20,1 Un giorno, mentre istruiva il popolo nel tempio e annunziava la parola di Dio, si avvicinarono i sommi sacerdoti e gli scribi con gli anziani e si rivolsero a lui dicendo: 2 «Dicci con quale autorità fai queste cose o chi è che t’ha dato quest’autorità». 3 E Gesù disse loro: «Vi farò anch’io una domanda e voi rispondetemi: 4 Il battesimo di Giovanni veniva dal Cielo o dagli uomini?». 5 Allora essi discutevano fra loro: «Se diciamo “dal Cielo”, risponderà: “Perché non gli avete creduto?”. 6 E se diciamo “dagli uomini”, tutto il popolo ci lapiderà, perché è convinto che Giovanni è un profeta». 7 Risposero quindi di non saperlo. 8 E Gesù disse loro: «Nemmeno io vi dico con quale autorità faccio queste cose».
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Entriamo nel cap. 20 che Luca dedica tutto all’indicazione di alcuni capisaldi privilegiati della fede cristiana, evidenziati attraverso la polemica suscitata da scribi, farisei, sadducei, sommi sacerdoti. La domanda che essi rivolgono a Gesù nel nostro testo di oggi indurrà il Signore non solo a dare la risposta che ascolteremo, ma anche a proseguire il discorso con una parabola e un suo commento che ci porterà sino al ver. 26.
Rispetto ai testi paralleli di Matteo e Marco, Luca continua a sottolineare il rapporto attento e intenso tra Gesù e il popolo che lo ascolta: istruiva il popolo e, alla lettera, lo evangeliz-zava. La domanda che gli viene rivolta, una scoperta provocazione-tentazione, si chiarisce meglio tenendo presente che il traduttore italiano ha reso con il termine “autorità”, quello che nel testo greco e latino è “potenza”, termine che ci aiuta maggiormente a cogliere che si vuol sapere se Gesù pensa di agire nella potenza e con la potenza di Dio.
La risposta del Signore mi sembra voglia ribadire l’assoluta continuità e fedeltà tra quello che Egli sta compiendo – e che Giovanni Battista, ultimo dei profeti d’Israele ha preannun-ciato – e la lunga preparazione della profezia di Israele, quell’opera profetica che da sem-pre ha accompagnato la storia del popolo della prima alleanza. Alla loro domanda Gesù reagisce quindi con un’altra domanda che svelerà le loro vere intenzioni e in certo senso mostrerà la mala fede delle loro parole. Infatti, se accettassero di rispondere a quanto Ge-sù chiede circa la persona e l’opera del Battista, dovrebbero esporsi alle reazioni del popolo che ha accolto Giovanni come vero profeta d’Israele e come il precursore del Messia.
Luca sottolinea la gravità del caso, citando il rischio della lapidazione che questi capi cor-rerebbero, pena legata alla bestemmia, cioè al non riconoscimento della santità dell’Unico Dio.
E’ impressionante la conclusione dell’episodio, che ricorda un’eventualità che non sempre consideriamo, e cioè che la punizione divina più grave e drammatica possa essere quella di un “silenzio” di Dio, e quindi di un impedimento ad entrare nella persona e nell’insegnamento del Signore. In realtà, sembra di capire che proprio questo frangente così grave spingerà Gesù a dire la parabola che, se Dio vorrà, ascolteremo di seguito, ma che già oggi possiamo considerare con attenzione.
Anche oggi, nella diatriba promossa dai capi con Gesù, il popolo ha una parte importante, essendo citato al v.1 come oggetto dell’insegnamento e dell’annuncio dell’evangelo da parte di Gesù e al v.6 come motivo di preoccupazione per i capi. Da notare l’annotazione “tutto il popolo” che già avevamo incontrato ieri.
Il riferimento di Gesù a Giovanni Battista riporta al fatto che Gesù era stato battezzato da lui insieme a tutto il popolo; e come Gesù stesso aveva detto al cap.7, mentre tutto il popolo ascoltando, e anche i pubblicani, hanno riconosciuto la giustizia di Dio, ricevendo il battesimo di Giovanni, i farisei e i dottori della legge, non facendosi battezzare da lui, hanno reso vano per loro il disegno di Dio. La risposta di Gesù di oggi ai capi sembra volere loro dire che non ci può essere “prova” per loro convincente, nella misura in cui loro non si mettono in gioco, personalmente e con sincerità, davanti a lui a alla sua parola di insegnamento e di vangelo, se stanno al di fuori di quel cammino di fede che in un certo modo il popolo ha intrapreso a cominciare dalla sua “persuasione” rispetto a Giovanni.
Già nella parabola di Lazzaro e del ricco si era messo in evidenza che se ci si pone al di fuori di una attitudine all’ascolto, non c’è prova che tenga che possa convincerci.
Alla domanda dei capi che potrebbe essere vista come una contestazione al fatto che ci possa essere una autorità al di fuori di quella che loro detengono e che, come rivelerà la parabola di domani, considerano come un loro possesso, è in qualche modo già una risposta l’insegnamento e l’annuncio del Vangelo di Gesù al popolo.
Si può accostare al testo di oggi il cap. 8 di Giovanni, che comincia con il testo dell’adultera, chiarendo che il “potere” di Gesù è soprattutto un potere di perdono; capitolo nel quale c’è una discussione serrata, in cui si vede la chiusura assoluta degli interlocutori, a cui Gesù stesso dice: “A me non credete perché dico la verità. Chi di voi può convincermi di peccato? Se dico la verità perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio: per questo voi non le ascoltate, perché non siete da Dio.
Mi è piaciuta la domanda che viene rivolta a Gesù e che forse oggi ci è suggerito di chiedersi, ovvero ‘con quale potere fai queste cose’ nel Vangelo e nelle nostre vite?
Come un rinnovo nella fede nel Signore e, nella domanda successiva, nel Battesimo.
Non c’e, forse, riconoscimento del Signore senza il Battesimo e il dono dello Spirito Santo?
Ho trovato interessante come davanti a quegli uomini che non prendono una posizione interiore chiara davanti al Battesimo il Signore non si rivela pienamente.
Dobbiamo proprio dire che Gesù non è ossequioso, riverente verso le massime autorità di Israele; non so se noi possiamo avere un po’ di questo coraggio… Gesù dimostra di essere un uomo libero, che non si ferma davanti a nessuna autorità…, seguendo solo quella del Padre. – Vedo che il termine greco “exousia”, tradotto ufficialmente con autorità, viene invece reso da don Giovanni con “potenza” e da Mapanda con “potere”.- Guardando l’etimologia del termine, mi è venuta questa riflessione: siccome la forma verbale “ex-estin” significa “è cosa libera, è lecito”, si potrebbe concludere che Gesù “si è preso la libertà”, possiede la libertà e la licenza di parlare e operare come sta facendo…
GRAZIE ad ognuno di voi.
Monica