35 Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli 36 e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». 37 E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 38 Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?». 39 Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
40 Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41 Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – 42 e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.
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(Prima parte)
Il testo di oggi, più breve di quello precedente, ci consente di sostare un poco ancora sulla persona di Giovanni e sulle sue parole. Mi sembra che il significato globale di queste parole sia il passaggio delicato e prezioso dalla Prima alla Seconda Alleanza. Due discepoli dell’antica economia, discepoli, attraverso Giovanni, della profezia di Israele, “passano” da lui al Signore Gesù. Ogni parola dei vers.35-36 è tesa a illuminare la fedeltà di Giovanni, e quindi, in lui, il divino valore di Israele che ora giunge alla sua pienezza nel riconoscimento e nell’annuncio del Messia.E’ un passaggio perfetto! Notate la preziosità dei verbi riferiti a Giovanni, ed estendiamoli appunto al mistero di Israele e alla sua missione nei confronti del Cristo del Signore. Giovanni “stava ancora là”, o più semplicemente “stava”: questo dice la perfetta fedeltà dell’Israele di Dio, la sua gelosa custodia della legge e dei profeti, la speranza e l’umile attesa del Figlio di Dio. I due discepoli che sono con lui rappresentano quindi quell’Israele che attraverso le Scritture riconosce in Gesù il Messia e quindi si fa suo discepolo.
Giovanni fissa lo sguardo su Gesù che passa, è tutto intento a cogliere il compiersi del mistero di Dio nella storia e lo rivela: “Ecco l’Agnello di Dio”! Chiaramente, le sue parole , densissime, qualificano a priori il segreto messianico di Gesù. Il Messia è la pienezza e il compimento della figura dell’Agnello di Dio, e per coglierne tutto lo spessore è bene per noi fare riferimento a due passaggi capitali delle Scritture: la Pasqua celebrata per la prima volta in Egitto, ricordata e descritta in Esodo 12; e la figura del Servo sacrificato come vittima innocente, fonte di salvezza, in Isaia 53. E’ dunque Israele, attraverso Giovanni, a qualificare e precisare in termini assoluti la figura, la sorte e la missione del Messia. Vittima innocente per la salvezza universale. Per cogliere in pienezza queste parole, riprendiamo quelle che ieri abbiamo ascoltato al ver.29: “Ecco l’Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo”. Qui mi sembra che il significato proprio di questo “togliere” sia il “prendere su di Sè” il peccato del mondo. Non è un togliere come spazzar via, ma è il mistero dell’Innocente che si carica volontariamente del nostro male. E si carica “del peccato”: mi sembra di dover pensare al peccato delle origini, alla disobbedienza dei progenitori, al grande “divorzio” tra Dio e l’umanità. In quel “peccato” ci sono tutti i peccati.
(Seconda parte segue)
L’Agnello è venuto a cercare la creatura amata e perduta. Le nozze sono figura fondamentale dell’opera divina della salvezza. Il mondo: nella vicenda di Israele la profezia della storia universale. Il mondo è proprio tutto quello che deve essere salvato: tutta la creazione e tutta la storia. Questo mondo che è prigioniero del male e della morte e che Dio ama sino al sacrificio del Figlio.
I due discepoli, alla lettera, “ascoltano Giovanni che parla e seguono Gesù”! Questa è la gloria e il compimento di Israele. Gesù si volta verso di loro: si potrebbe dire che questa è la necessaria “conversione ” di Dio, che finalmente, in pieno adempimento delle profezie, si volge verso l’umanità per salvarla. E’ interessante anche la sua domanda ai due: “Che cosa cercate?”. Per vederne la bellezza, ma anche il superamento, possiamo pensare all’episodio narrato dagli altri Vangeli di quell’uomo ricco che chiede al Signore “che cosa deve fare” per avere la vita eterna. E notate quindi la bellezza del passaggio dal “che cosa” su cui Gesù li interpella, e la loro contro-domanda: “Rabbì – perchè per loro e per ora Lui è ancora un “maestro” come lo era Giovanni – dove dimori?”(ver.38). Dunque i due non cercano più “qualcosa”, ma “Lui”! E addirittura il suo “dimorare” che è certamente ben di più che un indirizzo, ma è il mistero profondo della sua origine e della sua comunione! Credo sia lecito – e forse giusto – pensare che in quel giorno Lui li abbia condotti nel Mistero del Padre, nel cui seno, secondo Gv.1,18, Egli è. E loro, quel giorno, “dimorano con Lui”(ver.39).
Ma da questo primo evento, come da fonte, scaturisce un nuova febbrile storia, tutta guidata dal fatto che , essendo stati trovati, hanno “trovato”: “Abbiamo trovato il Messia” (ver.41). E’ la festa di un grande “trovarsi”. Andrea trova Simone e gli dice “abbiamo trovato”. Simone è un “trovato” anche lui, e quindi viene condotto da Gesù. Gesù lo riconosce come suo, al punto di dargli un nome nuovo, espressivo di un segreto della sua vita, non ancora svelato.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Sento un irresistibile desiderio di mettermi nei panni di quei due discepoli di Giovanni, per vedere, ascoltare, sentire, palpare l’emozione, la gioia, la speranza, di quel primo incontro con Gesù!
Provo ad immaginarmi il tono con cui Gesù dice ad Andrea e al suo compagno “cosa cercate?” e soprattutto “venite e vedrete”.
Non credo sia stato severo o burbero, piuttosto accogliente, allegro, incoraggiante, forse incuriosito (si volta per parlare con loro!) da questi due che lo seguono attenti, attratti, intrigati.
“Venite e vedrete” suona più semplice e leggero del “venite dietro a me e vi farò pescatori di uomini” dei paralleli di Mt e Mc. Il secondo verbo è al futuro forse per allargare la prospettiva oltre quel primo incontro.
Loro lo seguono e restano con lui quella serata. Il fatto che Andrea trovi suo fratello Pietro e lo porti subito da Gesù significa senz’altro che è stato un incontro speciale!
“Ecco l’agnello di Dio…”: già spiegato bene da don Giovanni; ma voglio aggiungere una considerazione che ho sentito da un biblista. Non ci sarebbe un riferimento alla espiazione; i riti di Israele non prevedevano un agnello espiatorio. Il riferimento è, invece, all’agnello pasquale, il cui sangue sugli stipiti aveva garantito la salvezza dei primogeniti di Israele, e la cui carne era stata il nutrimento per il grande viaggio della liberazione. – Il pesiero di Andrea mi spinge a collegare quel verbo “vedrete” alle parole che Gesù dirà più avanti in questo Vangelo: Chi “vede” il Figlio dell’uomo, ha la vita eterna…