32 E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». 33 Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.
34 Allora la folla gli rispose: «Noi abbiamo appreso dalla Legge che il Cristo rimane in eterno; come puoi dire che il Figlio dell’uomo deve essere innalzato? Chi è questo Figlio dell’uomo?». 35 Allora Gesù disse loro: «Ancora per poco tempo la luce è tra voi. Camminate mentre avete la luce, perché le tenebre non vi sorprendano; chi cammina nelle tenebre non sa dove va. 36 Mentre avete la luce, credete nella luce, per diventare figli della luce». Gesù disse queste cose, poi se ne andò e si nascose loro.
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Abbiamo già trovato questo verbo dell’ “innalzamento” in Gv.3,14 e in Gv.8,28. Qui il gioco della parola arriva alla sua pienezza, e l’innalzamento sulla croce, cioè la suprema umiliazione del Figlio di Dio, diventa principio di salvezza universale. L’itinerario di Gesù verso la morte in croce è la grande via verso il Padre che Egli apre per tutti noi, volto radicalmente nuovo della morte. Potenza della sua morte innocente che riscatta e illumina la morte di noi peccatori. La morte che è l’ultima sanzione per il peccato e apice del mistero del male, nel morire d’amore del Figlio di Dio diventa porta di salvezza donata all’intera umanità, porta della vita. E’ interessante che il ver.33 dica che il motivo delle parole del Signore è l’indicazione della sua morte sulla croce. Poteva dire che era per parlare di risurrezione. Dicendo che tale è il volto nuovo della morte, vuole sottolineare il volto nuovo che essa assume per essere la morte dell’Innocente Figlio di Dio.
Con la domanda del ver.34 la folla oppone al nome di Cristo quello di Figlio dell’uomo che Gesù ama attribuirsi. Il Cristo rimane in eterno. Ma il Figlio dell’uomo deve essere innalzato. Come si può contaminare la luminosità del Cristo con l’umiliazione della morte subita dal Figlio dell’uomo? Quindi: come si può chiamare il Cristo “Figlio dell’uomo”?
I vers.35-36 rispondono indirettamente a tale domanda. La risposta può venire solo dall’esperienza del cammino nella luce, cioè dalla comunione di fede con Lui. Si tratta non di definizioni statiche, di dottrine teologiche, ma di un’esperienza concreta di fede. E come tale si pone davanti a ciascuno nel tessuto dell’esperienza storica, nella categoria del tempo, chiamato ad essere tempo di cammino nella luce, tempo del “credere nella luce” mentre la luce è con noi. Cammino di fede per “diventare figli della luce”. Tutto si gioca dunque nel rapporto personale, profondo, con Gesù. Non è una tesi o una teoria a nostra disposizione, ma è la decisione di camminare mentre abbiamo la luce. Decisione da prendere nel concreto della nostra storia.
In questa prospettiva quel “si nascose loro” suona come giudizio nei confronti del rifiuto della fede. La fede non è dunque a nostra disposizione! E’ un dono da accogliere assumendoci la responsabilità della nostra storia.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“Chi è questo Figlio dell’uomo?”: giustamente chiedono…, ma è proprio colui che hanno davanti agli occhi. Gesù non si è mai autodefinito messia, mentre ha fatto uso di questa espressione che ancor oggi, anche a noi, pare un po’ strana e di significato incerto. E’ l’uomo secondo il disegno di Dio, l’uomo che realizza appieno la volontà d’amore del Padre; potremmo scriverlo con la u maiuscola: l’Uomo… – La prima lett. di Giovanni ci aiuta a capire i versetti sulla luce: l’autore stabilisce il parallelo tenebre-odio e luce-amore: ecco chi cammina nella luce, chi – come il Signore – vive donando la propria vita o – più modestamente per noi – chi opera perchè gli altri stiano bene e siano felici.
Il v.33 “Gesù disse queste cose per significare di quale morte doveva morire”: “quale morte” vuole indicare la sua capacità di servire per la salvezza di tutti. Non sottolinea cioè, almeno così ci sembra, lo “strumento” con cui sarà ucciso, ma l’intenzione e l’esito di quella morte: l’inizio di una comunione con Lui per tutti gli uomini, se accolgono la sua luce. Da una parte Gesù oggi mostra chiaramente la sua fede che l’azione di Dio si mostrerà chiaramente e perfettamente sulla morte, con il suo potere di vincere e di attirare TUTTI. La vittoria sarà del Padre, attraverso di lui. Sono peraltro anche parole di ammonizione, quelle di oggi, affinchè gli uomini si avvicinino alla luce finchè c’è tempo. Verrà infatti un tempo in cui la luce non ci sarà più. “Non sempre mi avrete con voi” aveva risposto a Giuda che contestava l’unzione di Maria. “Tutti” saranno attirati da Gesù, in modi e tempi forse diversi, ma la potenza di Dio non può essere vanificata. Ma è anche vero che c’è il momento presente, che è tempo di combattimento, ed è occasione per vivere bene il mistero di Cristo, di seguirlo e di stare con Lui. Oppure c’è una via che è delle tenebre, che conduce a un modo di vivere non bello. Le prime parole di Gesù non annullano l’esigenza e la responsabilità che ci pongono oggi le sue parole finali. Gesù poi ” si nascose da loro”: perchè? Vuole che gli uomini lo cerchino, se hanno bisogno di lui, e possano poi camminare nella sua luce. Ma – vedremo domani – molti “non credevano”. Ma verrà il giorno in cui crederanno Gesù unisce oggi le parole sulla luce e le tenebre a quanto ha detto sulla sua morte in obbedienza: ci ricordiamo di quanto leggevamo nel prologo: “In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini”. “Luce” è quindi da intendere come sinonimo di “vita”: la vita vera secondo il progetto di Dio per l’uomo, la “vita illuminata” dalla sua presenza e dalla fede in Lui. Allora “le tenebre non vi sorprenderanno”, in quanto gli uomini – attirati da Gesù e avendo aderito a lui per la fede – saranno partecipi della sua stesa vittoria sulle tenebre e sulla morte: “La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta/sorpresa/vinta” (è la stessa parola del v. 35). “Attirerò tutti a me!”: Gesù aveva già detto a proposito dell’azione del Padre: “Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre”; è dunque una azione comune del Padre e di Gesù questo “attirare”, che poi, nella storia di oggi continua a compiersi, anche attraverso l’opera dei discepoli di Gesù compiuta in obbedienza alla sua parola: “Gettarono la rete e non potevano più TIRARLA su per la grande quantità di pesci”; e “Simon Pietro salì sulla barca e TRASSE a terra la rete piena di 153 grossi pesci…” (Gv 21:6.11).