…e la vita è stata molto severa cone me. La vita, o Dio stesso? Questo non posso dirlo con certezza, perchè in questo dramma ho perso anche la fede. Ma l’ho veramente perduta? Mi accorgo che la fede è diventata per me non la non fede, ma la nostalgia di una vicenda passata…

Caro amico, la ringrazio per la sua bellissima lettera di cui riporto solo alcune parole che mi sembrano essere anche il motivo che l’ha spinta a scrivermi. Le rispondo in un giorno in cui la preghiera mi ha portato su una barca insieme ai discepoli di Gesù.

E’ notte, c’è molto vento e il mare è burrascoso. Lui non c’è. Ma poi lo vediamo venire verso di noi. Cammina sull’acqua e questo ci riempie di timore. Vogliamo però che Egli salga sulla barca. E come Lui sale, ogni distanza e ogni difficoltà si sciolgono. E siamo già arrivati. E’ un piccolo meraviglioso testo che descrive proprio la vita del credente.

Solo il credente sa che cosa sia l’assenza di Dio. Solo lui vive questa continua alternanza di paura e desiderio, di lontananza e di esperienza della fine….Sentivo ieri una persona importante nel mondo letterario italiano che introduceva una distinzione tra due termini: l’ateo e il non credente. E diceva come l’ateo si collochi in una situazione molto ferma e molto affermata. E quindi anche molto chiusa.

Mi ricorda quello che un filosofo italiano che si dice non credente pensa dell’ateismo: un atto che vuole e pretende di essere profondissimo. Praticamente, dice lui, "un atto di fede"! Il non credente, è diverso. Innanzi tutto quel "participio presente" che condivide con il credente e che esprime una situazione sempre aperta, non definitiva, non posseduta, e quindi non chiusa. E, diceva il letterato di ieri, quel "non" del non credente è l’impossibilità-incapacità di arrivare ad un "tu" che consenta una relazione diretta, personale e amante con l’io di Dio.

Ecco, caro amico, mi piace pensare che lei si trovi in questa situazione! Uno spazio dove credente e non credente si incontrano e possono anche capire molte cose l’uno dell’altro. Il credente, che sa bene quanto sia esposto alla sua personale fragilità il dono meraviglioso della fede. E il non credente che lei sperimenta, come una nostalgia profonda di qualcosa che non si possiede. Ma infatti la fede non si può possedere. Resta, sino alla fine, dono! Mistero di un dono di risurrezione dall’incredulità che ci assedia e tante volte ci occupa. Un caro abbraccio. d.Giovanni