ciò.
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All’inizio di questo cap.22 abbiamo trovato subito annunciato il dramma del tradimento di Giuda, espresso con le parole “Allora Satana entrò in Giuda…”(ver.3), che ci consegna l’affermazione grande e misteriosa del Male che, potente, entra nella fragile condizione dell’uomo e l’invade. Questo non toglie la partecipazione e la responsabilità dell’uomo, ma certamente afferma il mistero di una forza negativa più forte di lui. Mi sembra che la Parola che oggi celebriamo nella nostra preghiera si tenga in questo orizzonte di pensiero. Ci sarà utile considerare i testi paralleli al nostro, e in particolare Giovanni 13,21-30. Devo dire che da anni la vicenda di Giuda mi attira e mi occupa, soprattutto perchè molte volte mi sembra che il mistero del Male venga banalizzato. Non ho idee e soluzioni semplici, ma credo di dovermi tenere dentro alla complessità del tema senza accedere a scorciatoie troppo rapide e quindi spesso poco profonde. Faccio un esempio tra tutti i possibili: per la dottrina tradizionale colui che commette il peccato è libero e volontariamente lo compie. Ma spesso mi sembra che il male commesso dall’uomo venga da una condizione di prigionìa più che di libertà…
Notiamo innanzi tutto che solo Gesù è consapevole della presenza di un traditore, e al ver.21 è Lui che ne da l’annuncio. Certo, è legittimo pensare che Giuda finga e tenga ovviamente nascosta la sua decisione di tradire, che abbiamo vista esplicitata e già intrapresa ai vers.4-6. Ma è inevitabile che ci chiediamo anche se egli sia in grado ci cogliere il suo peccato nell’immensità dell’orizzonte in cui Gesù ora lo colloca. E notiamo che quello che per il traditore è l’atto che lo fa colpevole e che attira su di lui quel terribile “guai” del ver.22, ha tutto un suo mistero positivo e luminoso, di cui Gesù svela la sostanza:”Il Figlio dell’uomo se ne va, secondo quanto è stabilito…”; questa è la realtà nascosta e grande di quanto sta per accadere, cioè il congedo del Cristo e il suo ritorno al Padre, un congedo che passa attraverso l’atto supremo del suo amore per l’umanità, il suo sacrificio d’amore! E tutto questo è ciò che è stato da sempre “stabilito”. Stabilito da Dio e consegnato alla storia e alla profezia dei padri ebrei, e ora adempiuto!
E tale tradimento si compie nello spazio della suprema intimità e comunione che il Figlio di Dio celebra con i suoi:”..la mano di chi mi tradisce è con me, sulla tavola”(ver.21)! Il tradimento non viene da fuori e da lontano, ma da chi è con Lui, sulla tavola della Cena Pasquale! Mi sembra quindi importantissima la conclusione, che non liquida il dramma indicando semplicemente chi dei discepoli sia concretamente il traditore, ma resta sospesa in una domanda alla quale pare che nessuno possa sottrarsi. Non ci è quindi consentito di “metterci tranquilli”: tanto è lui, Giuda, il traditore. Invece, a quel punto, “essi cominciarono a domandarsi a vicenda chi di essi avrebbe fatto ciò”(ver.23)! E la domanda, mi sembra, deve rimanere sospesa anche su noi, oggi. In questo senso, non può non sembrarci obbrobbriosa ogni tranquilla e specifica indicazione di chi sia il traditore, o addirittura, come è avvenuto per secoli nei confronti dei padri ebrei (!!), quale sia il deicida, il popolo deicida, il “colpevole” della morte del Signore!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Rispetto a ieri mi sembra che il clima un po’ cambi e nella pasqua mangiata insieme si inserisca più esplicitamente il peccato.
Mi ha colpito che proprio qualcuno che è lì con il Signore lo ‘consegnerà’. Ho pensato che se non ci fosse stato un rapporto con il Signore, se non lo avesse conosciuto, Giuda non avrebbe potuto tradirlo, consegnarlo.
Nel parallelo di Giovanni, nell’ultimo versetto, ‘Giuda esce nella notte’ che mi sembra spieghi la desolazione, la solitudine, la povertà di ‘guai a quell’uomo dal quale è tradito!’.
Nell’ultimo versetto la domanda che i discepoli si fanno su chi l’avrebbe tradito mi sembra interessante perché tutti avrebbero potuto farlo. Tutti siamo nella condizione di tradire Gesù perchè tutti siamo anche nel peccato, forse.
E la bella notizia di oggi mi sembra sia questa spiegazione ulteriore della Pasqua annunciata ieri: la salvezza ‘nella remissione dei peccati’.
“La mano di chi mi consegna è CON ME sulla tavola”. La comunione intima e profonda sottolineata ieri è attraversata dal tradimento, spezzata dal male. I discepoli si interrogano a vicenda, si chiedono insieme l’uno all’altro, chi fosse colui che stava per fare una azione così contraria alla comunione.
Anche a me sembra molto importante considerare seriamente questo testo per noi. Viviamo drammaticamente nel nostro cuore il tradimento, la consegna, il rinnegamento del nostro Signore proprio quando il bene e la comunione con lui sono grandi. Perchè? E’ una domanda che forse dovrei pormi di frequente senza liquidarla troppo in fretta. Infatti il v. 21 dice che i 12 COMINCIANO a domandarsi a vicenda… e poi si fermano? non approfondiscono? Domani vedremo che nascerà tra loro una contesa sottilmente diversa e cambieranno argomento!
Il Vangelo di Luca, posponendo la rivelazione del tradimento alla cena, ancora più profondamente la subordina alla rivelazione del grande amore, espresso nel testo di ieri, nella cena pasquale. In effetti la gravità dell’azione iniqua è comprensibile tanto quanto si è venuti a conoscere la dimensione infinita dell’amore di Dio nel suo Cristo
Ieri Gesù aveva detto: ho desiderato ardentemente mangiare questa pasqua “con voi”; oggi dice “è con me”. Il desiderio del Signore comprende tutto; anche l’accettazione consapevole e mite che la mano di colui che lo tradisce è con lui sulla tavola.
Secondo quanto è stabilito. Luca si differenzia da Matteo e Marco, che dicono “Secondo quanto è scritto di lui”. L’uso di questo verbo, soprattutto negli Atti, evidenzia il disegno eterno di Dio nel suo Cristo: la sua passione e uccisione, la sua resurrezione e il suo essere stabilito giudice dei vivi e dei morti. E’ un disegno che non può venire meno, tanto da poter con chiudere ogni cosa, persino il tradimento di cui si legge oggi.
Guai. Il giudizio di Gesù riguardo al tradimento qui si concentra in questa unica parola. Le volte che nei Vangeli e altrove nel N.T. si trova un guai, è di norma chiaro che si tratta di un giudizio che tocca quelle dimensioni di potenza e di grandezza materiali o spirituali che affascinano l’uomo, e di cui spesso si sottolineano anche le conseguenze di una oppressione su chi è più piccolo. Mai invece un guai è espresso su dimensioni che toccano la povertà o le insufficienze dell’uomo. Questo forse ha la sua importanza per collocare bene le parole di Gesù di oggi, anche in sintonia delle parole del salmo che dicono di un sollevare il calcagno su, con un riferimento chiaro ad un evidente stato di superiorità che permette questa azione.
Dopo tanti e ricchi commenti, mi limito a due osservazioni: intanto, la contrapposizione – nelle parole di Gesù – tra il Figlio dell’uomo e l’uomo che lo tradisce. Da una parte il modello di uomo corrispondente al disegno del Padre e pienamente realizzato in Gesù; dall’altra parte, l’uomo che spezza l’amicizia, la comunione, preferisce la sicurezza del denaro, sta dalla parte di chi detiene il potere… – L’altra osservazione riguarda quel “guai”: ho sentito spiegare che non sarebbe il nostro “guai” di minaccia e di vendetta, ma corrisponderebbe a un “ahi!” che faceva parte della lamentazione funebre. Si tratterebbe quindi di “compiangere” questo pover’uomo, che – con quello che ha fatto – si è autocondannato e ha distrutto le sue potenzialità di vita.