Le nostre sorelle Lucia e Maria Elsabetta stanno partendo per raggiungere la nostra casa nella missione di Mapanda (Tanzania). Per l’occasione Lucia ci lascia un’icona, frutto della sua dedizione e della sua preghiera, dipinta in seguito agli eventi sismici che hanno colpito le nostre zone.

L’icona si rifà ad una tradizione iconografica presente in particolare nelle terre del nostro meridione: la cosiddetta Madonna del Terremoto. Un grazie a Lucia ed un augurio per il suo prossimo lavoro in Africa.

 

 

Riportiamo qui di seguito la spiegazione di Lucia:

 

Vergine Odighitria
Madre di Dio rifugio nel terremoto

Il disegno di questa icona l’ho realizzato nei giorni del laboratorio iconografico a Sovere, è stato prezioso pertanto anche il contributo di idee che è venuto da diverse persone in quel periodo.

L’idea di dipingere questa icona mi è venuta un pò per caso. Mentre mi documentavo in internet sui fatti sismici che ci hanno colpito, più volte ho visto comparire il titolo :”Madonna del terremoto” con l’immagine che ne seguiva. Così mi sono lasciata prendere e ho costato come in seguito ai terremoti che nella storia hanno colpito il nostro paese è stata dipinta un’immagine sacra dedicata. C’è un quadro occidentale molto bello per la città di Bologna; la Madre ha in braccio il bambino ed entrambi hanno lo sguardo sulla città devastata. Ce n’è un’altro altrettanto bello nella città di Mantova; ma ancora una volta ho preferito copiare un modello dell’iconografia orientale: la Vergine Odighitria (colei che indica la via). È stata Lei infatti che in quei giorni di angustia, paura, avvilimento e preoccupazione ci ha indicato la Via, con la sua mano materna ci mostrava il Figlio Bambino fatto carne per venire ad assumere le nostre infermità e piangere con noi. In quei giorni in cui smarriti non riuscivamo a dare un senso alle cose, la preghiera è diventata per noi rifugio  forza e via.

L’autore dell’icona bizantina originale sembra essere italo-greco,realizzata durante il dominio della Magna Grecia nel sud italiano. Dal 1857 l’icona è stata trasportata nella città di Potenza dopo che un terremoto avvenuto nello stesso anno ha devastato la Basilicata e da allora è venerata col titolo di Madre di Dio del terremoto.

Ha sul capo una corona, ho voluto incidere le 12 stelle come è descritto il diadema della donna di Apocalisse 12 che appare in visione nel cielo come un segno grandioso. Mi è sembrato un riferimento da non tralasciare poichè tale visione è preceduta da avvenimenti tra i quali il terremoto (Ap 11,19-12,1).

Durante un ritiro ho avuto modo di fare una piccola ricerca circa la parola “terremoto” nella Scrittura, ricorre diverse volte ma ciò che più mi ha colpito è che compare nei vangeli della Pasqua del Signore; sia nella passione che nella resurrezione. In Matteo si può notare come i due momenti culmini della passione e della resurrezione siano seguiti dal terremoto.  Al capitolo 27, 50 si legge: “Gesù gridò a gran voce ed emise lo spirito. Il velo del tempio si squarciò in due , la terra tremò …” .Al capitolo 28, 1 si legge: “le donne andarono a visitare il sepolcro  ed ecco vi fu un gran terremoto. Il terremoto è quindi segno sia della passione che della resurrezione, è un elemento che accomuna la Pasqua di Gesù. Mi pare quindi parte della vita cristiana sia nel suo significato letterale sia con un significato più interiore o spirituale.

Nella parte inferiore dell’icona ho dipinto la nostra chiesa di Sammartini come segno di tutte le chiese che l’evento sismico ha colpito duramente, è impressionante che siano state colpite anche le chiesette piccole e basse oltre le cappellette dei crocicchi delle strade. Il segno esteriore della nostra appartenenza  cristiana è stato devastato, questo ci ha fatto riflettere fin da subito nella direzione di un rinnovamento e di una chiesa fatta non di muri ma da un popolo bisognoso  orante e desideroso di ascolto del Vangelo. La Chiesa qui nell’icona è rappresentata dalla Vergine Madre che per nessun motivo od evento cadrà come è ben scritto nell’inno akkatistos:  “Ave o della chiesa incrollabile muro!”

Alla destra e alla sinistra della Madre di Dio ci sono san Pietro e sant’Abramo che insieme sorreggono il grande mantello verde di Abramo, è nel suo grembo infatti che sono accolte le 26 anime  di coloro che sono morti nel terremoto della nostra regione. Sono vestiti di bianco come sono descritti in Apocalisse al capo 7 gli eletti che stanno dinanzi al trono dell’Agnello, si scorge ancora qualcuno che sta asciugando le ultime lacrime. L’immagine degli eletti accolti nel seno di Abramo ci viene dall’iconografia rumena. Mi è parso molto prezioso inserire Abramo padre dei credenti sia perché tra i morti del terremoto ci sono stati diversi figli dell’islam, sia perché il giorno della seconda scossa nel nostro cammino nella lettera agli ebrei siamo entrati nel grande capitolo della fede di Abramo e si leggeva in quel giorno come egli dimorava nelle tende aspettando la città dalle salde fondamenta il cui architetto e costruttore è Dio stesso.

Nella parte inferiore dell’icona oltre la chiesa ci sono le tende in cui abbiamo dimorato per diverso tempo a significare che siamo pellegrini sulla terra e il terremoto ci ha dato una consapevolezza maggiore. Sono state il segno anche del nostro incoraggiarci a vicenda, poiché in diversi punti eravamo riuniti in piccole tendopoli ci facevamo compagnia e abbiamo sperimentato la bellezza e la gioia dello stare insieme come dice il salmo 132. A conferma di questo ne ho dipinte 3 come le persone della Trinità che simboleggiano la pienezza della comunione. Due sono più vicine e una è leggermente scostata, ho voluto sottolineare ciò che ho colto in quei giorni parlando con le persone che dallo stare insieme hanno avvertito e valorizzato maggiormente la propria identità famigliare come è descritta nel salmo 127: “la tua sposa come vite feconda nell’intimità della tua casa; i tuoi figli come virgulti d’ulivo intorno alla tua mensa.

Le tende sono 3 come quelle che Pietro avrebbe volto costruire sul monte della trasfigurazione in quel bel luogo appartato per stare soli con Gesù lontano dal mondo e dalle preoccupazioni. Il Signore  ci insegna che la trasfigurazione della nostra vita avviene piantando le tende nelle ferite della nostra storia .

Dietro alle tende all’orizzonte si intravede la cooperativa che ci ha accolti per la preghiera e per ogni necessità, quasi a significare  che da questa vicenda in lontananza si scorge una via nuova per la chiesa e per noi cristiani.

Ci sono poi le nostre case piene di crepe sono le nostre ferite, le nostre fatiche che vogliamo presentare a Dio con l’intercessione indispensabile della Madre sua e Madre nostra.  Ho desiderato mettere la casa dei miei genitori (quella gialla in primo piano) e di altre persone che hanno perso la loro proprietà come la Luisa la cui casa è riconoscibile dal glicine, quella dei Begatti (color marrone e le ante delle finestre brune) poi altre case più anonime per ricordare più ampiamente tutti coloro che in Emila hanno maggiormente sofferto per la perdita della casa.

Infine c’è il lembo del mantello della Madre che avvolge tutto. È un riferimento al passo della nostra regola che ci dice che quando preghiamo la Mamma del cielo – lei – con il suo abbraccio crea la comunione fra noi suoi figli  feriti e fragili e i nostri morti che già ci hanno preceduto in paradiso.