Carissimo don Giovanni, mi trovo davanti al mistero del mio cuore. Aspetto il mio terzo figlio, che arriva imprevisto ma che non c’è ragione di pensare non gradito. Eppure io non riesco ad essere felice. Mio marito lo è. I due bambini anche. Io sono sola nella mia misteriosa tristezza. Parlo di mistero perchè non riesco a capire nè l’origine nè le ragioni di questo mio animo cupo. Mi scusi se non firmo il messaggio. Con stima e affetto.

Penso che questo bambino sia molto fortunato. Il papà e i fratellini lo aspettano con gioia. La mamma lo aspetta con un interrogativo doloroso nel cuore. Tutto questo mi prende per mano verso Maria di Nazaret. Il Vangelo ci parla della gioia della Madre di Dio, in un’occasione speciale, quando nella casa di Elisabetta compone la canzone che è la più bella di tutta la Bibbia, e canta la sua esultanza perchè Dio ha guardato alla sua piccolezza e alla sua povertà. Quello che le è stato chiesto e affidato è infinitamente più grande di Lei. E su questo non riesce ad abbandonarsi alla gioia. A Nazaret si è spaventata da subito, quando quella persona bella come un Angelo le entrata in casa e l’ha salutata in modo troppo impegnativo. E l’incontro era terminato con il suo assenso umilissimo, per dire che la serva avrebbe accolto tutto quello che il suo Signore le avesse mandato. Questa esperienza d’essere lo scrigno di un tesoro incommensurabile non l’avrebbe più abbandonata. Anche quando intorno a Lei tutto sembrava procedere normalmente, il suo cuore era sempre occupato a pensare e a ripensare alla sua vita diventata tanto misteriosa, e in particolare a quella spada che un vecchio le aveva preannunciato mentre a Gerusalemme stava portando il suo bambino nel Tempio. Crescendo, il Bambino l’avrebbe sempre più coinvolta, da quando s’era perso in una conversazione di alta teologia con un gruppo di studiosi e maestri, a quando era stato così strano, insieme severo e remissivo, per la vicenda di quell’acqua diventata vino da nozze. La grande tradizione ikonografica orientale, che insegna a dipingere secondo severe regole spirituali, non fa mai ridere i suoi personaggi. Ricordo che ne chiesi la ragione ad un anziano maestro russo, che tranquillamente mi rispose che un ridere che mostra i denti come la reclame di un dentifricio renderebbe i volti come musi di lupi rapaci. Sorridere, magari sì. Ridere, no. E Lei, la Madre, speciale anche in questo: con un sorriso che sia anche riflessione, e anche un po’ tristezza. Difficile da rendere, perchè vuole e deve essere l’immenso mondo che la piccola Donna di Nazaret si porta dentro. Al sommo di tutto c’è l’immagine del Natale. Chiedo sempre al vecchio russo:"Perchè non stanno vicini Lei, Giuseppe e il Bambino, come nel nostro Presepe occidentale?", "Perchè in quel modo vorrebbe dire che Gesù è il figlio biologico di Maria e di Giuseppe". E quindi Lei è sola, distesa e vestita come una regina. Giuseppe è in un angolo a subire l’insidia tentatrice di un diavolo che gli ricorda quella notte di dubbi che solo un Angelo ha saputo dissipare. E il Bambino sta dietro di Lei, ed è messo stranamente. E’ tutto fasciato, come si è usato fino ai miei tempi per ogni neonato. Ma quelle fasce troppo bianche sembranno accennare alle bende funebri di Lazzaro. E il lettino è proprio un piccolo sepolcro,dentro ad una grottina nera: Natale che guarda a Pasqua, un corpo di Bimbo che guarda alla Croce….Torno a Lei, cara amica. Provi a vedere se il mio balbettare le accende la stessa luce che a me è parso di cogliere nelle sue poche parole, e soprattutto nel suo parlare di mistero: da Gesù in poi, ogni esistenza è avvolta nel grande mantello del mistero del Figlio di Dio. Ogni nascita ne celebra la nascita. La gioia è nascosta nella sua misterioa tristezza. Con affetto. d.Giovanni.