papafrancescoPubblichiamo questo articolo di Giovanni, scritto per l’Unità, proprio mentre aspettavamo il nome del nuovo Papa Francesco.

Il grande gesto di Papa Benedetto non è stato solo la scelta nobile, libera e audace dell’umiltà di una rinuncia e del ritiro in una vita di preghiera. È anche una grande domanda davanti ad una grande crisi, che diventa ogni giorno più evidente. È in certo senso una grande provocazione.

Davanti a questo situazione di prova c’è una strada maestra, una «porta stretta» che già cinquant’anni fa il Vescovo della Chiesa di Bologna proponeva alla grande Assise del Concilio Vaticano Secondo: l’annuncio del Vangelo ai poveri. E poveri sono le grandi moltitudini delle terre del Terzo e del Quarto mondo, ma sono anche le grandi povertà morali, culturali e spirituali del nostro mondo. E questo è evidente oggi, come lo era nel mondo e nel tempo ai quali Gesù di Nazaret portava la sua Buona Notizia di salvezza e di vita nuova.

Perché questo finalmente avvenga nel nostro tempo, è necessario che la Chiesa stessa cerchi e attui in se stessa le grandi scelte della povertà. Perché la lieta notizia ai poveri la può portare solo questo Signore che si è fatto povero per noi fino alla Croce. E dunque la Chiesa, e chi la guida in tutti i suoi ambiti fino alle supreme responsabilità, deve poter trovare le vie di questa povertà. Solo una «Chiesa povera» può essere annunciatrice di speranza e di salvezza per tutte le povertà della vicenda umana.

I poveri e i peccatori stanno bene con Gesù proprio perché, per incontrarli e salvarli, Lui stesso è sceso nella loro povertà. Proprio perché, come Egli stesso più volte ripete, non è venuto per condannare ma per perdonare e per salvare. Mentre la Legge, anche la più santa, inevitabilmente si blocca sul confine tra l’assoluzione e la condanna, il Vangelo di Gesù è capace di accostarsi ad ogni condizione per proporre una notizia buona: non condanna e prende per mano anche gli ultimi.

Quando Gesù sale sulla barca di Pietro e la riempie di una pesca miracolosa, Pietro stesso gli chiede di allontanarsi perché quella è la barca di un peccatore. Ma Gesù, che con la potenza della sua misericordia, imbarcandosi con lui lo ha «pescato», fa di lui il primo grande «pescatore di uomini». E lo può fare perché è sceso fino alla sua povertà. In una parabola che in tutte le assemblee della Chiesa Cattolica è stata proclama proprio alla vigilia del Conclave, la Casa del Padre viene presentata come quella che accoglie l’affamato peccatore e gli fa festa.

In questa Casa della misericordiosa festa di Dio per i suoi poveri figli deve avere il coraggio e la forza di entrare anche il «fratello maggiore» che comprensibilmente resta sgomento davanti alla misura sconvolgente della misericordia paterna. Davanti alla sua «ingiusta giustizia». Oggi abbiamo bisogno di un «Fratello Maggiore» che entri in questa casa per unirsi alla misericordia del Padre e ne celebri la bellezza e la potenza. La Chiesa non è un’assemblea di giusti, ma una Mensa di peccatori perdonati.

Domenica prossima in tutte le Messe della Chiesa Cattolica si ascolterà il Vangelo nel quale si racconta di una donna che secondo la Legge deve essere lapidata perché sorpresa in flagrante adulterio. Gesù la salva chiedendo a chi ha già il sasso in mano che per primo getti la sua pietra chi è senza peccato. E allora tutti se ne vanno, a cominciare dai più vecchi. Lui solo, che è senza peccato, resta con la donna, e le chiede: «Donna, nessuno ti ha condannata?». E lei gli risponde: «Nessuno, Signore». Allora Gesù le dice: «Neanch’io ti condanno. Va’, e non peccare più». Domenica prossima, in Piazza S. Pietro, ci sarà una grande attesa di questa potenza di perdono.

Giovanni Nicolini – l’Unità” del 14 marzo 2013