GERUSALEMME – Michel Sabbah, il patriarca emerito latino di Gerusalemme, ha tradotto in arabo la biografia di don Giuseppe Dossetti pubblicata nel 2012 da don Fabrizio Mandreoli. La notizia è importante perché rende disponibile a vastissimo pubblico, cristiano e non, del Medio Oriente la storia e il pensiero del nostro amato don Giuseppe. Il patriarca Michel è stato aiutato nella stesura della traduzione da padre Raed Abusahlie, parroco a Reneh (in Galilea). Le foto che vedete in questo post sono di p.Raed.

Qui di seguito pubblichiamo la traduzione in italiano dell’introduzione al libro e un estratto dell’intervista pubblicata nel sito Terrasanta.net.

Prefazione alla traduzione araba

Questa è la biografia di un uomo integro che è stato capace di unificare la sua vita davanti a Dio e davanti agli uomini, nonostante essa includesse ambiti diversi e contraddittori ma nello stesso tempo complementari. Egli è un uomo di resistenza, un uomo politico, costruttore di uno Stato e, insieme, un uomo religioso e un asceta. Tutti questi aspetti si sono incarnati e armonizzati in un’unica personalità. Non è passato da una fase ad un’altra, non ci sono stati cioè ripensamenti e pentimenti che lo hanno indotto a passare da uno stato ad un altro, ma, in tutte le fasi della sua vita e in tutti gli ambiti della sua azione, è stato una persona unificata: uomo della resistenza, costruttore di Stato, asceta, ricercatore di Dio e del bene dell’uomo; fino a quando ha prevalso in lui il desiderio di essere totalmente monaco, nell’ultima fase della sua vita, per realizzare se stesso in una presenza ininterrotta davanti a Dio. Ma, una volta giunto a fare della sua vita una presenza continua davanti a Dio, non si è separato dagli uomini e dalle loro preoccupazioni, né dal mondo e dai suoi grandi problemi, né dai conflitti tra i popoli, ma è rimasto vicino alla gente, una voce elevata per il bene degli uomini; la sua preghiera era una preghiera di intercessione e la sua parola era la parola di un profeta.

Questo è l’uomo retto del quale abbiamo tradotto la biografia dall’italiano all’arabo, per offrire un modello di vita spirituale; un monaco e un asceta che, essendo asceta nel suo spirito, si unì alle file della Resistenza, poi, nel dopoguerra, a quelle dei costruttori dell’Europa moderna. Il suo nome è Don Giuseppe Dossetti (1913 – 1996).

Egli nacque e crebbe in una città del nord Italia e in una famiglia credente e impegnata nella vita politica e nella vita pubblica del Paese dove era già iniziato il conflitto tra la fede e gli ideali del Socialismo. Attinse la fede dalla sua famiglia e nello stesso tempo si interessò alla classe operaia e agli esclusi tra i lavoratori del suo Paese, rimanendo fedele a entrambe le istanze. Nonostante gli sviluppi ideologici, le loro contraddizioni e le loro lotte, rimase un politico credente in Dio e nell’uomo.

Visse gli orrori della seconda guerra mondiale (1939 -1945) come tutta la gente del suo Paese, partecipò alla guerra nelle file della Resistenza, resistenza ai nuovi sistemi di totalitarismo pagano, vigenti allora in Europa: il fascismo italiano e il nazismo tedesco. Alla guerra seguì la nascita di una nuova Europa alla cui costruzione egli partecipò insieme agli uomini di Stato. Fu uomo politico insieme ai più grandi uomini politici italiani. Fu un membro attivo dell’Assemblea Costituente che scrisse la nuova Costituzione italiana. All’interno del partito della Democrazia Cristiana, nel quale esercitò la sua azione politica, si oppose ad alcuni conservatori o reazionari. Si oppose anche ad alcuni uomini di Chiesa, poiché egli contestava la visione di Chiesa di alcuni, ritenuta da lui sorpassata e bisognosa quindi di rinnovamento. Pose tra le basi della Costituzione italiana la dignità dell’individuo e delle comunità, e la necessità che la Costituzione fosse a servizio del bene dell’individuo e della comunità.

Tra i suoi colleghi nella formazione dell’Italia ci furono uomini politici quali De Gasperi, Fanfani e Aldo Moro ed altri che hanno poi proseguito la loro strada nel mondo della politica, mentre Dossetti se ne allontanò, una volta espletato il suo servizio, per realizzare se stesso in Dio, suo Creatore: nella meditazione della sua Parola, contenuta nella Bibbia, e nella celebrazione della santa mensa, la mensa eucaristica. Nel suo cammino spirituale giunse ad essere ordinato sacerdote e fondatore di un ordine monastico insieme a uomini e donne, studiosi di politica e di teologia, che erano stati con lui fin dall’inizio, nel periodo della Resistenza e dell’impegno politico e che infine si erano trovati a percorrere lo stesso cammino spirituale fino a formare una Famiglia che prega e medita la Parola di Dio e trova il suo nutrimento e l’energia spirituale nella sacra mensa dell’eucarestia. Essi sono poi divenuti una congregazione religiosa, che porta il nome di “Piccola Famiglia dell’Annunziata”.

Quando, nel 1963, fu convocato il Concilio Vaticano II, Dossetti venne chiamato a partecipare in qualità di perito e diede ad esso importanti contributi teologici.

In tutte le fasi della sua vita egli ha perseverato nella ricerca della perfezione, attraverso la sua unione con Dio, con la sua Parola e con il mistero della sacra mensa eucaristica e ha realizzato la propria perfezione personale nel sacrificio di se stesso a favore della collettività.

Poi si trasferì in Oriente, animato dal desiderio di conoscere e di vivere la vita di tutto l’Oriente, l’Estremo e il Medio. Egli vide nell’Oriente, con le sue civiltà, le sue religioni e le sue nobili tradizioni, un sostegno fondamentale per l’Occidente, pur rimanendo egli radicato nel Vangelo di Gesù Cristo, che ha le sue radici nel Medio Oriente. Viaggiò in India e in Cina e mandò alcuni fratelli e sorelle della sua nascente congregazione religiosa a studiare ulteriormente in Cina e in India: hanno imparato le lingue, hanno letto i libri sanscriti e hanno vissuto in mezzo alla gente “non per dare a loro con senso di superiorità, ma per ricevere dalla loro civiltà con l’umiltà del povero, non con la superbia dell’occidentale che pretende di avere il dominio sul mondo”.

Il suo viaggio in Oriente non è stato semplicemente un trasferimento da un luogo all’altro, ma un’uscita da se stesso e dal suo ambiente europeo e anche da una visione cristiana ristretta al solo Occidente, per una visione universale più ampia.

Infine si stabilì in Medio Oriente, in Giordania e in Palestina, risiedendo prima a Gerico e a Gerusalemme, poi a Ma’in in Giordania e ad Ain Arik, in Palestina, in seno al Patriarcato latino. “La Piccola Famiglia dell’Annunziata” è presente ancora oggi a Ma’in e ad Ain Arik: lì essa cerca di trovare la grazia di Dio vivendo con umiltà e sobrietà, rimanendo “la piccola famiglia”, e portando la luce di Gesù Cristo ovunque essa si trovi.

Padre Dossetti, con la sua statura umana di resistente, di politico e di asceta, è diventato parte dell’eredità della Giordania e della Palestina. É diventato espressione di un pensiero, di una preghiera e di un esempio in tempi difficili che hanno bisogno di costruire libertà e pace, che hanno bisogno anche di resistenza, e insieme di riflessione, di preghiera e di ascetismo.

Quindi noi non lo vediamo solo come un modello meraviglioso, ma come un esempio da seguire: e quanto abbiamo bisogno di esempi simili nel nostro mondo, nel nostro Paese e nella nostra Chiesa!

Patriarca Michel Sabbah

L’intervista tratta dal sito Terrasanta.net

«Quando ero patriarca, ero al 50 per cento amministratore e al 50 per cento evangelizzatore – ha dichiarato a Terrasanta.net mons. Sabbah, 85 anni -. Oggi sono apostolo al 100 per cento perché sono libero da ogni incarico amministrativo». La volontà di impegnarsi in questo progetto, ha raccontato il patriarca emerito, è nata dal desiderio della comunità dossettiana di Ein Arik di tradurre in arabo la biografia scritta da Mandreoli e dal suo personale interesse a «far conoscere una personalità politica sincera e disinteressata come don Giuseppe Dossetti».

Il patriarca Sabbah incontrò più volte Dossetti. «La prima volta eravamo negli anni Ottanta e io ero parroco ad Amman – ricorda -. Avevo già sentito parlare di lui e ci siamo incontrati a Ma’ïn, vicino a Madaba in Giordania».

La prima comunità, fondata in Terra Santa da Dossetti, si era stabilita, infatti, prima a Gerico e poi si era trasferita a Ma’ïn, su invito del patriarca Giacomo Giuseppe Beltritti (predecessore di Sabbah dal 1970 al 1987). La Piccola Famiglia dell’Annunziata aveva trasformato quel piccolo villaggio abbandonato in un centro spirituale per cristiani e musulmani. Da Ma’ïn Sabbah chiese loro di fondare un’altra comunità a Ein Arik, vicino a Ramallah (Palestina), dove fecero lo stesso, ridando anima a tutta la comunità cristiana locale.

Il patriarca emerito ha sempre apprezzato la Piccola Famiglia dell’Annunziata: «In loro ho visto una comunità che pregava e una comunità che si inseriva sinceramente e totalmente nel luogo in cui era».

Per quanto riguarda lo stesso Dossetti, invece, il patriarca Sabbah era colpito dalla «sua preghiera e dalla sua visione della situazione politica». Fin da subito uomo di fede, iniziò con la Resistenza con i partigiani e dopo la guerra fece parte della Costituente. Fu attivo nella Dc a contatto con Alcide De Gasperi, Amintore Fanfani, Aldo Moro, Giorgio La Pira, Giuseppe Lazzati. Dopo la politica si consacrò alla vita monastica. «Da partigiano non ha portato armi, non si è sporcato le mani di sangue – spiega Sabbah – Ha piuttosto salvato tanti da condanne e uccisioni arbitrarie. Era un uomo integro e credibile». Questo suo sentirsi sempre, anche da monaco, «responsabile della storia», è ciò che spinse Dossetti a scrivere contro l’invasione americana del Vietnam negli anni Sessanta del secolo scorso, a temere le conseguenze negative possibili della visita del presidente americano Richard Nixon a papa Paolo VI (visita che si svolse nel 1969 e che il monaco vedeva come «un’ipocrisia») e a schierarsi contro la guerra dell’Iraq del 1991 («Questa guerra è cominciata per non finire mai», disse).

La visione di Dossetti sull’Occidente, l’Oriente e la Chiesa è un altro aspetto che il patriarca emerito apprezza particolarmente: «Sapeva che la Chiesa è “d’Occidente” e sembra guardare sempre più verso l’Occidente, senza volersi aprire. Quando è venuto in Medio Oriente, invece, si è reso conto d’una realtà differente – ha affermato Sabbah -. Sosteneva che quando si va in Oriente, bisogna andare come chi va a scuola a imparare l’alfabeto: non si può capire tutto dalla prima settimana».

Dossetti fu dunque, per mons. Sabbah, una personalità straordinaria, da cui prendere esempio. «Abbiamo tradotto la sua biografia per offrire un modello agli uomini della politica di qui, che siano cristiani o musulmani», osserva il presule. Ciò che, infatti, rovina i politici di tutto il mondo e anche quelli palestinesi è, secondo il patriarca emerito, l’attaccamento al denaro e la corruzione. «Abbiamo bisogno di politici che siano come monaci, cioè distaccati dal mondo – ha affermato Sabbah -. Abbiamo bisogno di gente come Giuseppe Dossetti che agisce spinta dall’amore per ogni persona umana e dall’amore di Dio, Creatore di tutti. Dossetti è sempre rimasto nella storia. Un uomo tutto di Dio e tutto della terra».

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