Torno su un tema che molte volte è già affiorato anche nei suoi interventi. Come ateo e professionista dell’informazione, le chiedo: non la stupisce e la spaventa il clima di decadenza che anche un profano oggi coglie nella chiesa? Il legame che avevo con la chiesa da ragazzo, dovuto alla formazione ricevuta, e specialmente all’affetto e all’esempio di una mia nonna, rimane in me come attenzione istintiva e anche non priva di nostalgia. Il tutto mischiato con molta rabbia, e con la conferma di aver fatto bene a lasciarmi dietro le spalle tutto un mondo che si rivela inautentico…..

Riporto solo la frase centrale di un lungo “sfogo” che questa mattina ha aperto la mia corrispondenza, e che rivela una persona piena di amarezza, ma senz’altro molto ricca di passione di verità, e di inquietudine visitata malgrado tutto anche dall’amore. L’anonimato del messaggio mi spinge fino alla temerarietà di dire che penso questo interlocutore come persona amata e ricercata da Dio. E a lei, caro amico sconosciuto, dico che certamente, come le persone di ogni generazione cristiana, anch’io patisco i tanti mali che amareggiano la vita della comunità cristiana.

Lei ha visto quanto anche il Papa soffra per le ferite gravi e dolorose della comunità ecclesiale del nostro tempo. Subito però sento il desiderio di una precisazione essenziale che mi viene come regalo quotidiano dalla mia preghiera, sempre poca e sempre molto superficiale, sulla Parola di Dio, e in particolare sui Vangeli e sul Libro dei Salmi. Questa preghiera mi costringe a prendere atto che i mali che affliggono la comunità credente sono prima di tutto i miei mali. I miei peccati. Se infatti la rivelazione ebraica e cristiana abbraccia sempre l’intera umanità e la stessa creazione, il riferimento primo e privilegiato è alla mia persona, alla realtà della mia vita e alla mia coscienza.

Per cui non c’è un “peccato” della Chiesa che non sia prima di tutto la conseguenza e il frutto amaro del mio peccato. Quando inizio la celebrazione quotidiana della Messa non posso far altro che premettere la confessione dei miei peccati e la richiesta ai presenti di pregare per me. Noi non siamo una comunità di giusti, ma di peccatori visitati dalla misericordia di Dio. Non siamo dei giusti, ma dei “giustificati”. Ed è proprio la misericordia di Dio a mostrarci come il cuore di nostro Padre, che è il Padre dell’intera umanità, sia capace di trasformare le nostre stesse infedeltà in vie di purificazione e di rinnovamento.

Certo che quando tutto questo diventa pasto e spettacolo della comunicazione di cui lei mi dice essere professionista, l’umiliazione è bruciante. Non trovo reazione più sapiente di un silenzio addolorato e assorto. Anche quando l’accusa pubblica diventa spettacolare ed eccessiva. Le ho scritto parole poche e forse anche gravi. L’ho fatto perchè le sue parole mi fanno pensare a lei con stima e con fraterno affetto. Buona Domenica. d.Giovanni.